Tag

revisione auto Archivi - FederIspettori

Per gli utentiCovid-19Per gli operatori

Nel precedente articolo datato 27 Gennaio 2021 (link) vi avevamo messo in guardia per una bozza di normativa comunitaria che avrebbe, nel mezzo di tanti altri provvedimenti, rinviato nuovamente i termini della revisione ministeriale. Oggi non solo vi informiamo della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del regolamento, protocollato come 2021/267 (link), ma di un’ulteriore allungamento dei termini della proroga. Se nella bozza 2021/0012 COD (link) veniva protratta di 7 mesi la validità delle revisioni con regolare scadenza dal 1° Settembre 2020 al 30 Aprile 2021, nell’atto ufficiale si arriva al 30 Giugno 2021, ed il rinvio non è più di 7 mesi, bensì di 10. Si riporta di seguito il comma specifico:

“In deroga all’articolo 5, paragrafo 1, e all’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2014/45/UE e all’allegato II, punto 8, di tale direttiva, i termini relativi ai controlli tecnici che altrimenti, in base alle disposizioni ivi contenute, avrebbero dovuto essere effettuati o che dovrebbero essere effettuati nel periodo compreso tra il 1° settembre 2020 e il 30 giugno 2021 si considerano prorogati per un periodo di 10 mesi.” [Regolamento Europeo 2021/267 – Art. 5 – Comma 1]

Non è detta l’ultima parola. In deroga al principio di immediata applicabilità in tutti gli Stati membri tipico del “regolamento europeo”, viene espressamente consentito alle Autorità locali di rigettare la proroga qualora il paese non stia attraversando un periodo di emergenza incontrollabile. Tale facoltà viene prescritta al comma 5 dell’Art.5:

“Qualora uno Stato membro non abbia dovuto, o non debba presumibilmente, affrontare difficoltà che rendano impraticabili i controlli tecnici o il rilascio della relativa certificazione nel periodo compreso tra il 1o settembre 2020 e il 30 giugno 2021 a seguito delle circostanze straordinarie causate dal protrarsi della crisi COVID-19 o abbia adottato misure nazionali adeguate per attenuare tali difficoltà, tale Stato membro può decidere di non applicare i paragrafi 1 e 2. Lo Stato membro informa la Commissione in merito alla sua decisione entro il 3 marzo 2021. La Commissione ne
informa gli altri Stati membri e pubblica un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.”

Il giorno del giudizio sarà quindi il 3 Marzo 2021. Se entro tale data l’Italia non emetterà alcun atto di rinuncia si considereranno applicate anche sul territorio nazionale tutte le disposizioni contenute nel regolamento a partire dal 6 Marzo 2021. Incrociamo le dita: ne andrebbe della nostra sicurezza.

Per gli operatoriTecnica

A cinque anni dall’introduzione del protocollo MCTC Net 2 si può ufficialmente dichiarare non raggiunto l'”obbiettivo sicurezza”. I casi di cronaca parlano chiaro: certificazioni fasulle e revisioni facili, i problemi che da sempre caratterizzano questo settore, da nord a sud. Gli automobilisti alla guida di veicoli pericolosi o inquinanti riescono ancora ad ottenere con semplicità l’attestazione di “revisione regolare”. A cosa sono serviti dunque i pesanti investimenti richiesti ai centri di controllo per adeguare le attrezzatura al nuovo standard informatico? Citando brevemente parte del “Capitolato MCTC Net2” a cura dell’ex-direttore della Div. 4 Stefano Baccarini, le garanzie introdotte con il nuovo protocollo sarebbero dovute essere “l’effettiva presenza del veicolo in officina”, “il corretto utilizzo delle apparecchiature” e “l’effettuazione di tutti i rilievi strumentali”. Nulla di tutto ciò si è verificato. I controlli risultano svolti integralmente agli atti, ma sul piano pratico le procedure di esecuzione sono spesso irregolari. Di conseguenza, i risultati delle misurazioni non corrispondono al vero, talvolta palesemente. Un veicolo non conforme alla circolazione può sempre essere sostituito da un cosiddetto “muletto” più efficiente utile al superamento dei vari test strumentali. Persino la prova freni, ritenuta universalmente “inviolabile” grazie alla presenza della fotocamera con sistema RT (riconoscimento targa), viene agilmente contraffatta. Se ne deduce che non esiste alcuna garanzia dell’effettiva presenza del veicolo nella sede del centro di controllo: il fenomeno delle revisioni “a distanza” è ancora molto attuale.
L’unica miglioria concreta introdotta con il protocollo MCTC Net 2 è l’informatizzazione dei referti, ma senza attuazione del tanto annunciato controllo in remoto da parte dell’Amministrazione rimane un potenziale non sfruttato. Uno spreco a tutti gli effetti: sarebbe sufficiente confrontare i dati rilevati – o inseriti manualmente dagli operatore – con i valori medi statistici per determinare l’autenticità o meno del controllo. Ecco il tema centrale del documento: una guida alla lettura ed interpretazione dei referti MCTC basata sull’esperienza di chi effettua quotidianamente revisioni ministeriali. Alle varie anomalie di seguito elencate è stato attribuito un colore che ne rappresenta il grado di attendibilità. Quelle contrassegnate in verde si possono considerare come semplici campanelli d’allarme a cui tuttavia dovrebbe seguire un’indagine di approfondimento. É il caso di valori difformi alla media statistica o generalmente atipici per l’anno di costruzione del veicolo. Nonostante la bassa affidabilità di questi dati, la combinazione di più elementi o la presenza di una segnalazione mirata potrebbe elevare il grado di sospetto al “livello giallo”. Le anomalie che rientrano in questa categoria sono molto più evidenti delle precedenti, ma non costituiscono ancora prova certa. Un esempio è la massa del veicolo riscontrata diversa da quella dichiarata dal costruttore. Potrebbe indicare l’impiego di un “muletto” per l’esecuzione del test, ma anche un vizio nella taratura della pesa o la presenza di un carico straordinario. In ultimo, il livello “rosso”: nessun dubbio in merito alla mala esecuzione con dolo della revisione. Anche l’inserimento di dati tecnici errati rientra in questo grado di classificazione in quanto vengono alterati i limiti determinanti l’esito delle prove. La presente relazione è stata redatta con l’intento di dimostrare all’Amministrazione la possibilità di controllare l’operato dei centri di revisione senza eccessivo dispendio di risorse. L’applicazione pratica della cosiddetta “vigilanza informatica” prevista dal già operativo protocollo MCTC Net 2 sarebbe sicuramente più efficace delle ormai rare visite ispettive da parte dei funzionari della Motorizzazione Civile.

INSERIMENTO DATI TECNICI (1)

1.1) Dati del veicolo diversi da quelli contenuti nella scheda di omologazione

I dati tecnici vengono inseriti da PC prenotazione trascrivendo parte della carta di circolazione, ma per alcuni di essi occorre ispezionare il veicolo. E’ una fase cruciale per l’autenticità del controllo: i valori inseriti determinano i limiti con i quali vengono condotte le prove. Un semplice errore, voluto o meno che sia, potrebbe pregiudicare o favorire l’esito regolare della revisione ministeriale. Un esempio è lo schema frenante di soccorso o il flag indicante la presenza del sistema ABS: il calcolo dell’efficienza frenante minima per superare il test si basa, fra i tanti, su quei parametri. Determinare la veridicità dei dati tecnici inseriti è molto semplice conoscendo il numero di omologazione, un codice alfanumerico quasi sempre riportato sulla carta di circolazione. La scheda tecnica riferita al codice contiene tutte le informazioni del veicolo trascritte durante la fase di omologazione: nulla è lasciato al caso. Ogni caratteristica diversa da quelle riportate sulla documentazione ufficiale è sicuramente frutto di un errore (o tentativo di contraffazione della revisione).

Contraffazione generica della revisione

CONTROLLI VISIVI E PROVA GIOCHI (2)

2.1) Durata revisione anomala: tempo insufficiente per l’esecuzione della prova giochi

I controlli visivi e la prova giochi sono gli unici test nei quali non viene registrata sul referto MCTC l’ora di inizio e fine in quanto coincide con l’intera durata della revisione. Se i controlli generali si possono ritenere effettivamente eseguibili durante lo svolgimento di altre prove, il controllo dell’avantreno no. E’ infatti necessario sollevare il veicolo sul ponte posizionando l’asta blocca freno, comandare il movimento delle piastre su cui stazionano le ruote anteriori ed osservare attentamente eventuali anomalie del sistema sospensioni. Dopo una verifica dell’integrità dei tubi freno ed un’occhiata generale al sottoscocca, il ponte sollevatore viene abbassato. Questa operazione, se ben condotta, richiede almeno 120 secondi. Considerando che il tempo è una grandezza inalterabile, è sufficiente sottrarre al lasso di tempo in cui si è svolta la revisione la durata di tutte le prove. Se la differenza si aggira intorno a pochi secondi, il test di fatto non è stato eseguito. Si segnala che la maggior parte dei centri di controllo considera le due prove in oggetto come un semplice pulsante (“conferma controlli” o simili) da premere sul PC stazione: nessun controllo effettivo sul veicolo. Non è un caso se numerosi automobilisti manifestano stupore nel vedere il proprio veicolo sollevato sul ponte durante la revisione ministeriale. L’introduzione di una procedura informatizzata potrebbe essere una soluzione per sensibilizzare gli operatori, ma molto probabilmente verrebbe trovata una escamotage per eluderla.

Prova giochi non eseguita

2.2) Foto MCTC con inquadratura anomala

I controlli visivi, come si evince dal nome, vengono eseguiti senza l’ausilio di strumentazione, quindi nessun referto può fornire informazioni utili al riconoscimento di un’eventuale prova irregolare. Tuttavia, dalla foto MCTC scattata in occasione della prova freni, è possibile risalire alle condizioni generali di carrozzeria, fanali e cristalli. Il grosso limite di questa analisi, nonché pretesto per eludere il sistema, è l‘impossibilità oggettiva di visionare contemporaneamente tutti e 4 i lati del veicolo. L’inquadratura della foto è disciplinata da regole rigide, ma pur sempre generiche: nessuna prescrizione vieta di fotografare una fiancata anziché un’altra, oppure il frontale anziché il posteriore. Di conseguenza, l’eventuale porzione di veicolo danneggiata viene omessa dalla foto MCTC, ma rimane traccia dell’evidente cambio di inquadratura rispetto all’ordinario. Si ritiene che questa anomalia non costituisca prova certa di frode in quanto la fotocamera può essere spostata in qualsiasi momento per altri motivi bonari (batterie scariche, problemi riconoscimento targa, riflessi ecc). Ciò nonostante, in caso di eventuali segnalazioni mirate, l’indizio potrebbe diventare determinante.

Sospetta irregolarità nella porzione di veicolo non inquadrata

CENTRAFARI (3)

3.1) Efficienza luminosa faro dx=faro sx

La prova fari per i veicoli equipaggiati con doppio fanale anteriore (dx e sx) viene svolta misurando l’efficienza di entrambi gli anabbaglianti/abbaglianti. Lo strumento (centrafari) viene spostato da un fanale all’altro per effettuare i rilievi e la conferma del valore definitivo viene trasmessa al PC stazione premendo un pulsante. I centrafari sono estremamente sensibili (Unità=1 Lux) e rilevano variazioni minime in rapporto ai limiti previsti dalla normativa vigente (generalmente 3750 Lux per l’anabbagliante, 20000 Lux per l’abbagliante). Considerando che: 1) Il fascio luminoso è ampio e disomogeneo, ma il sensore è puntiforme: la rilevazione varia a seconda della posizione del sensore rispetto al fascio (sensibilità millimetrica) 2) Un semplice contatto con lo strumento o uno spostamento millimetrico dello stesso genera una variazione significativa dei valori rilevati 3) I vari elementi che compongono il fanale (parabola, lampadine, ma in particolare la superficie esterna) subiscono un deterioramento indipendente dall’altra unità, quindi l’efficienza dei due fanali non potrà mai corrispondere perfettamente, soprattutto per i veicoli più datati. Nel caso in cui i valori di anabbagliante o abbagliante dx e sx dovessero coincidere – o variare di poche unità -, il test è con buona probabilità irregolare.

