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alessandro rossi Archivi - FederIspettori

Pillole di automotive

Tipico caso di ribaltamento tripped rollover, quando ad una forza trasversale o longitudinale che agisce su un dato veicolo subentra un vincolo, l’auto punta ed innesca una giravolta. Non dovrebbe assolutamente accadere.

Tutto questo è la conseguenza di una serie di fattori che erroneamente si attribuiscono prevalentemente all’altezza di un’auto, tant’è vero che nei test di ribaltamento può avvenire nelle più svariate situazioni di guida.

Il ribaltamento dei veicoli è solo la conseguenza delle varie forze dinamiche che agiscono sul movimento del veicolo.

Uno dei test più appropriati che simulano questi eventi è il test dell’alce (moose test) dove si verifica a quale velocità un’auto diventa difficile da controllare. Ma può verificarsi anche in caso di testacoda o sovrasterzo di potenza, piuttosto frequente sulle auto a trazione posteriore. Anche per questo motivo negli ultimi anni la sicurezza delle auto cabrio è valutata nei test di rollover.

Questo tipo di fenomeno si suddivide in due ulteriori sottocategorie: ribaltamento con impuntamento, tripped rollover appunto, e senza impuntamento.

Nel primo caso avviene quando entra in gioco un fattore esterno alla vettura; il secondo, invece, untripped rollover, è dovuto principalmente al superamento dell’angolo massimo di inclinazione laterale.

Si generano queste differenze perché la tendenza al ribaltamento di un dato veicolo non è solo conseguenza dell’altezza da terra, ma del rapporto tra la larghezza e l’altezza del veicolo che definisce il Fattore Statico di Stabilità (SSF) legato a doppio filo al baricentro dell’auto.

SUV, pick up e furgoni trasporto merci hanno solitamente valori di SSF compresi tra 1,00 e 1,30, quindi rispetto alle auto berlina sono più propensi al ribaltamento.

Uno degli organi competenti che si occupano di monitorare questi fenomeni nel campo della ricerca e della sicurezza stradale è la National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA).

Altri organi di controllo competenti in materia sono i test effettuati da Euro NCAP, organismo indipendente europeo per la valutazione della sicurezza dei veicoli, che offrono importanti informazioni per orientarsi nel mercato automobilistico.

Dai test Euro NCAP è possibile scoprire quali sono le vetture con il miglior livello di sicurezza, in grado di garantire una protezione elevata per i passeggeri adulti e per i bambini, con tecnologie anticollisione aggiornate per la prevenzione degli urti con gli utenti vulnerabili della strada.

Queste analisi sono utili per qualsiasi esigenza; gli enti, infatti, mettono alla prova i veicoli per stabilirne la sicurezza attiva e passiva, oltre alla protezione garantita in caso di incidente a tutti gli utenti della strada.

La sicurezza prima di tutto.

Pillole di automotive

Da anni si parla sempre di più di sostenibilità ambientale, si cerca in ogni modo di rendere il più possibile giovane e verde il nostro pianeta. Gli esseri viventi sono i polmoni del mondo, quindi per vivere bene dobbiamo salvaguardare il più possibile il nostro pianeta Terra, nel migliore dei modi. Molti fattori incidono sull’inquinamento ambientale e, siccome in parte ognuno ha le sue colpe, dobbiamo concentrare tutti insieme gli sforzi per avere un mondo più pulito possibile. Nel settore automotive, si stanno cercando diverse strade per abbattere questo problema. Una su tutte quella dei veicoli elettrici, seguono poi importanti ricerche sull’idrogeno. I veicoli elettrici sono il futuro, ma i veicoli con un’unità motrice a combustione interna non scompariranno presto, motivo per cui i carburanti sintetici potrebbero fornire un’opzione più ecologica per la stragrande maggioranza delle auto in circolazione oggi, per potergli permettere di circolare con tutta tranquillità inquinando meno possibile. Obiettivo principale: abbattere le emissioni di anidride carbonica, quindi CO2.

Di fatto esistono attualmente due modi per ridurre o eliminare le emissioni di anidride carbonica:

1. Il motore elettrico, che non utilizza combustibili; di conseguenza non  genera nemmeno CO2. Questo ha senso solo se l’elettricità utilizzata per la propulsione proviene da fonti rinnovabili prive di CO2.

