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Per gli operatoriPer gli utenti

Il tanto atteso 2 Novembre 2021 è finalmente arrivato. Attesissimo per i centri di controllo, un po’ meno per gli automobilisti che devono pagare 9,95€ + iva in più per far sottoporre il proprio veicolo a revisione. E’ quanto ottenuto dall’associazione di categoria Asso-Car dopo anni di pressioni alla politica. La storica battaglia delle organizzazioni sindacali CNA ed Anara Confartigianato è stata vinta dagli ultimi arrivati in quanto, oltre a rivendicare i propri diritti, hanno saputo argomentare con una relazione commissionata al Politecnico di Torino (link). Già, perchè nonostante sia molto impopolare dirlo, specie per i mezzi di informazione sempre in cerca del titolone acchiappalike, l’incremento della tariffa è una manovra giusta, un diritto per i centri di controllo. Se da una parte i prezzi fissi imposti dallo Stato sono – o meglio, dovrebbero essere – una garanzia per le imprese, dall’altra sono un rischio in quanto un mancato aggiornamento in linea con il mercato potrebbe determinare ingenti perdite nel fatturato. 45 euro di tariffa a cui naturalmente si sommano IVA, bollettino e spese postali può sembrare parecchio, ma è una somma determinata nel lontano 2004, quando su base ISTAT la vita costava circa il 20% in meno. Eppure la maggior parte delle testate giornalistiche si sono sbizzarrite parlando di “stangata revisioni” accorpando il fenomeno agli aumenti di elettricità, gas e materie prime che hanno caratterizzato l’ultimo bimestre.

Chi incolpa il governo governo Draghi – ma la Legge di Bilancio 2021 è stata approvata durante il Conte Bis – chi le lobbies degli autoriparatori e chi la Motorizzazione. Non importa: sono solo giornalisti. Eppure su un aspetto, va riconosciuto, non c’è stata discordia: l’importo della nuova tariffa pari a 79,02€. Anche la nostra redazione, fra le prime a darne notizia, sia nell’articolo del 20 Dicembre 2020 (pubblicazione Legge di Bilancio) che in quello del 5 Agosto 2021 (pubblicazione decreto Mims n. 317) ha riportato la medesima cifra, ma nei giorni immediatamente antecedenti all’entrata in vigore della nuova disposizione sono cambiate le cose. E’ comparso infatti sul Portale dell’Automobilista, pagina internet ministeriale, un avviso inerente le commissioni  per l’acquisto dei bollettini postali per le pratiche di Motorizzazione. Dall’oggi al domani, senza alcun preavviso ad operatori del settore, associazioni di categoria e software house, il costo al netto di IVA per i cosiddetti diritti di incasso è sceso da 1,46€ a 1,25€, quindi complessivamente da 1,78€ a 1,51€. Nulla di male, se non fosse che ormai tutti i centri di controllo avevano adeguato i tariffari in base a quanto comunicato in precedenza, naturalmente – sì, in questo settore è normale così – mai in forma ufficiale. A complicare ulteriormente le faccenda l’impossibilità, ad oggi, di determinare una tariffa fissa applicata simultaneamente dalla totalità dei centri di controllo. I bollettini postali vengono acquistati dalle imprese in blocco per guadagnare tempo evitando una singola pratica per ogni revisione ministeriale effettuata. A fini di bilancio è tuttavia improprio fatturare una voce ad un prezzo inferiore di quello di acquisto, pertanto fino ad esaurimento crediti prepagati la tariffa di revisione sarà 79,02€ (commissioni a 1,78€) mentre successivamente scenderà a 78,75€. Altra incognita l’esatta data del passaggio alla nuova tariffa da parte di tutti i centri di controllo, ma con buona probabilità il futuro sarà la liberalizzazione dei prezzi, almeno per quanto riguarda le commissioni, che naturalmente incidono sul costo finale. La migrazione da Poste Motori a PagoPA oggetto di proroghe su proroghe aprirà nuovi scenari per l’acquisto dei i bollettini postali consentendo alle impresa di diventare PSP, ovvero Prestatore di servizi a Pagamento. In parole povere significa poter vendere all’utenza il servizio di corrispondenza dei tributi – come i bollettini 9001 – ed ammende verso la Pubblica Amministrazione, ciò che oggi avviene nella maggior parte delle ricevitorie. Un servizio a tariffa libera – le commissioni -, salvo diversa specificazione da parte del Mims, che oscillerà in funzione alla piattaforma utilizzata da 1 euro a 2 euro. Di conseguenza il costo finale della revisioni  potrà subire variazioni di pochi euro da un centro di controllo all’altro.

 