Test eseguito su un unico fanale

3.2) Efficienza luminosa di veicoli datati (impianto elettrico 6V) abbondantemente superiore ai limiti di legge

Alcuni veicoli datati non hanno le caratteristiche tecniche per superare la prova fari nonostante siano in ottimo stato di conservazione. In particolare, per i veicoli muniti di impianto elettrico 6V, è necessario accelerare il motore affinchè la dinamo generi più corrente per consentire alle lampadine abbaglianti di emettere luce a sufficienza. Utilizzando questa procedura, il veicolo rientra nei limiti previsti dalla legge, ma i massimi valori raggiungibili superano di poco i 20000Lux (limite minimo abbagliante). Se il veicolo non dovesse comunque raggiungere l’efficienza minima, spesso viene sostituito con uno più prestante, una torcia o addirittura un faro ausiliario simile a quello utilizzato dai tecnici in occasione delle tarature annuali della linea di revisione. Le operazioni eseguite con “astuzia” non sono individuabili tramite lettura del referto MCTC, ma il più delle volte vengono commessi errori grossolani dovuti a fretta ed inesperienza: valori di intensità luminosa troppo elevati per un veicolo datato sono indice di una probabile irregolarità (o di manomissione del veicolo).

Test eseguito su veicolo muletto, faro ausiliario o torcia

PROVA FRENI (RICONOSCIMENTO TARGA) (4)

4.1) Massa del veicolo inferiore a quella dichiarata dal costruttore

La “forza frenante” minima che consente ad un veicolo di superare la prova freni non è un valore assoluto, ma varia in funzione del peso. In sostanza, più un veicolo pesa, più la forza frenante richiesta per superare il test deve essere maggiore. Considerando che la forza frenante è difficilmente falsificabile in quanto misurata dal “banco prova-freni”, l’unico modo per aumentare (all’apparenza) l’efficienza frenante di un veicolo è con la riduzione del peso. Dopo l’esecuzione del test freni mediante banco a rulli (pasatura asse anteriore, misurazione forza frenante asse anteriore, pesatura asse posteriore, misurazione forza frenante asse posteriore), qualora l’efficienza dovesse risultare inferiore ai minimi termini previsti dalla legge, è sufficiente ripetere la pesatura parziale con l’asse più leggero (o con un altro veicolo). Così facendo, l’efficienza frenante del veicolo rientra nei limiti consentiti, ma la massa registrata risulta inferiore a quella dichiarata dal costruttore. Questo trucco viene impiegato principalmente per i veicoli molto pesanti (autocaravan, autocarri) aventi masse parziali degli assi similari.

Irregolarità durante la fase di pesatura del veicolo: doppia pesatura dell’asse più leggero (o pesatura con altro veicolo)

4.2) Massa del veicolo inferiore a quella dichiarata dal costruttore

Un’altra procedura per alterare la massa rilevata di un veicolo, chiaramente con l’intento di ridurla, è ingannando con un semplice trucco la pesa. Durante la fase di “autozero delle pese” (la cosiddetta “calibrazione” delle comuni bilance), nessuna massa dovrebbe gravare sullo strumento. Diversamente, il valore “0” della bilancia diventerebbe un valore negativo che sommato alla massa effettiva dell’asse comporterebbe la riduzione fittizia della stessa. È sufficiente che una persona stazioni sulle pese durante la fase di “autozero” per ridurre di 75Kg (massa media di una persona) X 2 (pesatura asse anteriore + pesatura asse posteriore) la massa di un veicolo. Con 150Kg in meno è molto più semplice raggiungere l’efficienza frenante minima richiesta dalla normativa per superare la revisione ministeriale. Nell’ambito dei motoveicoli in generale, la riduzione del peso è un’operazione molto più semplice in quanto la massa del conducente (operatore) influisce abbondantemente sulla massa totale del veicolo (basti considerare alcuni ciclomotori con tara inferiore a 80Kg). Durante la fase di pesatura dei due assi, è sufficiente che l’ispettore faccia gravare solo parzialmente il proprio peso sul veicolo per ottenere una considerevole diminuzione della massa complessiva registrata.

Irregolarità durante la fase di autozero della pesa

4.3) Massa del veicolo superiore a quella dichiarata dal costruttore

L’efficienza frenante posteriore è un punto critico della revisione ministeriale per alcune tipologie di autoveicoli (utilitarie, autocarri, veicoli pre-1990 in generale) . Senza entrare nello specifico, si può affermare che per una serie di ragioni tecniche, i sopra citati veicoli sono equipaggiati all’asse posteriore con freni a tamburo notoriamente meno prestanti degli anteriori “a disco”. Nel caso in cui l’efficienza frenante posteriore dovesse risultare insufficiente – o lo squilibrio tra il freno dx e sx troppo elevato -, l’asse posteriore viene testato con l’anteriore. Nonostante il protocollo MCTC NET 2 avrebbe dovuto eliminare questa prassi mediante l’introduzione della foto istantanea all’atto della frenata posteriore, in realtà, per alcuni banchi prova-freni, la foto non è così immediata. Questo breve lasso di tempo – pochi secondi – consente all’ispettore di raggiungere con l’asse anteriore un’efficienza frenante adeguata, uscire rapidamente dai rulli per poi rientrarvi con l’asse posteriore al momento dello scatto della foto. Il peso complessivo del veicolo risulta però più elevato in quanto l’asse anteriore (generalmente più pesante per la presenza del motore) viene pesato due volte. In alcuni casi, per eliminare ogni traccia dell’operazione, l’asse posteriore viene nuovamente pesato correttamente.

Test freni posteriori eseguiti con l’asse anteriore

4.4) Massa del veicolo generalmente diversa da quella dichiarata dal costruttore

Nonostante la fotocamera introdotta con il protocollo MCTC NET 2 avrebbe dovuto eliminare il fenomeno delle revisioni eseguite con il veicolo cosiddetto “muletto” (o perlomeno il relativo impiego durante la prova freni), alcuni casi sussistono. Se la massa del veicolo testato dovesse risultare diversa da quella indicata dal costruttore, molto probabilmente c’è un’irregolarità. Trattasi di un semplice campanello d’allarme, ma per avere più elementi di giudizio è necessario osservare attentamente la foto MCTC scattata automaticamente in occasione della prova-freni.

Sospetto impiego di veicolo muletto, ma occorre visionare attentamente la foto MCTC (punti successivi *)

4.5) (*)Foto MCTC: inquadratura ravvicinata del veicolo (1)

La foto MCTC è disciplinata da regole ben precise per quanto riguarda l’inquadratura, ovvero la posizione della fotocamera rispetto al veicolo ed al banco prova freni. Nonostante in svariate occasioni la foto potrebbe non rispettare appieno i requisiti a causa di problemi di “rilevamento targa” (la scansione della targa per verificarne la corrispondenza con i dati inseriti nel PC prenotazione), alcuni casi sono particolarmente anomali e meritano un approfondimento in quanto il veicolo sotto esame potrebbe non essere quello ufficialmente sottoposto a revisione ministeriale. Per mascherare questa irregolarità, la fotocamera viene spostata dalla consueta posizione inquadrando la parte posteriore del veicolo corretto, ma parcheggiato altrove. Naturalmente il banco prova freni non viene inquadrato in quanto il test viene eseguito con un veicolo muletto più efficiente.

Test freni posteriori eseguiti con veicolo muletto

4.6) (*)Foto MCTC: inquadratura ravvicinata del veicolo (2)

Senza ripetere il contenuto del punto precedente, il trucco dell’inquadratura ravvicinata potrebbe essere impiegato per mascherare l’impiego dell’asse anteriore durante il test relativo ai freni posteriori. Con foto ravvicinata, senza inquadratura del banco prova-freni come da regolamento, non è infatti possibile riconoscere quale asse del veicolo sia effettivamente sotto esame.

Test freni posteriori eseguito con l’asse anteriore

4.7) (*)Foto MCTC: inquadratura ravvicinata del veicolo (3)

L’inquadratura potrebbe essere estremamente ravvicinata per impedire l’individuazione del “tipo di veicolo” sottoposto a revisione. Il cosiddetto riconoscimento targa è una semplice scansione dei caratteri di testo contenuti all’interno dell’immagine (foto MCTC): se corrispondono alla targa del veicolo inserita tramite PC prenotazione, l’esito del test è automaticamente regolare. Il fenomeno delle revisioni eseguite con il libretto, ovvero senza portare il veicolo al centro di controllo, purtroppo è ancora molto attuale: è infatti sufficiente applicare la targa autentica sul veicolo “muletto” per falsificare l’intero controllo. Per camuffare l’irregolarità, la foto viene scattata posizionando la fotocamera in modo tale da inquadrare esclusivamente la targa del veicolo.

Test freni posteriori eseguito con veicolo muletto (possibilità che il veicolo ufficialmente sottoposto a revisione non abbia mai raggiunto il centro di controllo)

4,8) (*)Foto MCTC: inquadratura di un banco prova freni diverso da quello abituale (centri multilinea)

I centri di controllo multilinea hanno più di una linea di revisione, quindi diverse attrezzature tra cui i banchi prova-freni. Poniamo il caso di un centro con 2 linee, linea 1 e linea 2. Alla linea 1 corrispondono il banco prova freni n.1 e la fotocamera n.1, alla 2 il banco n.2 e fotocamera n.2. Se un veicolo dovesse risultare inefficiente al banco prova freni 1, per falsificare il test è sufficiente farlo stazionare con l’asse posteriore sul banco prova freni 2. La fotocamera 1 viene spostata in prossimità del banco prova freni 2, mentre sul banco prova freni 1 viene testato un veicolo “muletto”. Nonostante il veicolo effettivamente sotto esame non corrisponde a quello sottoposto ufficialmente a revisione ministeriale, la fotocamera 1 immortalerà il veicolo corretto posizionato nella linea 2.

Test freni posteriori eseguiti con veicolo muletto

4.9) (*)Foto MCTC: rilessi anomali o sfocatura sospetta

Una doverosa precisazione: anche foto MCTC relative a revisioni eseguite correttamente possono risultare sfocate o apparentemente anomale a causa della bassa qualità di alcune fotocamere, dello sporco residuo sull’obiettivo o di altri agenti atmosferici. Tuttavia, questa particolarità potrebbe essere il campanello dall’allarme per l’individuazione del trucco più ingegnoso (e illegale) in assoluto. Il veicolo con insufficienza frenante posteriore – o addirittura non presente in sede – viene fotografato con una comune fotocamera mentre staziona con l’asse posteriore sul banco prova freni o altrove. L’immagine viene trasferita su un tablet o monitor generico posizionato davanti alla fotocamera MCTC mentre la prova freni viene eseguita con un veicolo “muletto”.

Test freni posteriori eseguito con veicolo muletto (possibilità che il veicolo ufficialmente sottoposto a revisione non abbia mai raggiunto il centro di controllo)

4.10) (*)Foto MCTC: anomalie palesi

I meno furbi, se così si possono definire, non si curano nemmeno di mascherare le irregolarità durante la prova freni commettendo errori veramente grossolani. Alcune foto MCTC raffigurano veicoli che nel momento dello scatto si trovano nei rulli con l’asse anteriore o addirittura non corrispondono al “tipo di veicolo” indicato durante la fase di accettazione. Fanno da contorno targhe falsificate o direttamente scritte su pannelli di cartone. Nulla da aggiungere: in questi casi l’irregolarità è evidente e non lascia spazio a dubbi di alcun tipo.

Test freni posteriori eseguito con veicolo muletto o con asse anteriore (possibilità che il veicolo ufficialmente sottoposto a revisione non abbia mai raggiunto il centro di controllo)

4.11) Foto MCTC: luce retro accesa (veicoli a trazione posteriore)

Uno dei trucchi più diffusi per mascherare l’inefficienza della frenata posteriore (o lo squilibrio) è la simulazione mediante l’utilizzo della retro marcia. Il moto rotatorio delle ruote opposto a quello dei rulli genera un resistenza che viene interpretata dal software come una decelerazione, quindi una frenata. Naturalmente il trucco si può impiegare solo per i veicoli a trazione posteriore durante il test relativo all’asse posteriore. Se l’ispettore non è scaltro nel disinnestare la marcia, la foto MCTC immortala la luce della retro accesa, dimostrazione palese dell’irregolarità. Un’altra prova schiacciante dell’impiego di questo trucco è lo squilibrio di frenata tendente a 0: con la trazione motore, salvo condizioni particolari, le due ruote dello stesso asse girano approssimativamente alla stessa velocità.

Test freni posteriori eseguito con retromarcia

4.12) Foto MCTC: veicolo palesemente decentrato sui rulli

Per i veicolo con squilibrio frenante superiore al 30% (prova irregolare) esiste un metodo molto rudimentale per simulare la frenata. Il veicolo viene posizionato sui rulli in modo tale che la ruota con minor efficienza frenante sia a contatto con la struttura esterna del banco prova freni. L’attrito gomma-metallo causa una decelerazione della ruota che viene interpretata dal software come una frenata. In questo modo, l’efficienza frenante della ruota meno prestante risulta simile a quella più efficiente abbassando di conseguenza lo squilibrio sull’asse. Questo trucco, se eseguito per l’asse posteriore, lascia inevitabilmente traccia nella foto MCTC.