2. I carburanti sintetici o biogeni, i cosiddetti eFuel. Un’auto alimentata con eFuel emette sì CO2 localmente, ma solo nella stessa quantità immagazzinata nel carburante per la sua produzione. Anche in questo caso, però, l’energia deve provenire da fonti rinnovabili prive di CO2.

Tra le aziende che stanno investendo e sviluppando maggiormente questo prodotto, Porsche è senza dubbio una di quelle più attive ma è lungi dall’essere la prima a dedicarsi alla ricerca sui carburanti sintetici. Audi, Bosch e McLaren parlano e lavorano sulla tecnologia da anni.

Gli eFuel che Porsche sta testando utilizzano ingredienti CO2 e idrogeno e sono realizzati utilizzando energia rinnovabile, che riduce significativamente le emissioni di gas serra rispetto ai combustibili a base di petrolio. Infatti possono rendere più sostenibile la guida dei veicoli esistenti, affermando che possono rendere un motore a combustione interna pulito come un veicolo elettrico.

Il risultato finale è un liquido che un motore brucerà come se fosse benzina ricavata dal petrolio greggio, ma un eFuel può essere prodotto in maniera climaticamente neutrale, almeno in teoria. Parlando al recente lancio della nuova 911 GT3, il vicepresidente Porsche di Motorsport e GT, Frank Walliser, ha affermato che l’azienda avrà il suo primo piccolo lotto di prova, 130.000 litri di eFuel, pronto entro il 2022.

“Il carburante sintetico è più pulito e non c’è sottoprodotto, e quando inizieremo la piena produzione prevediamo una riduzione di CO2 dell’85%”, ha affermato Walliser. Se vediamo in una prospettiva “dal pozzo alla ruota” si deve considerare l’impatto dal pozzo alla ruota di tutti i veicoli, e noteremo che si avrà lo stesso livello di CO2 emesso nella produzione e nell’uso di un veicolo elettrico.

Uno dei grandi vantaggi di eFuel è che puoi pompare in un veicolo a benzina standard senza dover apportare modifiche al motore. L’eFuel di Porsche non è pensato solo per i veicoli stradali. La nuovissima Porsche 911 GT3 Cup da competizione può funzionare con carburanti sintetici, che secondo Porsche riducono significativamente le emissioni di CO2 in condizioni di gara.

“Questa tecnologia è particolarmente importante perché il motore a combustione continuerà a dominare il mondo automobilistico per molti anni a venire”, ha affermato in una dichiarazione a settembre Michael Steiner, membro del comitato esecutivo per la ricerca e sviluppo di Porsche. “Se si vuole far funzionare la flotta esistente in modo sostenibile, gli eFuel sono una componente fondamentale.”

Come detto, Porsche non è la prima casa automobilistica a indagare sui carburanti più puliti sostitutivi del petrolio. Audi, infatti, ha prodotto il suo primo lotto di e-diesel nel 2015, ad esempio, e Bentley, Mazda e McLaren hanno dato giudizi positivi sui carburanti sintetici. Nel frattempo Mercedes-Benz ha preso una posizione opposta, dal momento in cui il capo della ricerca e sviluppo Markus Schäfer nel 2020 ha dichiarato, alla rivista britannica Autocar, che l’e-fuel non è un’opzione praticabile e che la casa automobilistica si sta concentrando esclusivamente sull’elettrificazione.


Allo stesso modo, l’ E85, un sostituto della benzina senza emissioni di carbonio realizzato con l’85% di etanolo a base di mais, è stato promosso negli Stati Uniti dagli anni ’90, con oltre 100 modelli compatibili con E85 venduti da allora, dalla Mercedes- Benz CLA 250 alla Chrysler 300, dalla Chevrolet Impala alla Ram 1500.

La spinta di Porsche verso la sostenibilità ha fatto un altro grande passo avanti con l’annuncio che il suo impianto di produzione di eFuel nella Patagonia cilena ha ora aperto la strada a molti altri costruttori e aziende petrolchimiche. La sfida della decarbonizzazione per l’industria automobilistica è grande e complicata, ma Porsche crede fermamente che gli eFuel faranno parte della soluzione, oltre all’elettrificazione e alle tecnologie dell’idrogeno.

