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TecnicaPer gli operatori

“Avviare una prova opacimetrica ufficiale; effettuare una prima accelerata seguendo le indicazioni software, l’opacimetro rileva un valore di opacità utile e lo associa alla prima accelerata; rimuovere la sonda dell’opacimetro dallo scarico del veicolo in prova; effettuare una seconda accelerata seguendo le indicazioni software (n.b. mantenere la sonda disinserita dallo scarico); il software deve segnalare che il Picco non è stato rilevato e chiedere all’operatore se vuole ripetere l’operazione. L’opacimetro in questi casi non deve rilevare 0,0.

Il testo riportato, tratto direttamente dal manuale funzionari PA del C.S.R.P.A.D. (clicca qui per la versione integrale), descrive una delle prove di verifica dell’opacimetro che normalmente avvengono durante le verifiche ispettive ai centri di revisione. Per comprendere la natura del test è doveroso citare la circolare 64/404 del 19/1/2005  che modifica la storica circolare 88/95 del 22 Maggio 1995 (clicca qui per la versione integrale) riguardante le strumentazioni omologata per i collaudi con le relative procedure operative. “Qualora il costruttore abbia attivato nello strumento dei sistemi di sincronizzazione dell’accelerata per il rilevamento del picco di opacità, il sistema deve essere realizzato in modo tale da consentire il rilevamento di qualunque valore di opacità, anche zero [..] L’analisi dei risultati viene effettuata automaticamente dall’opacimetro.” Erano gli anni in cui i motori diesel subivano un repentino cambiamento grazie all’introduzione del filtro antiparticolato che per la prima volta faceva registrare valori di opacità tendenti allo zero. I grossolani opacimetri degli anni novanta, concepiti per analizzare i veicoli pre-euro, non erano in grado di rilevare le minime variazioni di coefficiente di assorbimento risultando inefficaci all’atto pratico nonostante l’omologazione sulla carta (clicca qui per un approfondimento su opacimetro/coefficiente d’assorbimento). Per gestire i casi in cui lo strumento andava in errore con l’opacità K=0 m-1, la successiva circolare 562/404 del 21/03/2005 prevedeva per il responsabile tecnico la facoltà di bypassare la prova qualora lo strumento non fosse stato in grado di rilevare alcun valore. Negli anni successivi proliferano misteriosamente i veicoli pre-euro risultanti “a impatto zero” nel referto di revisione, fenomeno talmente assurdo da meritare l’attenzione dall’ex direttore della Motorizzazione Stefano Baccarini al convegno organizzato da Alpi Servizi in data 2/7/2016 [VIDEO]: “fate caso poi ai valori di opacità, son tutti 0 (foto di destra) Un veicolo del 1988 ha l’opacità pari a 0 m-1. Siamo d’accordo, vogliamo tutti un mondo sano, salubre eccetera eccetera, ma pensare che dal 1988 stia circolando oggi un veicolo che revisionato dia un valore di opacità pari a zero mi sembra una cosa decisamente problematica, quantomeno anomale, e voglio essere buono. [..] Quando si può verificare questo caso? Quando metto la sonda a terra, se l’ambiente è sano [..]”. Nel Maggio 2017, senza alcuna comunicazione ufficiale, viene imposto un aggiornamento forzato al software che gestisce l’opacimetro abilitandolo al riconoscimento dell’effettiva presenza della sonda di rilievo all’interno dello scarico durante il test. Quando la prova da come risultato K=0, il software confronta la temperatura T all’interno dello strumento nella condizione A (motore al minimo) e nella condizione B (motore in piena accelerazione)Qualora non venisse rilevata alcuna variazione di temperatura ΔT a prova dell’effettiva immissione del gas di scarico nella camera di misura [T(B)>T(A) in fase di misurazione] , il software segnala “Picco non rilevato” e il test viene ripetuto. Geniale no?- Geniale, se funzionasse… Dopo una serie di analisi consecutive o un’esposizione prolungata dello strumento al sole, il sensore si scalda a tal punto da raggiungere le temperature tipiche della condizione B riducendo di conseguenza il ΔT. Motori sottodimensionati, linee di scarico fortemente strozzate e limitatori di giri completano l’opera trasformando il gas di scarico in un leggero soffio invisibile ai sensori dell’opacimetro. Le tre misurazioni di prassi talvolta diventano più di dieci con il rischio concreto di danneggiare il motore del veicolo in prova, per non parlare dell’inquinamento che viene prodotto inutilmente a della notevole perdita di tempo. Il detto dice “colpirne uno per educarne cento”, ma in questo caso pare che siano stati colpiti un po’ tutti per educare i furbetti dell’opacimetro, giusto così?

 

N.B. Per tamponare il problema del “Picco non rilevato” stanno girando parecchi rimedi della nonna harware e software NON omologati ovviamente, FATE ATTENZIONE!