Simulazione di frenata mediante contatto con la struttura del banco prova freni

4.13) Foto MCTC: veicolo decentrato sui rulli

Un altro trucco per abbassare lo squilibrio frenante è tramite lo sgonfiaggio dello pneumatico montato sulla ruota che risulta meno prestante in termini di frenata. Il maggior attrito derivante dal contatto pneumatico sgonfio-rullo causa una decelerazione che viene interpretata dal banco prova-freni come una frenata vera e propria. Nonostante i valori del test registrati nel referto si possono considerare assolutamente in linea con una prova ben condotta, nella foto MCTC rimane traccia dell’irregolarità: il veicolo risulterà collassato sul fianco dello pneumatico sgonfiato.

Simulazione di frenata mediante sgonfiaggio di uno pneumatico

4.14) Valori anomali di efficienza frenante per i veicoli datati

E’ molto difficile, se non impossibile, quantificare con un criterio matematico questo aspetto. La regola è molto semplice: un veicolo datato è sicuramente equipaggiato con freni meno efficienti di quelli contemporanei, il più delle volte “a tamburo”. Questi impianti frenanti, se utilizzati sporadicamente (vedi veicoli d’interesse storico e collezionistico), diminuiscono di molto la resa in termini di efficienza a causa di numerosi fattori meccanici. Per queste categorie di veicoli, il test freni fatica a rientrare nei limiti previsti dalla legge: valori sproporzionati in termini di efficienza frenante dovrebbero quantomeno far sorgere qualche dubbio circa la corretta esecuzione della prova. Un’analisi dei punti precedentemente descritti potrebbe fornire qualche informazione in più utile a distinguere il “caso” dall’irregolarità.

Sospetta irregolarità generica nella conduzione della prova freni

4.15) Sforzo pedale freno di stazionamento > 0 per veicoli muniti di freno di stazionamento elettronico

Per i veicoli muniti di freno di stazionamento elettrico è impossibile rilevare lo “sforzo” tramite pedale pressometrico in quanto il freno si attiva manualmente premendo un pulsante. Alcuni software consentono – da protocollo – di non eseguire il test dello stazionamento poiché i valori rilevati potrebbero essere poco attendibili per cause di forza maggiore. Tuttavia, se nel referto MCTC di un veicolo con freno di stazionamento elettrico si registra un valore di sforzo maggiori a 0 , la prova è sicuramente irregolare in quanto: 1) il pedale pressometrico è stato utilizzato esercitando uno sforzo con la mano o altro mezzo 2) il test è stato eseguito con il freno di servizio (pedale del freno).

Pedale pressometrico azionato con la mano (o con altro mezzo)

4.16) Presenza gancio traino omessa

La presenza del gancio di traino è uno dei fattori che determina i limiti della prova freni. In sostanza, se un veicolo è munito di gancio di traino, deve avere una frenata più efficiente. Considerando che questo particolare è registrato negli archivi pubblici poiché l’installazione del dispositivo è soggetta ad obbligo di collaudo presso la Motorizzazione, è relativamente semplice individuare i casi in cui il dato è stato omesso. Allo stesso modo,qualora dovesse intravedersi dalla foto MCTC il gancio di traino, è possibile verificare se la modifica sia stata effettivamente sottoposta a visita e prova ai sensi dell’art.78 del C.d.S.. Si segnala che l’inserimento di dati relativi alla prova freni non corrispondenti al vero è una prassi diffusa per consentire a veicoli poco efficienti di superare con semplicità il controllo.

Inserimento dati falsificato per semplificare il superamento della prova freni

ANALISI GAS (5)

5.1) Valori di CO2 diversi da: 1) 15% (+-1%) benzina 2) 13% (+-1% GPL) 3) 11% (+-1%) CNG

L’analisi dei gas di scarico è sicuramente la prova più falsificata in assoluto a causa della combinazione dei seguenti fattori: 1) Le spese di riparazione a fronte dell’esito irregolare spesso sono molto onerose per i clienti (sostituzione catalizzatore, rifacimento motore, sonde/sensori vari ecc..), ma paradossalmente poco redditizie per l’autofficina 2) In Italia è poco diffusa la cultura dell’ambientalismo: l’inquinamento non viene percepito nè dall’utenza, nè dagli addetti ai lavori come un pericolo. 3) L’esito della revisione ministeriale attribuito ai veicolo inquinanti viene ritenuto troppo severo dagli automobilisti (“sospeso dalla circolazione” anzichè “ripetere”). La falsificazione di questo test è molto semplice in quanto non vengono impiegati particolari stratagemmi: è sufficiente sostituire al veicolo inquinante uno in regola con le emissioni. Questa pratica può lasciare o meno traccia nel referto MCTC a seconda del tipo di “muletto” impiegato. Se le caratteristiche dei due veicoli corrispondono (alimentazione, normativa gas di scarico di riferimento), il trucco passa inosservato, altrimenti tramite lettura dei valori rilevati si può quantomeno sospettare un’irregolarità. Le tre alimentazioni testabili con l’analizzatore gas di scarico sono Benzina, GPL e CNG. Ciascun combustibile ha dei livelli caratteristici* di CO2: 1) Benzina – 15% (+-1%) 2) GPL -13% (+-1%) 3) CNG – 11% (+-1%). Referti MCTC contenenti valori anomali potrebbero indicare l’utilizzo di un “muletto” con alimentazione diversa da quella del veicolo corretto. (*) Si segnalano tuttavia l’esistenza di veicoli malfunzionanti, ma comunque in regola con le emissioni, aventi valori di CO2 corrispondenti ai livelli caratteristici di altre alimentazioni. I valori sopra indicati sono riscontrabili principalmente per gli autoveicoli catalitici (post-direttiva 911/41CE) con motore, elettronica e linee di scarico in piena efficienza.

Test eseguito con veicolo muletto avente diversa alimentazione

5.2) Veicoli Bifuel: livelli di CO2 alimentazione benzina = GPL (o CNG)

Se i valori riportati al punto precedente sono da considerarsi puramente indicativi in quanto le variabili in gioco sono molteplici (stato del motore, tipo di analizzatore gas, taratura strumento ecc..), per i veicoli a doppia alimentazione la lettura del referto MCTC è determinante. Sono frequenti i veicoli bifuel che superano la prova con alimentazione benzina, ma non quella a GPL (o CNG). Fra le principali cause la scarsa qualità delle componenti aftermarket degli impianti e la decisione da parte degli automobilisti di non investire soldi per la riparazione di eventuali guasti relativi alla seconda alimentazione scelta appunto per “risparmiare”. Per consentire ai suddetti veicoli di superare la revisione, l’analisi gas viene eseguita senza commutare l’alimentazione, ovvero passare da un combustibile all’altro. Nonostante la prova risulti agli atti “regolare”, sul referto MCTC i valori percentuali di CO2 coincidono per entrambe le alimentazioni (presumibilmente +-15%).

Doppio test eseguito senza commutare alimentazione

5.3) Valori genericamente inferiori a quelli statisticamente corretti

In linea di massima, la regola è molto semplice: un veicolo recente, ovvero omologato secondo una normativa antinquinamento molto stringente, se malfunzionante può inquinare come uno più datato, ma viceversa è impossibile. Sempre facendo riferimento ai cosiddetti “muletti” impiegati per falsare l’analisi gas di scarico, nel caso in cui il veicolo effettivamente testato sia troppo recente rispetto a quello ufficialmente sottoposto a revisione ministeriale, nel referto ne rimane traccia. Purtroppo è molto difficile stabilire un criterio matematico per valutare al meglio questo aspetto, ma sarebbe molto utile un approfondimento tecnico a riguardo. Durante l’analisi gas di scarico generica vengono misurati principalmente 6 parametri, ovvero i livelli di alcuni prodotti della combustione o valori derivanti da essi. Nello specifico si fa riferimento alla concentrazione di CO, CO Corretto, CO2, O2, HC incombusti e valore Lambda. Solo confrontando tutti e 6 i parametri è possibile stabilire con alto grado di probabilità la veridicità o meno del test tracciando un identikit del veicolo effettivamente sottoposto alla prova (2T o 4T / iniezione o carburatore / catalitico o non catalitico ecc..). Si segnala inoltre che da protocollo alcuni valori non vengono riportati nel referto complessivo vanificando ogni possibilità di determinare con certezza le caratteristiche del veicolo testato (HC incombusti in particolare per i veicoli non catalitici).

Test eseguito con veicolo muletto più recente di quello ufficialmente sottoposto a revisione

5.4) Veicoli non catalitici: livelli di CO inferiori allo 0,2%

Nonostante gli autoveicoli non catalitici abbiano dei valori limite diversi da quelli omologati secondo le normative antinquinamento più recenti, non sempre hanno i parametri in regola per la revisione ministeriale (carburazione grassa, guasto elettrico ecc..). Se il “muletto” impiegato per falsare il test dovesse rispondere alla normativa 91/411CEE o successive, nel referto ne rimane inevitabilmente traccia. É infatti assolutamente impossibile che un veicolo senza catalizzatore abbia una percentuale di CO paragonabile a quella emessa dai veicoli contemporanei (tendente a 0 o generalmente inferiore a 0,2%), altrimenti non si spiegherebbe la funzione del dispositivo stesso.

Test eseguito con veicolo muletto più recente di quello ufficialmente sottoposto a revisione

5.5) Veicoli non catalitici: livelli di CO anomali

Sempre citando i veicoli non catalitici soggetti ad analisi gas al regime di minimo, valori anomali di CO potrebbero derivare da un’errata condizione della prova, chiaramente con l’intento di taroccarne il risultato. Accelerando il motore, i livelli di alcuni prodotti della combustione calano, ma la normativa parla chiaro: il test va eseguito a meno di 1000rpm. Per falsificare il numero di giri, si ricorre all’inserimento manuale, quindi nel referto complessivo il dato è contrassegnati dal carattere “#”. Esistono strumenti che consentono di eludere la rilevazione dei giri o metodi piuttosto artigianali per simulare la rotazione del motore, ma nel referto MCTC non ne rimane traccia.

Test eseguito accelerando il veicolo e falsificando la rilevazione dei giri motore

5.6) Veicoli pre-1994 (introduzione della tecnologia OBD 2): giri rilevati tramite OBD2

I giri motore possono essere rilevati con diversi dispositivi a seconda delle caratteristiche del veicolo sotto esame (segnale batteria, vibrazione, OBD2 ecc..). Nulla vieta di utilizzare un metodo anziché un altro e nessuna nota specifica nel referto MCTC quale strumento è stato impiegato per il rilievo. Tuttavia, i vari dispositivi hanno un diverso grado di precisione: l’interfaccia OBD2 ha una sensibilità che consente di misurare le unità mentre gli altri strumenti si fermano alla decina. In sostanza, il referto di un veicolo i cui giri al minimo sono stati rilevati tramite OBD potrà riportare il valore 856, 851 oppure 859 e così via. Se i giri invece fossero stati misurati in altro modo, da 850 si passerebbe direttamente ad 860 senza valori intermedi. Questa premessa è utile a dimostrare che nel caso in cui un referto MCTC di veicolo antecedente al 1996 (1994 per essere certi – introduzione della tecnologia OBD2) dovesse contenere valore di giri non approssimati alla decina, il veicolo sottoposto all’analisi gas è sicuramente un “muletto” più recente.

Test eseguito con veicolo muletto

5.7) Data di esecuzione della revisione precedente alla data del collaudo del serbatoio GPL (o della prenotazione di collaudo)

I veicoli alimentati a GPL sono soggetti ad obbligo di sostituzione del relativo serbatoio al decimo anno dalla data di prima immatricolazione/collaudo dell’impianto. Per essere in regola, l’operazione deve essere seguita da visita e prova ai sensi dell’art. 78 del C.d.S. ad opera dei funzionari della Motorizzazione Civile. Incrociando l’archivio delle revisioni ministeriali con quello dei collaudi, è possibile individuare le revisioni con esito “regolare” nonostante il serbatoio scaduto. Una circolare ministeriale consente comunque di revisionare il veicolo previa sostituzione del serbatoio e prenotazione del collaudo, ma è necessario allegare al referto complessivo i documenti che lo attestano. Le prenotazioni di collaudo sono sempre gestite dalla Motorizzazione Civile, pertanto è comunque valida la procedura sopra descritta. Questo tipo di controllo si può estendere ai veicolo alimentati a Metano equipaggiati con bombole CNG-4.