Il progetto dovrà essere effettuato in larga scala industriale, affinché i combustibili a emissioni zero diventino una parte praticabile dei suoi piani di decarbonizzazione. In breve, la casa di Zuffenhausen ritiene che i carburanti rispettosi dell’ambiente, ovvero quelli che catturano una parte delle emissioni legate alla loro combustione nel loro processo produttivo, possano prolungare la vita dei veicoli con motore a combustione.

Per fare ciò ha collaborato con il colosso tecnologico tedesco Siemens nello sviluppo del progetto e prevede una crescita esponenziale della capacità nei prossimi cinque anni, arrivando a produrre fino a 550 milioni di litri all’anno entro il 2026.


Il carburante stesso sarà inizialmente utilizzato per mezzi interni nella gestione delle auto da corsa e storiche a combustione di Porsche dal 2022, ma il marchio prevede di vendere i suoi carburanti ecologici ai consumatori a lungo termine. Ciò consentirà ai proprietari di Porsche di tutto il mondo di accedere ai carburanti per i loro modelli con motore a combustione, indipendentemente da come cambia la fornitura di benzina e diesel tradizionali, poiché il suo utilizzo nei veicoli privati verrà ridotto dopo il 2030.

Gli investimenti nella tecnologia dell’eFuel o dei combustibili sintetici sono stati presi in considerazione da molti produttori in una certa misura; questa soluzione ha lasciato un ulteriore campo aperto nella gamma di misure esplorate per affrontare la crisi climatica. Sebbene sia difficile da comunicare al grande pubblico, Porsche ritiene che la tecnologia giocherà un ruolo importante in futuro, spiegando il desiderio di investire così tanto in questo progetto. Se porta la casa tedesca a ottenere il controllo finale su una risorsa che le altre case automobilistiche non hanno mai avuto bisogno di considerare prima, potrebbe rivelarsi denaro ben speso.
Inoltre, come si sa, il maggior campo di sviluppo nel settore automotive è la Formula 1, il miglior laboratorio di esperienza del mondo. Le soluzioni studiate dalle squadre vengono poi con il passare del tempo trasmesse sulle strade di tutti i giorni, un transfer tecnologico invidiabile.
Alla fine dello scorso anno, la FIA, il massimo organismo della Federazione Automobilistica Sportiva a livello mondiale, ha annunciato l’uso dei biocarburanti E10 in Formula 1 a partire dal 2022, ma il prossimo passo verso la riduzione dell’impronta di carbonio della F1 avrà un approccio molto più ampio. La F1 ha annunciato di puntare all’uso all’ingrosso di carburanti sintetici entro il 2025, collaborando con produttori e società energetiche per sviluppare e produrre in serie biocarburanti che contribuiranno all’obiettivo di zero emissioni di carbonio della F1 entro il 2030.

Questi combustibili saranno fabbricati con tecniche che incorporano metodi di cattura del carbonio, rifiuti urbani o biomassa nella loro produzione, compensando parte del carbonio emesso quando viene bruciato all’interno di un’unità motrice di F1. Il carburante sarà “drop-in”, il che significa che i propulsori non richiedono modifiche specifiche per essere compatibili, abbinando anche la densità di energia dei carburanti da corsa ad alto numero di ottani di oggi.

Non ci resta che attendere…staremo a vedere.

Pillole di automotive

Il punto della situazione

Si discute molto sull’effettiva eco-sostenibilità dei veicoli alimentati a trazione puramente elettrica, non tanto riguardo le emissioni durante la sua marcia su strade aperte al traffico, che come sappiamo è pari a zero, quanto durante il suo ciclo produttivo così come nell’intero ciclo di vita.

In sintesi, i limiti difficilmente superabili di questo tipo di mobilità sono la produzione di batterie legata a Paesi extraeuropei quasi esclusivamente occidentali e quindi il trasporto dall’occidente all’Europa e nel resto del mondo.

Inoltre, se pensiamo di avere una grande diffusione di EV dobbiamo rivedere tutte le infrastrutture dalla produzione di energia all’utilizzo per la ricarica.

In Italia e nel mondo produciamo basse quantità di energia elettrica da fonti rinnovabili, quindi quello che risparmiamo di Co2 in emissione pura del veicolo viene immesso nell’aria dalla maggiore produzione di energia elettrica, che è legata principalmente a centrali alimentate da combustibili fossili.

Ultimo problema da non trascurare, ma non in ordine di importanza, è lo smaltimento di suddette celle EV alla fine del loro ciclo vitale.