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I primi riferimenti riguardanti le emissioni dei veicoli con motore diesel risalgono alla direttiva 72/306CE del 2 Agosto 1972 (clicca qui per la versione integrale) che introduce tre punti chiave che ancora oggi sono utili per il controllo della fumosità durante la revisione ministeriale. L’opacimetro è un apparecchio destinato a misurare in modo continuo i coefficienti di assorbimento luminoso dei gas di scarico dei veicoli (allegato I 2.5) dove per coefficiente di assorbimento luminoso (K) si intende un valore dichiarato dalla casa costruttrice in sede di omologazione che deve essere esposto ben visibile, in un punto facilmente accessibile (allegato I 4.4) all’interno di un rettangolo (immagine a destra). La modalità esecutiva (schema in basso) dell’analisi della fumosità, ancora oggi molto simile, consiste nell’azionamento rapido, ma con dolcezzadel comando dell’ acceleratore in modo da ottenere la mandata massima della pompa d’iniezione, posizione mantenuta fino ad ottenere la velocità massima di rotazione del motore e l’intervento del regolatore. (allegato IV 2.3) L’opacimetro, collegato al tubo di scarico, rileva il coefficiente di assorbimento luminoso che nel caso risultasse inferiore al valore K previsto dal costruttore o dalla normativa di riferimento comporterebbe il risultato positivo del test. Il funzionamento dell’opacimetro è molto semplice: i gas di scarico passano attraverso una camera con installate alle estremità una sorgente luminosa ed una fotocellula. In condizioni normali (azzeramento), la fotocellula rileverà l’intensità luminosa della sorgente senza interferenze, mentre durante l’accelerata la luce sarà opacizzata dal particolato contenuto nei gas di scarico. La differenza di luminosità viene elaborata in una formula aritmetica che ha come risultato il coefficiente di assorbimento luminoso che, sebbene non ha relazioni matematiche definite con la massa di particolato emessa, è sicuramente in un rapporto di proporzionalità diretta. Il particolato, in chimica, è l’insieme di particelle liquide e solide presenti in una miscela gassosa invisibili singolarmente per il diametro dell’ordine di qualche micrometro (millesimo di millimetro), ma visibili complessivamente sotto forma del tipico fumo nero prodotto dai veicoli diesel. Alla luce di quanto detto, è improprio paragonare l’analisi dell’opacità alla vera e propria analisi dei gas di scarico, ma bisogna considerare che negli anni 70/80 il problema più evidente agli occhi di tutti era il palese eccesso di fumosità dei mezzi alimentati a gasolio. La direttiva 92/55CEE del 22 Giugno 1992 (clicca qui per la versione integrale) prescrive il limite K di 2,5 m-1 e 3 m-1 per i veicoli rispettivamente aspirati e sovralimentati che rispondono alla direttiva 72/306CE. Nel decennio successivo invece, per effetto di un’integrazione alla direttiva europea 96/96CE (clicca qui per la versione integrale), viene aggiunto il nuovo limite di opacità pari a 1,5 m-1 per i veicoli immatricolati per la prima volta dopo il 1° Luglio 2008 o rispondenti alla direttiva 98/96CE. La tabella del C.S.R.P.A.D. (Centro Superiore Ricerche Prove Autoveicoli e Dispositivi) riportata parzialmente di seguito (clicca qui per la versione integrale) riassume i limiti precedentemente citati che ancora oggi sono in vigore per l’analisi dell’opacità degli autoveicoli durante la revisione ministeriale.

Come è evidente, le tanto citate classi ambientali (Euro 1,2,3 ecc) in occasione dei blocchi del traffico non vengono minimamente considerate, ma si possono organizzare in due macro-categorie:

  • Euro 0, 1, 2, 3, 4 (in parte) rispondono alla direttiva 73/306CE
  • Euro 4 (in parte), 5, 6 rispondono alla direttiva 98/69CE

Le classi ambientali, introdotte per la prima volta dal 1° Gennaio 1993 (Euro 1), impongono alle case costruttrici dei veicoli i limiti per le emissioni che includono, oltre al già noto livello del particolato, l’analisi vera e propri dei gas che compongono la miscela gassosa di scarico (immagine di sinistra). L’opacimetro, unico strumento in dotazione ai centri di revisione per l’analisi delle emissioni dei veicoli diesel, non è in grado di misurare ne la concentrazione di Monossido di Carbonio (CO), ne tantomeno gli Ossidi di Azoto (NOx) protagonisti del famoso dieselgate del gruppo Volkswagen, sostanza decisamente più nociva del  particolato (PM).  La normativa Euro 5, in vigore dal Settembre del 2009, impone a tutti i veicoli a gasolio l’installazione in origine del filtro antiparticolato (Fap o Dpf), dispositivo che, come dice il nome stesso, riduce al minimo le emissioni di particolato. Il risultato dell’analisi dell’opacità di tali veicoli è un valore di coefficiente di assorbimento luminoso (K) tendente a 0 che permette di superare a mani basse il test visti i limiti talmente alti da permettere anche la regolarità di alcuni veicoli ai quali è stato rimosso illegalmente il dispositivo (leggi Superare Revisione Auto senza filtro antiparticolato). Ha senso continuare ad alzare gli standard delle emissioni se non si ha la benchè minima possibilità di monitorare l’inquinamento del parco auto circolante durante i controlli previsti dalla legge?