Revisione eseguita con serbatoio scaduto

5.8) Durata revisione anomala: orario sospetto inizio/fine analisi

Generalmente l’eccessiva durata della revisione ministeriale è un fattore positivo in quanto denota il ripristino alle condizioni di sicurezza del veicolo. Tuttavia, nel caso di anomalie relative a motore, elettronica o linea di scarico, salvo casi particolari*, le riparazioni sono caratterizzate da tempi molto lunghi. Il guasto deve essere individuato tramite diagnosi (o prova generica) e il componente difettoso prima reperito, poi sostituito. È veramente poco probabile che questa serie di operazioni avvenga in poche decine di minuti, lasso di tempo compatibile con la ricerca e posizionamento del veicolo muletto da sottoporre al test. Naturalmente si tratta di una semplice supposizione, ma nel caso in cui questa situazione si dovesse verificare parallelamente ad altre presunte irregolarità, il dato potrebbe diventare determinante. (*)Sostituzione candele, carburazione rapide tramite regolazione del carburatore.

Sospetto impiego di veicolo muletto

OPACIMETRO (6)

6.1) Valori di opacità K rilevati troppo bassi per veicoli datati

Si ribadiscono le premesse poste per quanto riguarda l’analisi gas (punto 5,1), ma è doveroso citare la questione DPF (filtro antiparticolato). Il dispositivo è installato su tutti gli autoveicoli diesel omologati secondo la normativa EURO 5/6 e sulla maggior parte degli EURO 4, ma per le ragioni di seguito elencate viene rimosso da numerosi automobilisti: 1) La rimozione del DPF, se accompagnata dalla rimappatura della centralina motore, può incrementare significativamente la potenza del veicolo 2) Il malfunzionamento di alcune tipologie di DPF potrebbe indurre il motore all’autocombustione 3) Veicoli muniti di DPF impiegati principalmente per brevi tragitti o in pessimo stato di manutenzione sono frequentemente soggetti a guasti. Un’altra doverosa precisazione riguarda l’opacimetro, ovvero lo strumento con il quale viene analizzata la “fumosità” di un veicolo diesel. Senza entrare troppo nello specifico, “l’analisi opacità” è una prassi obsoleta in quanto con l’introduzione su larga scala del PDF (dal 2005!) i valori rilevati corrispondono quasi sempre a 0. Con filtro antiparticolato, posto che funzioni correttamente, è assolutamente inutile misurare i livelli di particolato, ma sarebbe opportuno quantificare, ad esempio, i livelli di NoX. Ad ogni modo, se i risultati dovessero superare il limite consentiti (o nel caso il DPF sia stato effettivamente rimosso), il trucco è sempre il medesimo: muletto efficiente e prova contraffatta. A differenza dell’analisi gas, considerando l’imprecisione dello strumento, è difficile tracciare un identikit del veicolo testato: si può generalmente affermare che valori troppo bassi di opacità per un veicolo datato sono sospetti, ma rimane una semplice supposizione con basso grado di attendibilità.

Sospetto impiego di veicolo muletto per l’esecuzione del test

6.2) Valori di opacità K rilevati da 0,00 a 0,10 per veicoli sprovvisti di DPF

L’unica certezza, nonostante l’imprecisione dell’opacimetro, è l‘impossibilità per un veicolo non munito di filtro antiparticolato di avere emissioni pari a 0. Questa affermazione si traduce in valori di opacità che variano da K=0 a K=0,10, il livello medio di fumosità caratteristico dei veicoli euro 5/6 in piena efficienza. I sopra citati valori all’interno di un referto MCTC relativo ad un veicolo pre-2005 dimostrano con alto grado di probabilità l’impiego di un “muletto” per l’esecuzione del test.

Test eseguito con veicolo muletto

6.3) Valore anomalo di limite K inserito manualmente dall’operatore

A differenza dell’analisi gas, la prova opacità può essere falsificata dall’operatore intervenendo sui valori limite. Nonostante le principali macro categorie di riferimento su base normativa antinquinamento siano 4 (nessuna normativa, 72/306CE pre 1980, 72/306CE post 1980 e 98/69CE), i limiti di opacità non sono fissati di conseguenza, ma variano da veicolo a veicolo. Nello specifico, il valore K limite è scritto su una targhetta posizionata sul veicolo oppure è riportato sulle carte di circolazione più recenti (valore V.6). Il valore viene inserito manualmente dall’operatore da PC Prenotazione ed il software che gestisce l’opacimetro lo utilizza come limite massimo. É sufficiente inserire un valore più alto di quello effettivo per consentire a veicoli inquinanti di superare il test. Naturalmente, nel referto complessivo rimane traccia dell’irregolarità in quanto il K limite viene riportato tra i dati della prova.

Falsificazione dei dati della prova

6.4) Inserimento del limitatore di giri fra i dati tecnici del veicolo

Un altro trucco concettualmente simile a quello sopra descritto è l’alterazione dei dati tecnici mediante dichiarazione di presenza del “limitatore di giri” da PC prenotazione. Molto brevemente, la procedura per misurare l’opacità consiste nell’accelerazione del motore ad un regime superiore ai 3500rpm per 3 volte consecutive mentre l’opacimetro si trova collegato al tubo di scarico. Nel caso in cui il veicolo sia effettivamente munito di limitatore di giri – quindi impossibilitato a superare i 2500rpm – il test viene condotto di conseguenza. Inutile sottolineare che il particolato emesso da un veicolo accelerato al massimo regime sia nettamente superiore a quello riscontrato ad un regime intermedio, ma la modalità di esecuzione del test non è a discrezione dell’operatore. Misurare la fumosità ad un regime diverso da quello previsto comporta l’invalidazione dei risultati.

Falsificazione dei dati della prova

6.5) Risultati del test anomali

Il “piede” dell’ispettore è determinante per i risultati della prova di opacità. In sostanza, più il pedale del gas viene pigiato rapidamente (accelerata brusca), maggiori saranno i valori riscontrati. Se la prova viene condotta come da manuale, i tre valori K registrati dovrebbero avere una grandezza decrescente secondo l’ordine di esecuzione. Con ogni accelerata a fondo, buona parte del particolato residuo nello scarico viene espulso definitivamente, quindi non influisce nella misurazione successiva. Diversamente, quando l’acceleratore viene premuto delicatamente per facilitare il superamento della prova, i valori rilevati non sono soggetti a relazioni matematiche.

Sospetta irregolarità generica nella conduzione della prova

6.6) Veicoli pre-1994 (introduzione della tecnologia OBD 2): giri rilevati tramite OBD2

Vedi analisi gas, punto 5.6.

Test eseguito con veicolo muletto

FONOMETRO (7)

7.1) Valori rilevati troppo elevati rispetto al metodo di conduzione della prova

L’analisi della rumorosità allo scarico è caduta in disuso da quando resa facoltativa, pertanto non è soggetta ad irregolarità particolari. L’unico test fonometrico obbligatorio rimasto in vigore è quello relativo all’avvisatore acustico, una semplice misurazione dei decibel emessi del dispositivo ad una distanza nota. Se la prova non dovesse essere regolare, per falsificarla è sufficiente produrre un qualsiasi rumore che emuli l’avvisatore acustico. La simulazione più diffusa è quella mediante battito di mani o fischio, ma l’operazione deve essere ben calibrata per non destare sospetto. I limiti minimi per l’avvisatore acustico sono di 80db misurati a 30 metri per gli autoveicoli omologati secondo la normativa T.U. 393/59 (generalmente veicoli pre-1980) e 93db a 7 metri per gli altri. In sostanza l’efficienza minima del dispositivo è la medesima, ma cambiano le modalità di esecuzione della prova*. I risultati medi del test variano di conseguenza: a 30 metri, considerando anche l’età dei veicoli sottoposti a questo tipo di prova, vengono rilevati valori ampiamente inferiori rispetto a quelli misurati alla distanza di 7. Le anomalie più evidenti riguardano l’ambito dei motoveicoli d’epoca caratterizzati da clacson particolarmente flebili (limite di 70dB/75dB/80dB a 30mt). Ad esempio, un presunto valore rilevato a 30 metri di 100 dB corrisponde a 112dB a 7 metri, il rumore emesso da una motosega alla distanza di 1 metro. Questi rilievi si potrebbero considerare senza ombra di dubbio palesemente falsi. (*)Secondo le formule della propagazione del suono, 80 db a 30mt corrispondono a 92,6 dBa 7 mt.

Prova eseguita con simulazione dell’avvisatore acustico

PNEUMATICI (8)

8.1) Foto MCTC: pneumatici palesemente usurati o diversi sullo stesso asse

La cosiddetta prova pneumatici non viene eseguita con l’ausilio di strumentazione elettronica, ma consiste nella compilazione digitale di un breve rapporto. Per ogni pneumatico viene inserita la marca, il modello, la misura e lo spessore del battistrada. Nessun parametro può lasciare intendere la veridicità o meno della dichiarazione dell’ispettore, se non la foto MCTC. Tuttavia, è molto difficile rilevare l’effettiva altezza del battistrada o la corrispondenza degli pneumatici sullo stesso asse considerando la scarsa qualità dell’immagina: è possibile individuare solo i casi più palesi.

Test falsificato dall’operatore

Per gli operatoriPer gli utenti

La cosiddetta revisione ministeriale è il controllo periodico del veicolo imposto dallo Stato per garantire la salvaguardia della sicurezza stradale e la tutela dell’ambiente. La natura di questo obbligo è molto semplice e chi è convinto che si tratti semplicemente di un modo come un altro per fare cassa ha una visione decisamente limitata: allo Stato non interessa racimolare 9,90€ di IVA e 10,20€ di bollettino postale a revisione, bensì assicurarsi di non avere spese extra a proprio carico. Già, perchè un invalido a vita a seguito di incidente stradale è una grosso costo per l’INPS, così come un intervento operatorio o un malato di cancro a causa dell’inquinamento prodotto da veicoli lo è per il SSN (Sistema Sanitario Nazionale). Anche la civiltà di un paese in parte si misura con il numero di vittime di incidenti stradali, quindi è abbastanza comprensibile la ragione per cui lo Stato non si affida al buonsenso dei cittadini, ma prescrive un obbligo di questo genere. A dire la verità sarebbe nell’interesse di tutti avere la certezza e la garanzia di circolare su un veicolo sicuro, ma purtroppo, come abbiamo constatato in questi anni “sul campo”, non è così. Andiamo oltre.

Il primo controsenso del settore revisioni è proprio la natura di chi effettivamente svolge i controlli sui veicoli. Abbiamo parlato di obbligo imposto dallo Stato, quindi sarebbe ragionevole pensare a soggetti pubblici come la Motorizzazione Civile, ma in Italia dal 1997 funziona diversamente. Con il cambio della periodicità del controllo ministeriale da decennale alla formula attuale “4+2+2”, le strutture pubbliche non sono più state in grado di gestire l’ingente nuova mole di lavoro, quindi hanno delegato i centri di revisione privati ad esercitare sul territorio questa funzione. Privato/pubblico, un ossimoro a tutti gli effetti. Coloro che fino al giorno prima smontavano pneumatici, sostituivano frizioni e riparavano motori sono improvvisamente diventati funzionari dello Stato a tutti gli effetti, senza però avere alle spalle un adeguato percorso formativo ed un sistema in grado di funzionare correttamente. La revisione ministeriale diviene così business, un servizio come un altro erogato da autofficine e centri di revisione, ma con il valore aggiunto di poter indurre il cliente ad eseguire altri lavori presso la propria struttura. – I pneumatici sono troppo usurati per poter superare la revisione ministeriale, sono da sostituire – Già, ma la sostituzione degli pneumatici viene imposta per “garantire la salvaguardia della sicurezza stradale” o per il compenso? La riposta potrebbe anche essere “entrambi” in questo caso, ma è ineccepibile il principio per cui un giudizio veritiero ed affidabile deve necessariamente essere libero ed imparziale: in questo caso non lo è. E se la riparazione andasse oltre alle competenze del meccanico o semplicemente non ci fosse il tempo materiale per eseguirla? Sia chiaro, l’intento di questo articolo non è quello di etichettare come disonesti o furbacchioni alcuni soggetti o determinate categorie, ma semplicemente portare alla luce semplici realtà sotto gli occhi di tutti. Se un privato decide di fare impresa in questo settore lo fa per guadagnare, non certo per diventare paladino della giustizia sociale: le imprese sono imprese, non o.n.l.u.s.

