Dopo mesi di anticipazioni, spoiler e previsioni è finalmente pubblico il decreto sulle revisioni dei pesanti. Prima l’emendamento all’Art. 80 del C.d.S. nella Legge di Bilancio 2019, poi l’istituzione di appositi corsi di formazione per l’abilitazione degli ispettori al controllo della nuova categoria di veicoli. Seguono norme transitorie, circolari attuative ed infine l’ulteriore modifica al già citato articolo 80 finalizzata all’inserimento di“rimorchi e semirimorchi” alle competenze dei centri di controllo privati (approfondimento). Con il DL 121/2021 si chiude definitivamente il cerchio di questo lungo iter di esternalizzazione frutto di una pressante operazione di lobbying che vede protagoniste alcune categorie economiche. Il protrarsi dei tempi è invece dovuto all’attività degli antagonisti, primo fra tutti uno degli organismi interni al Ministero competente, in materia di trasporti, dell’attuazione delle disposizioni emanate dal Parlamento: la Motorizzazione Civile. Le revisioni in seduta esterna rappresentano infatti una delle poche forme di straordinario ben retribuito per i funzionari tecnici pubblici, ma è riduttivo limitarsi alla questione degli stipendi. Occorre entrare nel merito dell’argomento, e chi meglio della Motorizzazione può farlo? Se la politica può essersi “bevuta” la baggianata dello snellimento della burocrazia per imprese di autoriparazione ed autotrasportatori (crediamoci, va la), chi vive quotidianamente il settore non può avere certo dubbi in ordine ai reali motivi di queste spinte verso la privatizzazione. Lo dice la parola stessa: privatizzare, mettere le mani in un business da milioni e milioni di euro, ma soprattutto diventare titolari del potere certificativo, di prassi conferito alla PA.
Ciò significa non solo poter guadagnare, ma avere la facoltà di stra-guadagnare in barba alla legge, quella stessa legge che si dovrebbe rappresentare durante lo svolgimento della funzione pubblica. E’ quanto avvenuto nell’ambito della revisione dei veicoli leggeri, un settore esternalizzato nel 97 e ormai in balia dell’anarchia più totale: imprese in sovrannumero, nessun controllo da parte dell’Amministrazione e di conseguenza una denaturazione del concetto stesso di controllo tecnico dei veicoli finalizzato alla salvaguardia della sicurezza stradale e tutela dell’ambiente. Un comparto ormai privatizzato a tutti gli effetti e regolamentato esclusivamente dalla legge del libero mercato, un risultato conforme alle mire dei promotori di questo sistema negli anni 90. “Imparare dal passato per migliorare il futuro” è stato il motto del sindacato Federispettori, una delle principali forze in opposizione alla privatizzazione e protagonista di un recente flash mob anticipato da un video di sensibilizzazione sull’argomento (immagini). Un’azione di dissenso corredata da copiosa attività di elaborazione di documenti rivolti a Commissione Trasporti (leggi), Ministero omonimo e direzione generale della Motorizzazione (leggi).

In data 15 Novembre 2021 è stato protocollato l’attesissimo Decreto n.446 in materia di revisione dei veicoli pesanti. Accolta la principale richiesta dell’associazione degli ispettori tecnici, bruciati invece i piani di tutte le organizzazioni che volevano replicare il modello veicoli leggeri. Fra i grandi delusi anche i produttori/rivenditori di attrezzatura che auspicavano nella proliferazione di clienti ai quali vendere i nuovi macchinari messi a punto per la ghiotta occasione. No, non si potranno equipaggiare tutte le officine di una fiammante linea di revisione da 150 e rotti mila euro, ma sarà un’opportunità riservata a pochi, veramente pochi. I requisiti imposti dalla norma circoscrivono di fatto a poche unità per provincia le imprese di autoriparazione o consorzi in possesso dei numeri effettivi per diventare centro di controllo privato. E’ infatti richiesto alle attività un fatturato globale minimo di 300.000€ all’anno negli ultimi tre anni, rendicontazioni annuali che evidenzino i rapporti tra attività e passività e certificazioni ISO/IEC 9001/2015 ed ISO/IEC 17020 parte C, altri costi a carico dell’impresa. Proibitive le misure minime dei locali destinati al controllo tecnico dei veicoli che dovranno essere nettamente separati da quelli dove si svolge la riparazione meccanica: 250m² per linea e 600m² totali di capannone, uffici compresi. Deve inoltre esservi un piazzale per la movimentazione di veicoli avente superficie di almeno 1000m², il tutto corredato con documentazioni amministrative quali agibilità, certificazione antincendio e DVR (per i dettagli art. 7,8,9,10 del decreto). Ciò che tuttavia rappresenta la principale insidia per coloro che ambivano alla privatizzazione in tutto e per tutto è il regime giuridico degli ispettori disciplinato dall’Art.17 del decreto. Niente ispettore dipendente, tantomeno titolare d’impresa: è l’attuazione più coerente del principio di terzietà a garanzia dell’indipendenza degli operatori che svolgono la revisione ministeriale. Nessuna ingerenza quindi da parte dell’imprenditoria sui poteri certificativi degli incaricati di pubblico servizio, in conformità