Per gli operatori

No, non c’entra nulla il buon Luigi Di Maio, ma questa celebre immagine satirica descrive perfettamente ciò che è avvenuto nel settore revisioni. Un uomo, all’apparenza buffo, che celebra senza contenersi una grandissima vittoria di proporzioni simili alla finale dei Mondiali di Calcio, oppure al premio Pulitzer o al Nobel per la pace. Peccato che siamo nell’ambito delle revisioni ministeriali, un comparto da poco più di 9000 anime, perlopiù destinate all’inferno. Potevamo brindare per l’abolizione degli sconti sulla tariffa di revisione, per l’abolizione delle “revisioni facili” oppure per un po’ di chiarezza, rispetto e considerazione da parte dello Stato… invece no. Festeggiamo per aver limitato l’utilizzo del pedale pressometrico durante la prova freni dei veicoli, un dispositivo da qualche migliaio di euro che non è mai stato visto di buon occhio da ispettori e titolari di centri di controllo, per una volta sullo stesso fronte. Tuttavia fossero i primi ad aver chiesto alla DG MCTC una variazione delle procedure di revisione la cosa avrebbe avuto senso, o quantomeno se ne poteva discutere, ma in questo caso i promotori dell’iniziativa sono gli alti ufficiali di Anara Confartigianato, una della associazioni degli “imprenditori” del settore. Tutto questo fermento per risparmiare due spicci  in manutenzione straordinaria e guadagnare – se va bene – 20 secondi a revisione,  ma nulla di nuovo: sono anni che perdura questa tiritera  e finalmente, per la gioia delle orecchie di tutti, ce l’hanno fatta, anzi, ci sono arrivati vicino. La circolare prot. U.0037014 del 22/12/2020 (link) con oggetto “Revisione autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori – Utilizzo misuratore di sforzo al pedale/alla leva”  infatti non esclude il dispositivo dalla lista delle attrezzature obbligatorie per i centri di controllo, ma ne limita l’utilizzo. E a proposito di circolari, un brevissimo vademecum utile a profani. Quando il testo inizia con “Pervengono a questa direzione numerosi quesiti/segnalazioni in ordine a/in merito a/relativamente a” o premesse del genere, i “numerosi quesiti” in realtà sono le pressioni da parte di una singola associazione di categoria, ente riconosciuto o “persona importante”. Sarebbe interessante poter leggere queste “numerose richieste” oppure la relazione tecnica che giustifica l’istanza, ammesso che esista, ma forse è meglio cambiare discorso ed entrare nel merito della nuova regola.

La ratio della circolare, o quantomeno la giustificazione pubblica, è l’adeguamento al progresso delle procedure di revisione ministeriale. Sorge spontanea una domanda: che ci facciamo ancora con gli opacimetri basati su una tecnologia anni 80? Ogni test di opacità effettuato su veicoli diesel classificati EURO 4 (o superiori) ha come risultato 0,0: misuriamo, anzi, quantifichiamo a spanne, il particolato su veicoli muniti di filtri anti-particolato: che senso ha? – Nessuno, ma in questo caso un adeguamento al nuovo millennio comporterebbe dei costi per i centri di revisione, quindi a tutti va bene così… – Andiamo oltre.  Il pedale pressometrico fu  introdotto con la circolare 88/95 del 22 Maggio 1995, il documento contenente tutte le prescrizioni relative alle attrezzature in dotazione ai centri di controllo privati. Il piccolo strumento, nientemeno che un dinamometro elettronico, misura l’energia muscolare impiegata dall’automobilista per ottenere l’arresto del veicolo azionando il pedale del freno. Il rilievo è fondamentale per determinare l’interruzione del test: il valore di efficienza frenante misurato al raggiungimento del limite di sforzo viene considerato l’efficienza massima del veicolo (o del singolo asse). Questo perchè una decelerazione ottenuta mediante una pressione sovrumana sul pedale del freno, all’atto pratico, sarebbe comunque impossibile da sfruttare durante una situazione di emergenza. Con l’introduzione del servofreno, o meglio con la diffusione su larga scala del dispositivo sul parco circolante, i valori di sforzo frenante rilevati in condizioni normali durante i test di si è notevolmente abbassato a tal punto da non raggiungere neanche lontanamente il limite di 500 N per gli autoveicoli. Per tale ragione, secondo il legislatore, la misurazione dello sforzo frenante può essere omessa. E in situazioni anomale? Ma soprattutto, in situazioni ambigue?

Ancora una volta è stato denaturato il concetto di revisione ministeriale: da controllo tecnico periodico a semplice esame promosso/bocciato, ON/OFF, verde regolare – rosso “ripetere”. Il referto complessivo – o certificato di revisione – dovrebbe fungere da indice, sia per l’automobilista, che per il meccanico di fiducia, per monitorare il buon funzionamento del veicolo e pianificare gli interventi di riparazione da effettuare a breve/medio/lungo termine. Un indurimento progressivo del pedale del freno che si traduce in valori crescenti di sforzo frenante nel corso degli anni potrebbe rappresentare il deterioramento di uno qualsiasi dei componenti dell’impianto frenante. Meglio intervenire preventivamente o attendere che qualche elemento ceda recando danni al resto dell’impianto o, alla peggio, provocando un incidente stradale? In Italia purtroppo la revisione ministeriale è lontana anni luce da ciò che dovrebbe rappresentare a livello teorico, un servizio per la comunità. Come dare torto a coloro che sostengono sia un furto legalizzato dallo Stato [per la modica cifra di 79,02€ a brevissimo]?

Sempre meno ispettori, sempre più #schiacciatasti.

In conclusione si riportano integralmente le modifiche pratiche alle procedure di revisione in vigore non oltre il 30 Marzo 2021 (Circolare U.0037014  22/12/2020 – Paragrafo 5.0)

” [..] Si potrà sempre omettere l’uso del misuratore di sforzo al pedale e alla leva nella prova dell’efficienza dell’impianto frenante dei veicoli ad eccezione dei seguenti casi:
Veicoli sprovvisti di servofreno;
Veicoli anche se dotati di servofreno ma immatricolati da oltre 35 anni dall’anno della revisione (da non considerare né il giorno, né il mese) in considerazione dell’effettiva vetustà dell’impianto;
Veicoli quattro ruote motrici, se sottoposti alla prova mediante banco prova freni a rulli;
Motoveicoli a 2, 3 e 4 ruote;
Veicoli muniti di freno di stazionamento non elettrico per la verifica dell’efficienza del freno di stazionamento.”
[..]