Guadagnare da una funzione pubblica in realtà non è un problema, ma se la natura del servizio viene intaccata dalla ricerca del guadagno lo diventa, eccome se lo diventa. Lo Stato opera in regime di monopolio, i privati in libera concorrenza: la revisione “pubblica” eseguita ad opera dei funzionari della Motorizzazione Civile segue un unico protocollo da Aosta a Palermo, quella privata invece è costruita a misura del cliente/automobilista. “Marco Revisioni garantisce revisioni in 15 minuti per i clienti frettolosi, Rossi Car Milano invece è noto per essere poco severo nel giudizio, ma non dimentichiamo Car Service SRL che sconta la tariffa ministeriale imposta dalla legge.”  Tutto questo non è sicuramente per cercare a tutti i costi di garantire il più possibile la sicurezza stradale e la salvaguardia dell’ambiente: sono affari, solo affari. Il disperato tentativo di accaparrarsi a tutti i costi nuovi clienti ha contribuito alla degenerazione del concetto di controllo tecnico del veicolo sminuendolo al punto tale che oggi la revisione ministeriale è rappresentata da un misero talloncino cartaceo con riportante la dicitura “revisione regolare” al costo di 66,88€. Questo è il frutto degli oltre vent’anni di mala educazione impartita ai cittadini dei primi centri di revisione attivi sul territorio e tutti ne pagano le conseguenze: il cliente ormai questo vuole ed in un modo o nell’altro lo ottiene. Un centro revisioni non è disposto a certificare come regolare un veicolo difforme? Nessun problema, un altro nel raggio di 5Km lo farà senz’altro per la gioia dell’automobilista ignaro che magari avrà la faccia tosta di recensire negativamente il primo centro. “1 stella su 5 – Dopo aver aspettato un ora mi hanno detto che la revisione non sarebbe stata regolare per il parabrezza rotto. Sono andato da un’altra parte e me l’hanno fatta in 5 minuti senza problemi. Sconsiglio vivamente”. Tutto ciò succede veramente, in Italia, nel 2020.

La parte più bizzarra di tutta questa vicenda è la modalità con cui la Pubblica Amministrazione ha cercato inutilmente di contrastare la giungla dei centri di revisione privati che sin dal principio hanno dimostrato di non essere all’altezza del ruolo sociale affidatogli dallo Stato. Alcune imprese effettuavano oltre cento revisioni al giorno quando il tempo medio per un controllo accurato è di circa 20/25 minuti mentre altre stampavano l’etichetta attestante la revisione regolare direttamente sui libretto senza neanche vedere il veicolo. Il sistema non funzionava, era un dato di fatto. Un buon architetto – ma anche un comunissimo muratore – non edificherebbe mai su una base poco solida, ma i direttori generali della Motorizzazione, in barba ad ogni logica, hanno letteralmente costruito una splendida cattedrale su fondamenta di cartapesta. I centri di revisione sono stati man mano equipaggiati di attrezzature informatizzate (Protocollo Mctc Net 1/2) per garantire il rispetto della normativa da parte degli operatori, ma ogni tipo di controllo è stato eluso con semplicità. È stata addirittura introdotta nel lontano 2003 una formazione obbligatoria per il “responsabile tecnico” – l’operatore addetto al controllo dei veicoli -, ma il più delle volte questa figura coincideva con un dipendente della struttura senza alcun potere decisionale: ora sapeva quello che doveva fare, ma non poteva comunque farlo. Dipendente o titolare poco cambia: i primi sono subordinati al titolare che a sua volta è subordinato alle logiche del mercato, i secondi sono semplicemente “schiavi” dei propri clienti e quindi del mercato. [Curiosità – Dal 2015 i centri di revisione sono stati dotati di fotocamera per certificare l’effettiva presenza del veicolo in sede. In alcune realtà è stato appurato che è il cliente stesso a fotografare la propria auto inviando l’immagine al centro revisioni che provvede a visualizzarla su un tablet posto davanti alla fotocamera ufficiale: viene immortalato un veicolo che di fatto, non ha mai eseguito il controllo ministeriale. Eppure l’etichetta afferma il contrario. Tutto questo sempre in Italia, nel 2020.]

Arrivati a questo punto, anche un idiota è in grado di comprendere che forse i problemi del settore vanno leggermente oltre alla questione dei macchinari e delle attrezzature. Finchè converrà, anzi, sarà necessario eludere il sistema per accaparrarsi i clienti non più per straguadagnare, ma semplicemente per tirare a campare, tutti i centri di revisione saranno costretti a farlo, chi più, chi meno. Già, perchè nel frattempo il business delle revisioni è stato fiutato da parecchie autofficine e le imprese abilitate sono cresciute a dismisura superando di gran lunga il fabbisogno effettivo: c’è troppa concorrenza e purtroppo a rimetterci è sempre più il concetto di “controllo tecnico del veicolo” e di conseguenza la sicurezza stradale. Come invertire la tendenza? Innanzitutto, occorre prendere atto della presenza di oltre 9000 imprese private che si occupano di revisioni ministeriali: non hanno avuto una buona condotta negli anni, ma non si può certo eliminarle o portarle al fallimento. Nell’interesse di tutti, titolare dei centri di revisione in primis, andrebbe svincolato da ogni conflitto d’interesse l’operatore che materialmente svolge il controllo sui veicoli garantendo così il principio di imparzialità che avvalora il giudizio. Non è fantascienza, ma si tratta del cosiddetto principio di terzietà previsto dalla normativa europea 2014/45eu che avrebbe dovuto rivoluzionare il sistema delle revisioni ministeriali dal 2014 in poi, ma ad oggi in Italia siamo ancora vergognosamente fermi. Sicuramente da porre sotto analisi la situazione di alcune strutture private in cui la figura del titolare coincide con quella dell’operatore che esegue materialmente il controllo sul veicolo: possono considerarsi imparziali? Pare proprio di no.

Per gli operatoriPer gli utenti

Lo scorso 24 Aprile si è tenuto presso la sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il primo incontro per discutere la concessione a privati delle revisioni dei veicoli trasporto merce con massa superiore a 35 q.li. introdotta dalla legge n.145/18 (link). Oltre ai vertici della Motorizzazione Civile, le associazioni di categoria e le rappresentanze delle numerose realtà del settore autotrasporto, presente una delegazione di AICC (Associazione Ispettori Centri di Controllo) in quanto, come previsto dall’accordo Stato-regioni n. 65 csr del 17 Aprile 2019 (link), l’autorizzazione alla revisione dei cosiddetti “pesanti” è riservata unicamente agli ispettori già abilitati al controllo dei veicoli leggeri. Per gli ex-responsabili tecnici privati della revisione ministeriale sarà sufficiente il superamento di un corso di 50 ore (modulo C), mentre per gli esterni che vorranno accedere alla professione, oltre al conseguimento del modulo C, le ore saranno 296 (modulo A+B) che scendono a 176 per i laureati in ingegneria meccanica (modulo B). Come descritto molto esplicitamente nella risposta alla convocazione inviata al Ministero dei Trasporti, l’unico impegno dell’Associazione ICC sarà garantire l’indipendenza di giudizio dei futuri ispettori affinchè possano agire con professionalità senza conflitti d’interesse. Nonostante questa posizione non fosse stata condivisa con la platea dal delegato AICC David Brescianini (responsabile di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta)(foto di destra), la gran parte dei relatori hanno espresso opinioni affini memori del grande flop che fu la liberalizzazione delle revisioni dei “leggeri” avvenuta oltre vent’anni fa e di cui tutt’ora si pagano le conseguenze. Oggi come allora le imprese private sono chiamate a subentrare alla Motorizzazione Civile incapace di gestire l’ingente mole di lavoro, una grande opportunità di business per gli imprenditori, ma con effetto boomerang se gestita approssimativamente. La revisione ministeriale è in primis sicurezza stradale, ma è anche il principale motore dell‘automotive in quanto genera introiti in tutto il settore incentivando l’autoriparazione ed il commercio di veicoli, due mercati in crisi a causa della “leggerezza” dei controlli sui veicoli di massa inferiore a 35q.li. Per evitare le conseguenze dalla concorrenza sleale fra imprese concorrenti numerosi relatori hanno proposto la terzietà dell’ispettore rispetto al centro di controllo da autorizzare mediante “concessione” (non autorizzazione) per garantire allo Stato il potere di revoca se la buona condotta dell’attività dovesse venire a mancare. Aperta anche una parentesi sull’inefficienza degli attuali controlli da parte della Motorizzazione Civile sui centri di controllo privati, un deficit assolutamente da risolvere considerando la pericolosità dei veicoli pesanti ed il grave impatto che potrebbero avere sulla sicurezza stradale se controllati inadeguatamente. Degna di nota la proposta di affidare il nuovo incarico ad attività esterne all’autoriparazione per eliminare il conflitto d’interesse “cliente-meccanico”, aspetto controverso del sistema revisioni italiano già ammonito dall’Europa con la direttiva 2014/45ue (link). Malgrado questa valide proposte, pare ci sia un ostacolo insormontabile: il comma 1149 e 1150 della legge di bilancio n.145/18 integrano l’articolo 80 del c.d.s. riferito ai “veicoli a motoreescludendo di conseguenza tutti i rimorchi, una fetta notevole del parco circolante “pesante” che rimarrebbe di competenza della Motorizzazione Civile vanificando il progetto di rendere più efficiente il settore.

Dirigenza della Motorizzazione Civile presente alla riunione del 24 Aprile 2019


Chilometri revisione

L’ultimo aggiornamento del Portale dell’Automobilista risalente a metà Luglio 2018 ha reintrodotto lo  storico delle revisioni effettuate a partire dal 1° Giugno 2018 (immagine di sotto) (approfondimento).

Messaggio presente sulla pagina del servizio di consultazione dei chilometraggi sul Portale dell’Automobilista

Gli effetti di tale provvedimento si dovrebbero manifestare da Giugno 2019 per i veicoli con periodicità del controllo ministeriale annuale (taxi, n.c.c., autoambulanze ecc.) e dall’anno successivo per tutti gli altri veicoli, ma il sistema è già stato messo alla prova in diverse occasioni prima del previsto. L’esigenza di pubblicare le percorrenze rilevate durante la revisione nasce per contrastare la cosiddetta truffa dei chilometri che interessa più del 50% dei veicoli di seconda mano in vendita (fonte Nonprendermiperilchilometro), un flagello che danneggia in primis il consumatore, ma anche le imprese oneste del settore. I limiti del servizio “Verifica ultima revisione” (tool del Portale dell’Automobilista che consente la sola consultazione dei dati relativi all’ultima revisione effettuata) in vigore precedentemente sono ben noti e molti utenti sono stati danneggiati dall’effetto boomerang derivante dall’utilizzo truffaldino dello stesso. Considerando che ogni revisione sovrascriveva i dati rilevati durante la precedente, era molto semplice per i commercianti disonesti cancellare ogni prova informatica della truffa potendo contare sulla presunta certificazione (falsa) generata del Portale dell’Automobilista. Dopo la rimozione fisica dell’etichetta adesiva attestante l’eventuale revisione sospetta dalla carta di circolazione e l’alterazione dell’odometro, il veicolo era a tutti gli effetti ringiovanito e pronto per per un altro controllo ministeriale avente come unico fine la cancellazione dal Portale dell’Automobilista del reale chilometraggio (fenomeno della doppia revisione o revisione anticipata in quanto il più delle volte veniva eseguita in anticipo rispetto alla regolare scadenza). Tralasciando i vari trascorsi (approfondimento), dal 1° Giugno 2018 si può veramente considerare finita l’era delle truffe con il pretesto della revisione ministeriale, ma solo per coloro che sono attenti alle indicazioni (ATTENZIONE, SONO CAMBIATE LE PROCEDURE!).

Prendiamo in considerazione il seguente veicolo andato all’asta nel Gennaio 2019 con 187518 chilometri all’attivo (foto di sotto) (fonte gruppo Facebook di Nonprendermiperilchilometro).