alle richieste di Federispettori. Gli operatori verranno selezionati all’interno del RUI (registro unico degli ispettori) dalla Motorizzazione ed assegnati, per singola giornata, al centro di controllo che ne avanza richiesta, una forma di continuità rispetto a quanto già in vigore per le sedute esterne di revisione disciplinate dalla Legge 870/86. Ulteriore rinvio invece per il rilascio delle abilitazioni agli ispettori nonostante all’Art. 16 vengano delineati i profili delle commissioni d’esame. Gli esaminatori saranno un dirigente MCTC, diversi funzionari con competenze tecniche ed amministrative ed infine un segretario, anch’esso dipendente pubblico. Gli esami invece si terranno presso le Direzioni Generali Territoriali, quindi ogni corsista sarà libero di partecipare alla sessione più vicina al proprio domicilio, ma per la definizione delle modalità di svolgimento delle prove bisognerà attendere il provvedimento emanato a 90 giorni dalla pubblicazione in GU di quello in esame, peraltro non ancora avvenuta*. Il decreto si conclude (Art.21) con una disposizione universale valida anche per il settore dei leggeri: la figura del sostituto ispettore è definitivamente abolita. Seguiranno ulteriori norme attuative per la determinazione dei corrispettivi agli ispettori – testuali parole – a valere su tutte le categorie di veicoli a motore. Rivoluzione in vista? Staremo a vedere agendo nei limiti del possibile.
*Il DM n.446 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 23/11/2021 (Serie Generale n.279).





Vi ricordate il pesce d’Aprile di Federispettori? Magari no, ma noi non possiamo certo dimenticarlo. Ci sono arrivate “tirate di orecchie” da ogni dove perchè un semplice scherzo si è tramutato nell’intasamento dei centralini di software house, rivenditori di attrezzatura ed associazioni di categoria. La nostra redazione aveva inscenato un fantomatico emendamento al Codice della Strada, precisamente all’art. 240 del Regolamento di Attuazione, che di fatto inibiva i titolari di centro di controllo dallo svolgimento di revisioni nella propria sede. Che dire: nulla di così trascendentale considerando le recenti politiche sull’eliminazione dei conflitti d’interesse volute dall’Europa, ma ciò che avrebbe dovuto far accendere il campanello d’allame era la fonte della notizia – ed il pesce che se la rideva in fondo all’articolo -, ma son dettagli. E’ vero: siamo in Italia e le UMC non sono certo delle eccellenze in materia di comunicazione, ma ricevere una news del genere da un canale non ufficiale…per giunta al 1° di Aprile…dai…
Al 26 Ottobre però non cade nessuna ricorrenza che prevede scherzi idioti o quant’altro. Eppure una notizia simile a quella del pesce d’Aprile l’ha data CNA Autoriparazione, organizzazione sicuramente più autorevole del nostro umile blog. Certo, l’articolo di CNA non ne ha parlato esplicitamente, ma con un minimo di conoscenza delle pagine web istituzionali era davvero semplice arrivare al dunque. “Esprimiamo convinto apprezzamento per il lavoro svolto dalla Commissione Trasporti della Camera, che nella giornata di ieri 25 ottobre ha chiesto e ottenuto il ritiro di un emendamento che, laddove approvato, avrebbe compromesso il funzionamento del sistema delle revisioni dei veicoli a motore, [tenetevi forte!] strutturato sull’efficiente agire dei centri di controllo privati”. Sì, l’hanno detto veramente! Strutturato sull’efficiente agire dei centri di controllo privati!!! Risate, prego.

Il riferimento, come viene specificato di seguito, è all’emendamento numero 1.215 (immagine sopra – fonte lista emendamenti al DL 121/2021) che – secondo loro – “con l’asserito obiettivo di conseguire maggiore imparzialità degli ispettori, attraverso un confuso e irrazionale processo di affrancamento degli stessi dai centri di revisione, avrebbe immesso, a ben vedere, sicuri elementi di disordine e inefficienza nell’attuale assetto di regole in materia di revisioni.” . In parole povere hanno dichiarato che la separazione fra i due soggetti, ispettori e centri di controllo, avrebbe portato a disordini nel settore. Come dargli torto. Un cambiamento così epocale, applicato dall’oggi al domani, sarebbe sì deleterio per tutti, soprattutto se avesse natura “irrazionale” come ha precisato lo scrivente. Guarda caso nessuna menzione alle norme ISO e direttive europee che da diversi anni a questa parte – non dall’oggi al domani – legittimano la linea dell’indipendenza, regole puntualmente disconosciute da tutti coloro che non ne traggono beneficio, CNA in primis. Eppure il loro stesso ex-presidente, Franco Mingozzi, durante un intervista con Quattroruote nel 2020 dichiarava, testuali parole: “C’è un numero eccessivo di pecore nere” aggiungendo inoltre che il fenomeno riguarda “Il 10-15% del totale dei centri, ma, se si aggiunge chi chiude un occhio, si arriva al 30%”. Quindi un centro su tre lavora nell’illegalità – proporzione decisamente sottostimata -, ma CNA ha ancora il coraggio di dire che “destrutturare la vigente architettura legislativa non gioverebbe, di certo, all’efficientamento delle revisioni.” Che faccia di bronzo, davvero.