Come verranno stoccate e smaltite in futuro le batterie esauste per evitare un impatto ambientale?

Due persone su tutte hanno analizzato queste e altre problematiche relative alle auto puramente elettriche, mettendone in discussione l’impiego:

  • Akyo Toyoda, CEO di Toyota, primo produttore di veicoli al mondo;
  • Franz Fehrenbach, amministratore di Bosch Automotive.

Sarebbe più semplice prevedere la diffusione di EV nell’ambito prettamente cittadino, ma per veicoli che hanno bisogno di fare tanti chilometri al giorno risulta un vincolo non facilmente superabile.

Pertanto, la soluzione sembra essere già tecnicamente disponibile: alimentare i veicoli con carburante alternativo, cioè l’idrogeno con il sistema FUEL CELL.

Vediamo nel dettaglio il suo principio di funzionamento: un veicolo alimentato ad idrogeno è sostanzialmente un veicolo elettrico che però non viene alimentato da batterie agli ioni di litio, bensì da pile di combustibile (da quì deriva il nome fuel cell) e da un serbatoio di idrogeno.

Il funzionamento di una cella a combustibile si basa su una reazione elettrochimica in cui le molecole del combustibile si separano in ioni positivi e negativi. Questi ultimi transitano in un circuito in modo da creare una corrente elettrica.

L’idrogeno è particolarmente adatto a questo scopo, poiché il legame tra i suoi atomi è relativamente debole.

Per far si che avvenga questa reazione elettrochimica è necessario l’ossigeno che viene prelevato dalla parte frontale del veicolo tramite delle prese d’aria.

La corrente prodotta dalla correlazione tra idrogeno e ossigeno va poi ad alimentare un motore elettrico di trazione.

I prodotti di scarto sono il calore e semplicemente l’acqua.

Infatti, combinando chimicamente idrogeno (H2) e ossigeno (O) si ottiene acqua (H2O), che viene rilasciata tramite il tubo di scarico.

Il grande vantaggio di questo processo è che si può ottenere elettricità dalla combinazione di idrogeno e ossigeno, senza alcun tipo di processo di combustione.

Quindi questi veicoli, chiamati anche FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle) non fanno altro che produrre energia elettrica per trasformarla in energia meccanica.

Tutto avviene, come detto in precedenza, facendo reagire l’idrogeno che è presente nei serbatoi ad alta pressione con l’ossigeno.

Questo processo avviene nella pila di combustibile.

Una volta prodotta energia elettrica questa viene immagazzinata nelle batterie, che sono molto più piccole delle EV tradizionali.

Un motore elettrico poi trasmette energia meccanica alle ruote.

Così facendo l’auto è il generatore di se stessa.

Questi gli aspetti positivi:

  • i serbatoi di ultima generazione garantiscono una percorrenza chilometrica di almeno 500/600 km con un pieno;
  • è possibile riqualificare gli attuali distributori, che potrebbero essere in grado di stivare o addirittura produrre idrogeno da trazione;
  • è possibile alimentare veicoli a idrogeno che in alcuni casi sarebbe impossibile far circolare in EV puro, perché avrebbero bisogno di grandi batterie (sono un esempio gli autobus per il trasporto pubblico e i mezzi di trasporto pesanti di vario tipo).

Con questo sistema ci sarebbe un’evoluzione concreta di tutto il settore automotive, senza avere problemi di produzione di altra energia dalle centrali.

Anche i serbatoi hanno avuto una considerevole evoluzione nel corso degli anni per una questione di sicurezza, visto che l’idrogeno vi è immagazzinato a 700 bar.

La casa automobilistica che investe da più tempo risorse ed energie verso questo settore è la Toyota, costruendo anche serbatoi di nuova concezione chiamati COPV (composite overwrapped pressure vessel). La loro resistenza è data da una struttura in fibra di carbonio su cui è stato posato uno strato in fibra di vetro. Qualora il veicolo dovesse essere coinvolto in un sinistro, gli eventuali danni arrecati al serbatoio sarebbero visibili sullo strato più esterno, che quindi ha il compito di accertarne l’integrità. L’intero serbatoio è poi rivestito con del materiale polimerico per sigillarlo.

Nessun veicolo o sistema di alimentazione è sicuro al 100%, ma con la ricerca e lo sviluppo si cerca di avvicinarsi il più possibile alla perfezione.