Considerando che non tutti i potenziali acquirenti del veicolo sono a conoscenza di questo dato, il primo controllo che solitamente viene eseguito per accertare la veridicità del chilometraggio  è la consultazione del Portale dell’Automobilista ed il risultato è il seguente:

Per gli utilizzatori delle varie app disponibili per smartphone che comunque fanno riferimento ai dati pubblici messi a disposizione dal Portale dell’Automobilista il risultato è il medesimo (in ordine lo screenshot da Infotarga, Scanner Veicoli ed  iTarga):

Tutto torna, almeno apparentemente. L’accattivante veicolo in vendita con poco meno di 120000 chilometri il 27 Febbraio 2019 ne registrava 116550, un dato perfettamente in linea con le aspettative e con quanto indicato dalla carta di circolazione del veicolo (sul libretto è presente una sola etichetta attestante la revisione ministeriale del 27/02/2019). Una cosa non torna: che fine hanno fatto le tracce informatiche della revisione effettuata in data 4 Dicembre 2018 nella quale sono stati registrati dall’operatore 187238 chilometri? Stando a quanto riportato sul Portale dell’Automobilista, “la successione storica dei dati di revisione” dovrebbe essere disponibile “per le operazioni effettuate successivamente al 1° Giugno 2018”, ma c’è un piccolo particolare che quasi tutti ignorano, forse perchè scritto tra parentesi. Solo gli utenti registrati sul Portale dell’Automobilista hanno accesso alla cronologia delle revisioni, un servizio indispensabile  per prevenire le truffe dei chilometri con l’escamotage della cosiddetta revisione anticipata. Dopo aver effettuato registrazione e login sul Portale dell’Automobilista come cittadino, oltre al servizio “Verifica ultima revisione” è disponibile “Verifica revisioni effettuate” (Home/Accesso ai servizi/Verifica revisioni effettuate), ma fate attenzione, potrebbero comparire brutte sorprese… 

Di seguito un altro caso, un veicolo che a distanza di un giorno è stato sottoposto a due revisione ministeriali; nella prima sono stati registrati quasi 300000Km, nella seconda all’incirca la metà (immagine di sotto) (screenshot da Infotarga):

La consultazione del Portale dell’Automobilista in modalità pubblica omette la revisione con il chilometraggio reale perchè sovrascritto dalla successiva (revisione anticipata(immagine sotto),

ma accedendo all’area riservata riemergono le prove di un probabile tentativo di truffa (immagine sotto).

Cosa aspetti a registrarti? Clicca qui e segui le indicazioni!

N.B. Per il momento il servizio “Verifica revisioni effettuate” non è disponibile per gli account professionali dei centri di revisione.

NEW – Clicca qui per leggere la guida alla consultazione dello storico delle revisioni – NEW

Per gli operatoriPer gli utenti

Nelle precedenti analisi (passato) (presente) si è parlato degli innumerevoli fallimenti imprenditoriali che hanno generato concorrenza sleale ai danni del sistema revisioni, ma non è corretto attribuire tutte le responsabilità allo Stato. Titolari di imprese senza scrupoli esistono in ogni settore, così come fornitori di attrezzature e servizi che fanno il proprio interesse, ma per completare il quadro è utile citare coloro che materialmente eseguono i controlli sui veicoli. Che si voglia chiamarli responsabili tecnici, ispettori, omini della revisione o meccanici poco cambia: la categoria degli operatori addetti alla revisione ministeriale non esiste e di questo passo non esisterà mai. Le problematiche connesse all’esercizio di questa professione sono molteplici, dall’assenza di un contratto nazionale dedicato alla mancanza di formazione adeguata, dal conflitto d’interessi con il proprio titolare all’assenza di supporto da parte della Motorizzazione Civile, ma perchè nessuno si adopera per migliorare la situazione? La speranza nella Divina Provvidenza fa parte della cultura dell’italiano medio ed il responsabile tecnico sposa perfettamente questa filosofia di vita, la breve storia di questo settore insegna. Negli anni sono nate diverse associazioni di categoria con lo scopo di valorizzare questa figura professionale (A.I.R.T.R.A., Vai Sicuro, A.R.T.I), ma l’indifferenza generale ha fatto tramontare ogni progetto. Da poco più di tre anni ha preso piede l’Associazione ICC (Ispettori Centri di Controllo) che grazie al notevole impegno del presidente Gianluca Massa e di tutto il team del direttivo sopravvive, ma non ottiene sicuramente il seguito che meriterebbe considerando l’obbiettivo raggiunto della convocazione al tavolo tecnico del Ministero dei Trasporti. La gran parte degli operatori lamenta situazioni estremamente gravi, ma per quale motivo accettano di lavorare in condizioni di sfruttamento, nell’illegalità e col rischio di conseguenze panali? Vittimismo e scarico di responsabilità, ecco altre due peculiarità all’italiana che in questo caso vengono espresse alla perfezione, ma la legge parla chiaro: il responsabile tecnico che accetta di scendere a compromessi è colluso al sistema marcio e non può nascondersi dietro alle pressioni del titolare. In fin dei conti chi per anni ha avuto un’occupazione fissa (comma 2 art 240 del c.d.s) svolgendo una mansione fisicamente leggera se confrontata agli altri lavori da autofficina non ha interesse a mettere a repentaglio la propria condizione “privilegiata”, questa è la realtà. Con la legge di bilancio 2019 (art. 1049-1050) lo Stato riserva a questa categoria la possibilità di ampliare il raggio d’azione ai veicoli di massa superiore a 35q.li esclusi quelli destinati al trasporto di merci pericolose o in regime di ATP (approfondimento tratto dal Dossier della Camera dei Deputati). Premio o punizione? Difficile a dirsi, ma in ogni caso va riconosciuto che la gran parte dei responsabili tecnici non possiede nemmeno le competenze minime per mantenere la professione come prescritto dalla normativa europea 2014/45ue (link) recepita in Italia con i decreti D.M. 214 (link) e D.D 211 (link). La fortuna di molti è il comma 2 dell’articolo 13 del D.M. 214: “gli ispettori già autorizzati o abilitati alla data del 20 Maggio 2018 sono esenti dal possesso dei requisiti”, ma saranno all’altezza della figura che dovranno rappresentare? Nel frattempo le anteprime di certificato di revisione che sarà obbligatorio dal 1° Aprile 2019 dimostrano chiaramente l’indipendenza dell’ispettore rispetto al centro in cui viene eseguito il controllo: è forse l’inizio di una netta separazione fra le due entità? Probabilmente sì, ma questo ruolo da protagonista  non piacerà agli inetti che per anni hanno mantenuto la professione perchè convinti di navigare in acque sicure: è l’inizio della selezione naturale. La centralità dell’ispettore che tanto spaventa i titolari dei centri di controllo e le relative associazioni di categoria potrebbe essere la soluzione a tutti i problemi del settore in quanto diminuirebbero le spese fisse a carico delle attività.  Abrogando il già citato comma 2 dell’art. 240 del c.d.s. le imprese sarebbero libere dall’obbligo di assumere come dipendente il responsabile tecnico che a sua volta sarebbe svincolato dal principio di esclusività verso un unico centro; le revisioni potrebbero essere gestite come quelle degli autocarri con ingegnere MCTC esterno e pagato a prestazione (no malattia, no ferie, no TFR, ma nemmeno compensi da operaio generico). I costi di formazione ed aggiornamento prescritti dal comma 2 dell’allegato IV (link) del D.M. 214 saranno l’ennesimo flagello per le imprese, ma solo ragionando secondo i vecchi schemi. Al pari di un libero professionista dovrebbe essere premura e onere dell’ispettore rendersi idoneo al mercato del lavoro in quanto maggiori competenze gli consentiranno di ottenere migliori opportunità. L’articolo 80 del c.d.s. andrebbe frazionato sulla base delle abilitazioni dell’ispettore e della attrezzature-locali dei centri di controllo, altrimenti affonderebbero il 50% delle imprese del settore. Le attrezzature prescritte dall’allagato III del D.M. 214 (link) (approfondimento) e obbligatorie entro il 20 Maggio 2023 lasciano intendere investimenti paragonabili a quelli relativi all’adeguamento per il protocollo MCTC Net 2 nel 2015: il Sig. Rossi citato nel precedente articolo potrà permettersi tutto ciò? I titolari di centri di controllo che non posseggono le dimensioni minime per esercitare la professione riusciranno a mettersi in regola con opere murarie o dovranno trasferire le proprie attività in locali idonei? L’alternativa non catastrofica potrebbe esistere, ma gli imprenditori dovranno rinunciare ad una fetta di mercato riequilibrando una volta per tutte il settore. Si potrebbe fare a meno del tanto odiato pedale pressometrico, ma il centro non sarebbe più autorizzato a revisionare veicoli sprovvisti di sistema antibloccaggio, ma non si tratterà di sole limitazioni. Perchè non estendere la revisioni dei veicoli di interesse storico e collezionistico immatricolati prima del 1960 ad ispettori che anno superato specifici corsi? Nel frattempo diventa sempre più concreta l’ipotesi della concessione di collaudi ad impianti GPL e ganci di traino ai privati vista e considerata l’evidente difficoltà della Motorizzazione Civile nel gestire queste pratiche (immagine sotto). Pura fantascienza? Staremo a vedere.

Per gli operatoriPer gli utenti

Dopo aver analizzato il passato del settore revisioni (link articolo), è bene approfondire il presente per poter avanzare delle ipotesi attendibili sul futuro, ammesso che ci sia un futuro. Per cominciare, un fatto avvenuto circa un anno fa, un esempio delle migliaia di realtà esistenti sul territorio che esamineremo successivamente:

“18 Luglio 2018: Un cliente si presenta in officina chiedendo di carburare un vecchio motard anni 90 che a seguito di una revisione periodica era stato sospeso dalla circolazione per le emissioni inquinanti oltre i limiti di legge. Disponendo di  un analizzatore, prima di effettuare un qualsiasi intervento meccanico decido di testare a mia volta i gas di scarico simulando la prova che avviene durante il controllo ministeriale. Primo problema: la sonda generica di prelievo non entra correttamente nel terminale scarico a causa di un impedimento meccanico. Si può considerare veritiero il test? Assolutamente no, ma questa deduzione è frutto di una conoscenza che va ben oltre il “verde-regolare, rosso bocciato*”, una conoscenza che dovrebbero avere tutti i tecnici abilitati dal Ministero dei Trasporti. Il referto complessivo della revisione conferma la mia ipotesi: la sonda di prelievo aspira aria oltre ai gas di scarico del veicolo alterando i valori della prova e compromettendo l’esito del controllo tecnico. Sicuramente il collega non conosceva il Decreto 20 Giugno 2003 – G.U. 145 15/6/2013 (link), in particolare i punti che definisco le diverse modalità di esecuzione del test a seconda del diametro interno del terminale di scarico: <<Accertare che lo scarico del veicolo sia a tenuta e che il sistema di controllo delle emissioni, se esiste, sia costituito dall’equipaggiamento previsto dal costruttore. Sono ammessi eventuali ingressi supplementari di aria se previsti dal costruttore.  Introdurre nella tubazione di scarico la sonda di prelievo dei gas da 6 mm per almeno 100 mm, con diametri interni dello scarico da 12 a 20 mm. Introdurre nella tubazione di scarico la sonda di prelievo dei gas da 10 mm per almeno 200 mm, con diametri interni dello scarico maggiori di 20 mm. Per la particolare conformazione della tubazione di scarico o con diametro interno inferiore a 12 mm o in alternativa alle condizioni precedenti occorre prolungare lo scarico attraverso l’uso di una prolunga metallica di almeno 400 mm (þ 5 mm) con diametro interno di 50 mm (þ 5 mm) (raggiunto in modo graduale) verificando che il collegamento sia a tenuta e che la sonda sia introdotta nella prolunga per almeno 300 mm.>> Benissimo, dopo aver appurato che il motociclo fosse a norma con le emissioni inquinanti, mi metto in contatto con il responsabile tecnico che ha eseguito la revisione per concordare il giorno del riesame. Con piacere scopro che si tratta di una ragazza, la Sig.rina Rossi**, figlia del titolare dell’impresa che si occupa di pneumatici e revisioni ministeriali. L’indomani mi presento all’appuntamento con il motociclo ed una copia della normativa precedentemente citata, pronto ad un confronto professionale con la collega. Contro ogni pronostico, dopo pochi scambi di opinione, il Sig. Rossi** si rende conto che la figlia si stava letteralmente arrampicando sugli specchi e ci interrompe: -5 minuti e arriva il ragazzo, è meglio se parli con lui-. Per chi non avesse inteso, l’organizzazione del centro era la seguente: l’operaio generico svolge materialmente la revisione ministeriale mentre l’impiegata d’ufficio firma i referti essendo l’unica in possesso dell’abilitazione. Molto probabilmente non sapevano dell’esistenza della circolare A33/99/MOT prot. n. 1928/FP3 (link), anzi, sicuramente, poichè un gommista ed un responsabile tecnico con alle spalle un misero corso di 32 ore non possono conoscere la normativa nel dettaglio:<<[..]Deve ritenersi non dato al responsabile tecnico di delegare ad altri anche semplici fasi del suo compito: egli deve presenziare e certificare personalmente tutte le fasi che si riferiscono alla sua responsabilità e che sono direttamente connesse alla sicurezza stradale del mezzo>>. Torniamo a noi. Dopo aver convinto l’operaio ad utilizzare l’attrezzatura congrua al motociclo (immagine sopra), finalmente viene avviato il controllo ministeriale: sono le ore 13:40. Tralasciando una serie di malfunzionamenti della linea revisioni di bassa qualità, la goffaggine dell’operatore e l’inesperienza con lo strumento che aveva da poco rispolverato, la revisione procedeva molto lentamente e non ero l’unico ad accorgermene. Alle ore 14:05 eravamo ancora in alto mare ed i clienti cominciavano a far pressione al Sig. Rossi che non poteva posizionare i veicoli sui ponti sollevatori in quanto la revisione in corso ostruiva l’unico accesso. Ore 14:25: finalmente si arriva al dunque e la regolare attività del gommista può riprendere, di corsa naturalmente vista la mole di lavoro accumulatasi nel frattempo. Ricordo molto bene le ultime parole del Sig. Rossi prima dei saluti: – Ma chi me l’ha fatto fare di aprire il centro revisioni? Dovessi tornare indietro…mai più!”-.

