Un weekend di fuoco per Revisioniautoblog. L’articolo pubblicato tra sabato e domenica non è piaciuto ad una parte del settore revisioni, quella “pizzicata” senza mezzi termini e mezze misure. Nulla di anomalo, se non le presunte argomentazioni morali utilizzate per screditare l’artefice, Diego Brambilla, quello che nonostante le accuse ci mette sempre la faccia (è sufficiente leggere in coda all’articolo il nome dell’autore, non è difficile). Chiudiamo sul nascere lo sterile processo per strumentalizzazione e sciacallaggio nel quale sarei imputato. No, non ero un amico di Piero Rista come tutti coloro che millantano di esserlo, ma ne ero venuto a contatto a più riprese in qualità di rappresentante di un’associazione di ispettori. Andavamo d’accordo? Non troppo. Piero aveva una ferma convinzione delle proprie idee ed argomentava dilungandosi all’inverosimile con riferimenti ad un epoca nella quale frequentavo la scuola elementare, o forse non ero ancora nato. C’era verso di fargli cambiare opinione? Macchè, su quello eravamo uguali: non mollavamo di una virgola. Vi lascio quindi immaginare le ore di conversazioni telefoniche spese senza mai arrivare al dunque, scambi di “pipponi” divergenti, ma dettati da una volontà comune: il desiderio di cambiare concretamente il settore. Il nostro essere combattivi, determinati e sovversivi, nonostante i fronti in un certo senso contrapposti – ora più che mai – era ciò che ci legava e di riflesso coinvolgeva lo spirito della organizzazioni che rappresentavamo. Che Asso-Car a trazione Luca Donna, il neo presidente a cui va il plauso per il traguardo dell’adeguamento ISTAT della tariffa di revisione, abbia quagliato maggiormente rispetto alla forma embrionale diretta da Rista è un dato di fatto, non si discute. E’ altrettanto fuori discussione però riconoscere che c’è stato un cambio di rotta di una portata tale da non poter essere ignorato: l’anima rivoluzionaria di Asso.Car, con la scomparsa di Piero, è venuta a mancare. – Solo uno stolto nel corso della vita non cambia opinione – diceva un vecchio aforisma, ma voi siete passati da un estremo all’altro! Nel momento in cui un’organizzazione nata per far valere l’indipendenza del centro “puro” sigla un’intesa con CNA e Confartigianato, vision e mission vanno automaticamente a farsi benedire. Non è così? L’immagine sottostante è tratta dal vostro sito. .
Prospettavate una svolta nella revisione dei veicoli, ma fate squadra con i conservatori, i rappresentanti delle autofficine e dei centri di revisione, due parti che non possono essere tutelate simultaneamente dal medesimo soggetto (e a questo proposito ricordo benissimo le affermazioni di Piero). Nella slide successiva, sempre tratta dal sito www.asso-car.it, vi sbilanciavate in accuse gratuite ed infamanti cercando di interferire nelle preferenze degli automobilisti. “6 sicuro che il guasto rilevato dal centro revisioni “misto” c’era davvero”? Come a voler dire che chi si occupa anche di autoriparazione è automaticamente un ladro. E’ poi il turno delle officine che si servono dei centri di controllo. “sei sicuro che quando porti le auto dei clienti al centro revisione “misto” conservi il cliente anche per le manutenzioni future”? Della serie: con noi puoi stringere rapporti commerciali seri, gli altri ti fregano, attento! Infine il messaggio rivolto agli ispettori: “6 sicuro che le pressioni eccessive che eventualmente ricevi non ti facciano andare oltre i livelli consentiti dal protocollo? (???) Questa è davvero curiosa, ma mi astengo da qualsiasi commento.
Insomma, avete etichettato in tutte le salse come delinquenti i centri di revisione che avevano come unica colpa l’essere conformi al principale modello prospettato dall’articolo 80, comma 8 del Codice della Strada, avete reagito costituendo un’associazione ed ora? Sorridete in una foto di gruppo con chi, fino all’altro ieri, dichiaravate di combattere. Tutto nella norma, anzi, in un certo la cosa mi rincuora perchè avvalora ciò che fin dall’inizio pensavo di voi. Posso esprimerlo liberamente senza che nessuno si offenda? Asso.Car è un’ottima trovata di marketing, nulla più. E’ un delitto? E’ un reato? No, è qualcosa di più che legittimo nel mercato libero, un mercato troppo libero nel quale ognuno, fondamentalmente, fa quel che vuole. I centri di controllo “puri”, le attività che nonostante la minoranza numerica processano il maggior numero di revisioni all’anno erano particolarmente penalizzate dall’incremento senza sosta di nuovi concorrenti, e pertanto hanno deciso di fare cartello. Aggiungere nuovi paletti normativi quali la separazione dell’attività di controllo tecnico dall’autoriparazione, oltre ad ostacolare le piccole, ma numerosissime attività già esistenti, rappresentava il perfetto deterrente alle nuove aperture. What else? Attività di lobbying venduta come battaglia per la salvaguardia della sicurezza stradale strumentalizzando una direttiva europea, la 2014/45ue, per quanto concerne l’eliminazione del conflitto d’interessi. Ecco quel che mi piaceva di voi, nonostante l’ipocrisia di fondo: il riferimento ad una norma che la controparte – controparte fino all’altro ieri – aveva tutto l’interesse di occultare o deformare. Di seguito una delle tante dimostrazioni pubbliche.

Volete sapere come penso si siano evolute le cose? Il fronte unico degli ispettori rappresentato dal sindacato Federispettori in meno di un anno di attività ha reso più concreto che mai lo spettro terzietà nella revisione dei veicoli leggeri. Ciò che fino a qualche anno fa non veniva nemmeno considerato alla lontana, ora è un impegno di governo ed è la base dell’esternalizzazione della revisioni dei pesanti disciplinata dal recentissimo DM446. Quale sarebbe la ratio di un doppio regime? Veicoli pesanti con ispettore indipendenti mentre nei leggeri si mantiene lo status-quo?
Dai, non prendiamoci in giro, nonostante il velo di ipocrisia che ci avvolge comodamente occorrerebbe avere un minimo di onestà intellettuale. Screditate continuamente il modello del controllore superpartes, ma alla fine, come si suol dire, casca sempre l’asino ed emergono le reali motivazioni di questo antagonismo. Tale Claudio, mai visto ne sentito prima, oltre ad una valanga di argomentazioni fasulle si qualifica indicando il centro revisioni di proprietà. Incuriosito dalla ferocia dei commenti osservo il profilo pubblico Google e mi capita sott’occhio l’immagine di destra. Vedi Claudio, non si mette in dubbio l’autenticità della revisioni in se, che per quanto mi riguarda potrebbe essere al 100% regolare, è il messaggio che mandi ai tuoi clienti, ai tuoi concorrenti ed in questo caso a me, una persona che non ti conosce. Non ti giudico certo per quel furgone, bensì per ciò che sostieni pubblicamente rapportato alla foto: nell’insieme, non è sicuramente una buona presentazione. Quando affermi “mi sa tanto che vogliate comandare a casa d’altri”, in riferimento a coloro che vorrebbero attuare il modello degli ispettori indipendenti, a cosa ti riferisci? Di cosa hai paura? Certo, il tuo centro è il frutto dei tuoi sacrifici come imprenditore, ci mancherebbe, è “casa tua”, ma le regole non le detti tu, mi dispiace. Chiaro, semplice e conciso. Questa psicosi di un terzo che venga a dettare nuove regole a “casa vostra”, come vi piace interpretarlo, mi fa molto pensare. Molto. Nuove regole? E quali regole vigono ora? Discorso analogo per il tuo amico Mario, che nonostante un linguaggio un poco più forbito, alla fine esprime lo stesso concetto di una bassezza disarmante banalizzando l’ispettore libero professionista come “l‘rt che vuole fare lo sceriffo a casa d’altri”. Da quando in qua una figura che rappresenta la legge, perlomeno negli USA, è una forma di pericolo? Temi forse la legge, Mario? O ti sei spiegato male, oppure ho frainteso io, capita. Vedi Claudio, Mario, e tutti quelli quelli che la pensano come voi, sono molto preoccupato da questa visione generale, diametralmente opposta a quella dei colleghi imprenditori nel settore dei pesanti. Quando capirete che un esterno che “comanda”, (per usare un temine familiare) a casa vostra è una forma di tutela in primis per voi e per le vostre attività? Non che voi lo siate, ma vi rammento che quello più furbo e disonesto esiste da sempre, e sempre esisterà. E se un domani decidesse di aprire a 500mt dal vostro capannone? Siete certi che armi pari e regole comuni non saranno la vostra unica salvezza?