(*)Nei software che gestiscono la revisione ministeriale, solitamente i valori regolari vengono contrassegnate in verde mentre quelli irregolari in rossa. (**)Nome di fantasia.

A seguito di questo breve aneddoto, è interessante stimare la mole dei Sig. Rossi presenti sul territorio, ovvero gli autoriparatori che hanno acquistato una linea revisioni unicamente per dare un servizio aggiuntivo ai clienti. Per l’ennesima volta tornano utili i dati forniti da Osservatorio Revisione Veicoli, in particolar modo il grafico seguente:

Oltre il 50% dei centri di revisione non arriva a 1500 revisioni annue, una mole di lavoro che lascia intendere si tratti di imprese ibride che si occupano contemporaneamente di autoriparazione e controllo ministeriale. Siamo sicuri che questo allontanamento dal core business (fonte principale di guadagno di un’azienda) sia stato un buon investimento? Chi si occupa da anni di revisioni ministeriali è ben avvezzo alla semplicità con cui si perde clientela, ma un gommista, ad esempio, sarebbe disposto a perdere una flotta aziendale di dieci veicoli commerciali a cui sostituisce regolarmente gli pneumatici per una misera revisione (66,88€ contro migliaia di euro)? Le opzioni sono due, in entrambi i casi controproducenti: scendere a compromessi con le revisioni ministeriali rischiando guai penali oppure operare secondo il protocollo perdendo matematicamente preziosi clienti. Non si tratta di deduzione, ma è un dato di fatto: molti imprenditori sono coscienti di essersi immischiati in un settore che non riescono a gestire vista la radicale differenza con le dinamiche dall’autoriparazione in generale. Come se non bastasse, la scelta il più delle volte non è frutto di un business plan accurato, ma il meccanico si può definire vittima del marketing spietato dei venditori di strumentazioni che promettono facili guadagni senza menzionare tutte le problematiche del settore. Un po’ il commercialista che consiglia di acquistare attrezzatura per abbassare gli utili, un po’ i piani di ammortamento favorevoli che vengono proposti ultimamente, ed ecco che il Sig. Rossi firma la condanna a morte della propria piccola impresa. Da menzionare anche coloro che hanno aperto per necessità: l’autofficina con centro revisioni “di fiducia” a cui indirizzavano i propri clienti per il controllo ministeriale il più delle volte cercava di promuovere altri servizi generando un conflitto d’interessi (nell’immagine di destra un punto della campagna dell’associazione di categoria Asso.Car). Lo Stato darà una seconda chance ai vari Sig. Rossi o sarà il mercato a fare piazza pulita?

Per gli operatoriTecnica

Le prime disposizioni riguardanti i limiti delle emissioni acustiche relative ai veicoli sono contenute nel D.P.R. 393/59 (link) (vecchio codice della strada), più precisamente nel regolamento di esecuzione D.P.R 420/59 (link) del 30 Giugno 1959.

Segnalatore acustico autoveicoli/motocicli:

<<Art. 211) Ogni dispositivo applicato su un veicolo, nelle condizioni normali di montaggio, alimentato dalla batteria carica, o nel caso di dispositivi alimentati da alternatore, per una velocità di rotazione di esso di 1800 giri/minuto, deve dare un livello sonoro soggettivo, misurato sull’asse del veicolo, a 30 metri davanti ad esso, non inferiore ai valori seguenti:

  • a) 80 dB per i dispositivi di segnalazione acustica di autoveicoli, filoveicoli e motoveicoli;
  • b) 75 dB per i dispositivi di segnalazione acustica dei motocicli aventi cilindrata non superiore a 125 cc.;
  • c) 70 dB per i dispositivi di segnalazione acustica del ciclomotori; [..]>>

Emissioni acustiche autoveicoli/motocicli:

<<Art. 214) I dispositivi silenziatori debbono essere realizzati in maniera che il livello sonoro del rumore emesso dal motore non superi i limiti sottoindicati per ogni categoria di veicoli (durante le prove di revisione va considerato il valore riportato sulla carta di circolazione):

  • A – Ciclomotori = 83 dB
  • B – Motocicli di cilindrata non sup. a 200 cc a 2 tempi = 87 dB
  • C – Motocicli di cilindrata non sup. a 200 cc a 4 tempi 90 dB 
  • D – Tutti gli altri motoveicoli + 92 dB 
  • E – Autovetture con motore a scoppio di cil. non sup. a 100 cc= 88 dB 
  • F – Autovetture con motore a scoppio di cil. sup. a 1000 e inferiore od uguale a 1500 cc = 90 dB 
  • G – Tutti gli altri autoveicoli = 93 dB [..]

Art. 215 [..] [METODO 1] Il rilevamento deve essere eseguito con il microfono sistemato posteriormente al veicolo sull’asse longitudinale di questo a 7 metri di distanza dal piano normale all’asse stesso contenente il centro della sezione di uscita dei gas di scarico, e ad altezza compresa tra metri 1,00 e 1,25 dal suolo. Nessun ostacolo deve frapporsi fra il veicolo ed il microfono. La prova deve essere effettuata con motore stabilizzato al regime di potenza massima senza scarico esterno .>>

Con la direttiva 70/157 CEE del 6 Febbraio 1970 (link) vengono modificate la procedura di verifica delle emissioni acustiche per gli autoveicoli e introdotti nuovi limiti:

[METODO 2]<< Posizione del fonometro: Il punto di misura è il punto X indicato nella figura 2 che si trova a una distanza di 7 metri dalla più vicina superficie del veicolo. Il microfono è collocato a 1,2 metri dal suolo. [..] Il motore di un veicolo senza regolatore di velocità è portato al regime che dà un numero di giri equivalente ai tre quarti del numero dei giri al minuto che, secondo il costruttore, corrisponde alla potenza massima del motore. [..] Il livello sonoro dei veicoli di cui all’articolo 1 della presente direttiva , misurato nelle condizioni previste dal presente allegato, non deve superare i seguenti limiti :

  • 1.1 . Veicoli per il trasporto di persone, con al massimo nove posti a sedere, compreso quello del conducente:  82dB
  • 1.2. Veicoli per il trasporto di persone, con più di nove posti, compreso quello del conducente, aventi un peso massimo autorizzato non superiore a 3,5 tonnellate:  84dB
  • 1.3 . Veicoli per il trasporto di merci, aventi un peso massimo autorizzato non superiore a 3,5 tonnellate:  84dB>>

L’entrata in vigore della sopra citata direttiva è dal 1° Marzo 1974 al 1° ottobre 1975, come previsto dalla successiva direttiva 73/350 CEE (link). La direttiva 77/212CEE del 8 Marzo 1977 (link) irrigidisce ulteriormente i limiti prefissati dalla precedente normativa entro e non oltre il 1° Ottobre 1982:

<<

  • 1.1.1 . Veicoli per il trasporto di persone, con al massimo nove posti a sedere, compreso quello del conducente80dB
  • 1.1.2. Veicoli per il trasporto di persone, con più di nove posti, compreso quello del conducente, aventi un peso massimo autorizzato non superiore a 3,5 tonnellate:  81dB
  • 1.1.3 . Veicoli per il trasporto di merci, aventi un peso massimo autorizzato non superiore a 3,5 tonnellate:  81dB >>

(Durante le prove di revisione va considerato il valore riportato sulla carta di circolazione, i valori sopra citati sono relativi all’omologazione con prova in marcia)

La direttiva 81/334CEE del 11 Aprile 1981 (link) modifica ulteriormente la procedura per l’analisi delle emissioni acustiche relative agli autoveicoli (entrata in vigore entro dal 1° Gennaio 1982 al 1° Ottobre 1985):

[METODO 3] <<Per facilitare successivamente il controllo del rumore dei veicoli in circolazione, il livello sonoro deve essere misurato vicino alla imboccatura del dispositivo silenziatore di scarico, conformemente alle seguenti prescrizioni [..] Il microfono dev’essere collocato all’altezza dell’orifizio di uscita del tubo di scarico, ma comunque a non meno di 0,2 m dalla superficie della pista. La membrana del microfono dev’essere orientata verso l’apertura di scarico dei gas ad una distanza di 0,5 m da detto orifizio. L’asse di sensibilità massima del microfono dev’essere parallelo alla superficie della pista e formare un angolo di 45 ± 10° rispetto al piano verticale in cui si trova la direzione d’uscita dei gas di scarico (fig. 2). [..] Il motore deve funzionare costantemente a 3/4 del regime (S) al quale esso sviluppa la sua potenza massima. Appena stabilizzato il regime, il comando dell’acceleratore deve essere riportato rapidamente nella posizione di « minimo ». Il livello sonoro dev’essere misurato per una durata di funzionamento che comprenda un breve periodo a regime stabilizzato e tutta la durata della decelerazione, prendendo come risultato valido l’indicazione massima del fonometro. >>

Per quanto riguarda i motoveicoli, le nuove modalità di misurazione ed i nuovi limiti di emissione acustica vengono introdotti dalla direttiva 97/24CE (link) del 17 Giugno 1997 (entrata in vigore entro il 17 Giugno 1999):

[METODO 4]<<[..]per facilitare successivamente il controllo del rumore di motocicli in circolazione, il livello di pressione sonora deve essere misurato vicino all’uscita del dispositivo di scarico [..] Il microfono deve essere collocato all’altezza dell’uscita del tubo di scarico, comunque a non meno di 0,2 m dalla superficie della pista. La capsula del microfono deve essere orientata verso l’apertura di scarico dei gas ad una distanza di 0,5 m. L’ asse di sensibilità massima del microfono deve essere parallelo alla superficie della pista e formare un angolo di 45° ±10° rispetto al piano verticale in cui si trova la direzione d’uscita dei gas di scarico (figura 2) [..] Il regime del motore deve essere tenuto costante a uno dei seguenti valori:

  • S/2 , se S è superiore a 5 000 giri/minuto
  • 3S/4, se S è inferiore o pari a 5 000 giri/minuto
    (S = regime al quale il motore sviluppa la potenza massima)

Appena raggiunto il regime costante, il comando dell’acceleratore deve essere riportato rapidamente nella posizione di «minimo». Il livello sonoro deve essere misurato durante un periodo di funzionamento che comprenda un breve mantenimento del regime costante e tutta la durata della decelerazione, prendendo come risultato valido l’indicazione massima del fonometro. >>

I nuovi limiti relativi alle procedure di omologazione con veicolo in marcia sono i seguenti (durante le prove di revisione va considerato il valore riportato sulla carta di circolazione):

<<

  • Ciclomotori a due ruote <= 25Km/h     66dB
  • Ciclomotori a due ruote >25Km/h        71dB
  • Ciclomotori a tre ruote                          76dB
  • Motocicli <=80cm3                                 75dB
  • Motocicli >80cm3  <= 175cm3               77dB
  • Motocicli >175cm3                                  80dB
  • Tricicli                                                      80dB

L’aggiornamento della normativa per l’avvisatore acustico dei motoveicoli viene introdotto dalla direttiva 93/30/CEE (link) del 14 Giugno 1993 (entra in vigore entro il 14/6/1995):

<< Il livello di pressione sonora curva A emesso dal o dagli apparecchi montati sul veicolo è misurato ad una distanza di 7 m davanti al veicolo stesso; quest’ultimo è posto su un terreno libero da ostacoli e quanto più levigato possibile e, per i segnalatori acustici alimentati a corrente continua, a motore spento. Il microfono dell’apparecchio di misurazione deve essere collocato approssimativamente sul piano longitudinale mediano del veicolo. Il livello di pressione acustica del rumore ambiente e del rumore generato dal vento devono essere inferiori di almeno 10 dB(A) al livello sonoro da misurare. Il livello massimo di pressione sonora è ricercato in un segmento compreso tra 0,5 e 1,5 m di altezza dal suolo. Il valore massimo del livello sonoro della segnalazione sonora collaudata deve essere:

  • a) non inferiore a 75 dB(A) e non superiore a 112 dB(A) per la segnalazione dei ciclomotori;
  • b) non inferiore a 80 dB(A) e non superiore a 112 dB(A) per la segnalazione dei motocicli e dei tricicli di potenza inferiore o uguale a 7 kW;
  • c) non inferiore a 93 dB(A) e non superiore a 112 dB(A) per la segnalazione dei motocicli e dei tricicli di potenza superiore a 7 kW. >>

 

La circolare 88/95 (link) del 22 Maggio 1995 relativa alle “procedure di prova sui veicoli da sottoporre a revisione” raggruppa e riorganizza le direttive sopra citate come da tabella:

*La velocità di rotazione del motore dovrà essere quella indicata dalla carta di circolazione, da individuare mediante contagiri. In mancanze del dato andrà inserito il regime di rotazione corrispondente a quello di potenza massima.