Pensateci.



Al primo del mese, com’è ormai consuetudine, la redazione di Revisioniautoblog ha giocato uno scherzetto pungente ai propri lettori e followers delle varie pagine social [Facebook] [LinkedIn] [Instagram] [YouTube]. Il pesce d’aprile (link) è riuscito talmente bene che abbiamo ricevuto chiamate, mail e messaggi privati da parte di numerosissimi appartenenti al settore revisioni, dal semplice ispettore al titolare di centro di controllo, dal programmatore della software house al tecnico-rivenditore di attrezzatura. Insomma, se la sono bevuta in molti, complice senz’altro l’autorevolezza di questo blog, ma anche il contenuto dell’articolo che in fin dei conti non era nulla di così trascendentale. Avessimo parlato di incremento della tariffa a 100€, oppure di revisione su base volontaria, di “autocertificazione di buona manutenzione del veicolo” e così via avrebbero tutti gridato alla fake news, o almeno si spera, ma quando il tema è l’indipendenza degli ispettori c’è sempre molta attenzione e di conseguenza preoccupazione o speranza a seconda delle propria posizione. Ciò che fino a qualche anno fa sembrava frutto di menti perverse progressiste oggi è attualità e lo si nota dallo stampo dei commenti, dalle discussioni e delle prese di posizione da parte di personaggi, anche autorevoli, notoriamente avversi a questo cambiamento. Infatti, se prima l’intero argomento veniva liquidato con una fragorosa risata di scherno, ora si corre ai ripari: “tanto ci sarà la proroga!” scrive fra i commenti il popolo di Facebook, mentre coloro che hanno la facoltà di dialogare con il Ministero mettono in atto strategie difensive per un recepimento indolore, ormai tardivo, del principio di terzietà. Già, recepimento, perchè ancora una volta vale la pena ricordare non si tratta di idee malsane di qualche pazzo visionario, bensì di norme già approvate dagli organi di legislazione comunitari che necessitano solamente di essere introdotte nel diritto nazionale, un passaggio obbligatorio che rientra nella natura della direttiva UE. Lo spirito di queste fonti di diritto è appunto quello di consentire a tutti gli stati membri, considerandone la disparità, di raggiungere l’obbiettivo prefissato in modo progressivo, evitando danni e criticità alle categorie interessate. Micro realtà disomogenee implicano tempi di adeguamento e sforzi differenti ed è per questo che nazioni all’avanguardia in materia di controllo tecnico dei veicoli come la Germania possono tranquillamente tirare un respiro di sollievo in quanto già parzialmente conformi alle nuove disposizioni. Poi arriva l’Italia che vanta la peggior Motorizzazione d’Europa (l’applicazione della recente proroga è l’ennesima dimostrazione), un sistema revisioni che fa acqua da tutte le parti (a questo proposito non serve argomentare) e a distanza di 7 anni dall’emissione della direttiva 2014/45Ue fa orecchie da mercante, come se il problema non la riguardasse. Essì, oramai è un problema, in quanto attività regolarmente operative e legittimate dallo Stato si vedranno abbassare la serranda da un giorno all’altro. Fantascienza? Catastrofismo? Quanti centri di revisione attualmente sono inattivi perchè sprovvisti dell’ispettore, la prima grande novità introdotta dalla direttiva comunitaria? Ma è colpa dei burocrati europei o del sistema nazionale che non è stato in grado di organizzarsi per tempo pubblicando all’ultimo giorno utile un copia-incolla disastroso della 2014/45Ue? D’altronde c’erano priorità quali l’abolizione del padale pressometrico, il sostituto errettì e via dicendo…