**<<La velocità di rotazione del motore dovrà essere quella indicata dalla carta di circolazione, da individuare mediante contagiri. In mancanze del dato, dovranno prendersi:

  • Il regime di rotazione corrispondente a 3/4 del regime di potenza massima (per motori senza regolazione di velocità)
  • Il regime di rotazione corrispondente a quella massima consentita dal regolatore (per motori con regolatore di velocità)>>

[METODO 2 – AGGIORNAMENTO SECONDO LA CIRCOLARE 88/95]: <<La prova va condotta a 7m dall’asse del tubo di scarico sul lato sinistro rispetto alla direzione della circolazione e perpendicolarmente all’asse longitudinale del veicolo con il microfono posto a 1,20m di altezza dal suolo>>

Per quanto riguarda i motoveicoli, la circolare prot.7938/604 (link) del 29 Settembre 2000, in brave, dispone:

NB – Variazione per quanto riguarda l’analisi delle emissioni acustiche:<<Si prevede inoltre che quando le prove vengono condotte all’interno di locali chiusi, dove la presenza di fonti sonore di disturbo è stata verificata essere molto probabile, il limite di riferimento massimo ammissibile da non superare è, qualora il veicolo rispetti la direttiva 81/334CEE e successive(valido per autoveicoli e motoveicoli), quello indicato sulla carta di circolazione del veicolo aumentato di 2dB.>> (Circolare prot. 64/604 del 19/1/2005 link)

CONSIDERAZIONI

L’immagine di destra è utile per familiarizzare con le principali grandezze relativa al suono inerenti all’argomento:

Pressione sonora: Banalizzando i concetti possiamo definirla come l’effetto fisico dell’onda sonora sull’ambiente circostante. La sorgente (clacson, motore) genera una perturbazione alla normale pressione atmosferica che viene percepita come vibrazione dal ricevitore (timpano) dopo essersi propagata attraverso un mezzo (aria). L’unità di misura è il Pascal, ma trattandosi di valori molto piccoli si utilizza il µ(micro)-Pascal, ovvero il milionesimo di Pascal. Le variabili che influenzano la pressione sonora sono molteplici (potenza sonora della sorgente, densità del mezzo di propagazione…), ma ciò che ci interessa è la proporzionalità inversa con la distanza: con l’aumentare della distanza, la pressione sonora diminuisce.

Livello di pressione sonora: Il rapporto tra la pressione sonora ed una pressione sonora di riferimento che corrisponde alla soglia di udibilità (20 µ(micro)-Pascal) ed ha come unità di misura il deciBel, ovvero la decima parte del Bel. Il Bel è un’unità di misura logaritmica ed è stato introdotto per comodità al fine  di semplificare i rapporti tra le varie grandezze riducendo notevolmente il range di valori da considerare (la scala da 20 a 100.000.000 è stata ridotta da 0 a 140).

Livello di pressione sonora = 20log₁₀  (pressione sonora/pressione sonora soglia di udibilità)

Durante le rilevazioni fonometriche, considerando come noto il limite di livello sonoro dell’avvisatore acustico ad una certa distanza x, oppure del silenziatore di scarico ad una distanza y e con motore a regime di giri k, è possibile calcolare il livello sonoro teorico al variare della distanza tra sorgente (clacson, silenziatore) e ricevitore (fonometro). Grazie a questo tool (link) fornito da perizieambientali.com, possiamo “aggiornare” i vecchi limiti relativi all’avvisatore acustico di veicoli ormai sempre più rari in quanto, come minimo, ultraventennali.

  • 80dB (30m) = 92,6dB (7m)
  • 75dB (30m) = 87,6dB (7m)
  • 70dB (30m) = 82,6dB (7m)

Un’equazione simile si potrebbe applicare anche per le emissioni acustiche, ma probabilmente la diversa altezza ed orientamento del fonometro influirebbero sul valore equivalente (nulla di impossibile – esistono gli ingegneri anche per questo).

Al fine di semplificare e velocizzare i processi, non sarebbe utile uniformare le procedure? Quanti centri di revisione hanno i locali a norma per la prova fonometrica a 30m? Ha senso l’investimento per un capannone sovradimensionato solo per l’analisi di veicoli prossimi all’estinzione?

 

 

Confessioni di un RT

Buongiorno a tutti, mi chiamo Mario e questa è la mia esperienza ventennale come responsabile tecnico in provincia di Pavia. Ho iniziato nel 1998 presso un consorzio di autofficine che da subito hanno visto un business nell’opportunità di eseguire revisioni ministeriali come privati al pari della Motorizzazione Civile. L’obbiettivo principale di tutti non era tanto il miglioramento di servizio per i propri clienti, bensì la possibilità di aggirare il severo giudizio dei funzionari MCTC rimpiazzati con lavoratori subordinati, il più delle volte assunti senza competenze nel campo. Ricordo molto bene l’ispezione per il rilascio dell’autorizzazione ministeriale al centro per cui lavoravo: erano presenti il direttore della Motorizzazione, un funzionario, il rappresentante della casa costruttrice delle attrezzature, alcuni consulenti e tra documenti, libretti metrologici e misurazioni varie passai il giorno più formale della vita, dopo quello del matrimonio. Peccato che al primo giorno di operatività questo rigore venne meno e settimana dopo settimana mi rendevo sempre più conto di essere un semplice burattino nelle mani del sistema, ma tutto sommato non davo molto peso alla cosa. Ero incosciente, un giovane apprendista con conoscenze limitate di meccanica ed alle spalle un corso di 8 ore per imparare ad utilizzare i macchinari: non avevo la benchè minima idea di ciò che facevo. In queste condizioni era naturale seguire le indicazioni dei meccanici consorziati che avevano molta più esperienza di me, così mi trovai senza saperlo a fare il loro sporco gioco: –Massì, fammela passare questa, è un difetto di fabbrica!- oppure –dopo la sistemo, non ti preoccupare!– e così via. La mia bravura era legata alla velocità con cui lavoravo e la generosità con cui rilasciavo gli esiti: il piazzale era pieno, in 7 minuti chiudevo una pratica e come in catena di montaggio freni, gas e avanti il prossimo! (mi vengono i brividi solo a ripensarci). Successivamente vengo nominato responsabile tecnico ed inizio ad acquisire consapevolezza: la firma sui referti era la mia, non mi accontentavo più di una pacca sulla spalla o di un “bravo ragazzo“. Dai corsi ho appreso nel dettaglio la normativa, le responsabilità civili e ancor peggio quelle penali… non c’erano più scuse, rischiavo veramente grosso. Cambiai progressivamente il mio modo di operare rivalutando tutti i favori fatti (i classici “ho l’appuntamento dal gommista” e “dopo la riparo“): che garanzie avevo delle effettive messe in sicurezza dei veicoli difformi? Nessuna, e a dar credito alla mia ipotesi c’erano i risultati del database che avevo creato negli anni con l’elenco dei veicoli carenti revisionati comunque con esito regolare, una sorta di TARGA ALERT personale. Le auto a cui avevo abbuonato alcuni difetti ritornavano dopo due anni con gli stessi identici problemi: fine dei favori! D’ora in poi avrei lavorato correttamente assegnando il giusto esito alle revisioni dei veicoli, come era giusto che fosse. Certamente a suon di “ripetere” e “sospeso dalla circolazione” non ero più il bravo ragazzo di una volta, ma la mia priorità era diventata quella di tutelarmi. Gli unici che sfuggivano a questo nuovo modo di operare erano i meccanici che, in virtù dell’ingente numero di veicoli che portavano presso il centro, pretendevano un trattamento di favore, altrimenti minacciavano di andare altrove. Le cose sono leggermente migliorate con l’introduzione del protocollo MCTC Net 2 nel 2015: finalmente con la scusa dei nuovi software riuscivo a tenere a bada qualche cliente in più, ma la strada da percorrere per poter parlare realmente di sicurezza stradale è ancora molto lunga…

Confessioni di un RT

Buongiorno a tutti, mi chiamo Gianluca e questa è la mia esperienza ventennale come responsabile tecnico revisioni in provincia di Chieti. Iniziai a lavorare in autofficina come accettatore nel Febbraio 1997, ma presto la mia carriera migliorò grazie all’art. 80 del C.d.s. che autorizza le sedi private a svolgere revisioni ministeriali. Nel Marzo dell’anno successivo il mio ex-titolare mi propose il ruolo di responsabile delle revisioni: accettai con piacere e partecipai a tutti i corsi per ottenere l’abilitazione. In quegli anni la Motorizzazione era sovraffollata a causa del cambio di periodicità del collaudo (da decennale all’attuale sistema “quattroduedue”) e nel caos mancarono completamente assistenza e supporto. Non fu per nulla semplice muovere i primi passi in un settore totalmente nuovo, ma grazie ai libri di testo disponibili in commercio riuscii autonomamente a colmare le gravi lacune della “formazione”, se così possiamo definirla. Ricordo fin dal principio le pressioni dell’ex-titolare che voleva influenzare le mie decisione sull’esito dei controlli, ma tutto sommato la situazione era sopportabile in quanto la mole di lavoro era talmente elevata da lasciare poco spazio alle discussioni. Nel Giugno del 2000, a malincuore, cambiai posto di lavoro per avvicinarmi a casa: il più grande errore della mia vita. Per essere precisi, i nuovi titolari erano all’incirca una trentina, tutti autoriparatori che, per suddividere l’ingente investimento necessario per aprire un centro di revisioni, fondarono un consorzio. Gli unici dipendenti eravamo io ed il figlio di un consorziato che da sempre veniva trattato in maniera privilegiata, ma inizialmente non diedi peso alla cosa. Sia chiaro, se la natura della preferenza fosse stata legata al grado di  parentela non ci sarebbe stato nessun problema, ma a quanto pare il collega era un po’ più leggero nell’assegnazione degli esiti ai controlli. Passarono gli anni ed i rapporti con i consorziati si incrinarono a causa dei continui scontri: quella che per loro era una semplice “strizzatina di occhio” , per me era una certificazione falsa di veicoli pericolosi, per la legge invece era (ed è tutt’ora) falsità ideologica in atto pubblico, un reato penale. Tra un esercito di titolari che mi imponevano un modo di lavorare scorretto ed un collega accondiscendente, l’unico spiraglio di salvezza per me era la Motorizzazione Civile alla quale in più occasione segnalai i veicoli difformi revisionati con esito “regolare”. Le comunicazioni andavano in porto, ma i tempi eccessivamente lunghi dei controlli a campione vanificarono il mio intento poichè al momento del richiamo il veicolo sospetto era già stato rottamato o riparato per la circostanza. Dal “pignolo di turno” si arrivò rapidamente agli insulti veri e propri e dagli insulti alle minacce. Mi son sempre chiesto perchè in tutti i settori se sei bravo e conosci il tuo mestiere riesci a fare un’ottima carriera con grandi soddisfazioni, mentre in questo vieni etichettato come incompetente e poco collaborativo. Ad ogni modo, ho sempre avuto le spalle grosse, lavoravo secondo le mie competenze e secondo la mia coscienza, ma il 16 Marzo 2018 ricevetti da parte di un funzionario del tribunale una lettera (immagine). Ero abbastanza tranquillo della mia buona condotta in generale, pensavo si trattasse di un errore, ma a quanto pare mi sbagliavo: licenziamento in tronco. Da quel giorno ad ora sono senza lavoro, ho una moglie casalinga, due figli ed un mutuo da pagare: com’è possibile che non riesco a reinserirmi in questo settore? Ho forse troppa esperienza? Fa più comodo un ragazzino incosciente e sottopagato? Sicuramente sì, ma ciò che mi abbatte maggiormente è che che di fronte ad un regolamento europeo (2014/45EU) che prevederebbe l’innalzamento degli standard qualitativi del settore le associazioni di categoria remano contro: non vedo vie d’uscita.