Duole prendere atto dei risvolti negativi che il scellerato iter di recepimento direttiva europea sta causando all’intero comparto revisioni, ma, si ribadisce, è solamente un problema di mala-gestione. Tutto il settore paga e pagherà le conseguenze della strategia fallimentare impiegata fino ad ora dai – passatemi il termine – negazionisti della terzietà, coloro che pensano di risolvere il “problema” ignorandolo. Peccato si tratti banalmente di ignoranti, con riferimento al significato etimologico del vocabolo, ovvero persone che ignorano, in questo caso, la storia e l’evoluzione della normativa automotive nazionale ed internazionale. Se nel primo Codice della Strada dell’età contemporanea, il Regio Decreto 8 Dicembre 1933 n.1740, tutte le norme riguardavano esclusivamente l’Italia per ovvie ragioni storico-politiche (N.d.r. era firmato Benito Mussolini!), già dal D.P.R. 393/59 del 1959 viene introdotto qualche riferimento alla regolamentazione comunitaria, come ad esempio il “proiettore europeo unificato” (Art. 196 D.P.R. 420/59), l’anabbagliante con fascio asimmetrico che attualmente equipaggia tutti i veicoli in circolazione. La vera rivoluzione è tuttavia rappresentata dell’emanazione della direttiva europea quadro relative all’omologazione degli autoveicoli, la 70/156CEE, dei motoveicoli, la 92/61CEE, e tutte quelle che disciplinano l’approvazione delle varie unità tecniche indipendenti (dispositivi di illuminazione e segnalazione visiva, freni, serbatoi, emissioni inquinanti ecc). Nel “nuovo” Codice della Strada infatti, D.Lgs n.285 del 1992, tutti gli ambiti già regolamentati dalla normativa comunitaria vengono rimandati ad essa in virtù del superiore grado nella gerarchia delle fonti di diritto. “Qualora le norme di cui al comma 3-bis si riferiscano a sistemi, componenti ed entita’ tecniche oggetto di direttive comunitarie, ovvero di regolamenti emanati dall’Ufficio europeo per le Nazioni Unite recepite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le prescrizioni di approvazione nazionale e di installazione sono conformi a quanto previsto dalle predette direttive o regolamenti.” (Art. 75 D.Lgs 285/92, comma 3-ter). Nel prossimo Codice della Strada è dunque lecito aspettarsi in materia di revisione dei veicoli un’attuazione integrale della disciplina comunitaria, oggi contenuta nella direttiva 2014/45Ue, un domani in qualche regolamento Ue, una fonte di diretto ancora più blindata della “semplice” direttiva. Che ne sarà di tutto coloro che considerano una mail da parte dell’impiegato della Motorizzazione più autorevole della Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea “perkè siamo in Italia e non in Europaaa111!!111”?
Chi non partecipa al cambiamento lo subirà, è inevitabile.
Curiosità – La durata media dei vari Codici della Strada è di circa 30 anni, un intervallo di tempo nel quale sono oggetto di numerosi emendamenti in base al progresso tecnico dei veicoli e all’evoluzione dei comportamenti dell’uomo. Quando l’entità delle modifiche risulta sconvolgere completamente il testo originale, di prassi si provvede ad una nuova stesura integrale del documento. L’attuale Codice della Strada D.Lgs 285/92 spegne quest’anno la ventinovesima candelina: nasce in un periodo nel quale non esistevano nemmeno i catalizzatori per i motori a benzina mentre oggi si parla di elettrificazione totale e di guida autonoma. Chi ha orecchie per intendere intenda.


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