Insomma, come sempre viene mascherato il proprio interessi dietro a sicurezza stradale e bene pubblico, ma fa anche questo parte del gioco. Sta di fatto che con un’ottima operazioni di lobbying – va riconosciuto – CNA ed altri soggetti hanno fermato l’emendamento sulla terzietà che ormai non è più un pesce d’Aprile di Revisioniautoblog, ma solida realtà, nonostante non si tratti ancora di norma vigente. E su questo aspetto apriamo una piccola parentesi in quanto l’articolo di CNA, tra omissioni e distorsioni, risulta fuorviante per un lettore che non conosce la materia. Se il contenuto dell’emendamento fosse stato “confuso ed irrazionale”, come viene definito dallo scrivente nel merito, l’atto di modifica sarebbe stato giudicato inammissibile e di conseguenza escluso a priori. Invece le cose sono andati diversamente, e pare addirittura, nonostante sia impossibile trovarne riscontro, che l’emendamento sia stato osservato con interesse da parte del rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili. Sia chiarito quindi una volta per tutte: il principio di terzietà può non piacere o non essere condiviso – naturalmente per interessi personali, non nascondiamoci – , ma non è certo fantascienza o frutto di menti scellerate. Ciò che fino a pochi anni fa pareva pura blasfemia è ora oggetto di discussione parlamentare. Mica male è? Un principio talmente demonizzato, screditato e sminuito da non essere nemmeno degno di dialogo costruttivo fra le parti. E ora saranno gli altri a decidere, quelli con 15 mila euro mensili di stipendio pubblico e che, con buona probabilità, non hanno mai visto nemmeno in cartolina un centro di controllo. E’ il prezzo della superbia e dell’ingordigia: – mai scendere a compromessi con gli ispettori, sono i nostri dipendenti! – Ecco, bravi, questi sono i risultati: avete vinto un impegno di governo. Problema quindi prorogato, come sempre, ma arriveremo al dunque… Eccome se arriveremo.
Un plauso ai colleghi di Federispettori per questo primo, grande traguardo.




E’ quanto afferma il sindacato Federispettori tramite uno dei rappresentanti, Diego Brambilla. Sulla piattaforma Facebook il video ha superato le 100 condivisioni spontanee ed è stato inserito fra i commenti agli ultimi post della pagina ufficiale del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, il principale destinatario della denuncia. L’obbiettivo del sindacato è la convocazione da parte dell’attuale direttore generale della Motorizzazione Civile, l’ing. Pasquale D’anzi, per un confronto urgente sulle modalità dell’esternalizzazione delle revisioni per i veicoli pesanti. La privatizzazione è ormai stabilita da una serie di passaggi legislativi introdotti da due anni a questa parte, ma mancano i decreti attuativi, la parte più delicata in quanto vengono definiti tutti i dettagli operativi. Trattandosi di un settore nuovo è inopportuno sbilanciarsi in previsioni affrettate, ma accorre imparare dalla storia ricordando gli errori commessi con l’esternalizzazione dei leggeri, avvenuta oltre 25 anni fa. La situazione oggi è infatti drammatica, una triste realtà riconosciuta all’unisono dalle associazioni di categoria che in svariate occasioni hanno denunciato pubblicamente. La revisione ministeriale è una buona opportunità di business con effetti positivi sull’occupazione, ma prima ancora è un servizio pubblico volto a garantire la sicurezza stradale e la tutela dell’ambiente. Le due funzioni sono assolutamente compatibili – secondo Federispettori – ma va prestata massima attenzione al conflitto d’interessi fra ispettore e cliente e fra ispettore e centro di controllo per garantire l’indipendenza di giudizio, sinonimo di qualità dei controlli. -“Vorremmo comunicare all’ing. D’anzi tutte le criticità che abbiamo riscontrato in 25 anni di revisioni dei veicoli leggeri mal-privatizzate, con il fine unico di rendere un buon servizio alla comunità, con particolar riferimento agli automobilisti ed agli autisti di veicoli pesanti”. –
Si raccomanda la massima divulgazione dell’articolo e condivisione del video.
[LINK YOUTUBE]
2014/45UE: per molti speranza, per altri terrore. Anzi, per tanti – tantissimi – terrore, per pochi speranza. La 2014/45UE è la direttiva europea che abroga la precedente direttiva 96/96CE, il fondamento degli ultimi venticinque anni di revisioni ministeriali, o controlli tecnici per utilizzare un termine più europeo. No, non è colpa della 96/96CE se in Italia è andato tutto a rotoli: le basi erano buone, ma nel bel paese non hanno attecchito (o non le hanno volutamente fatte attecchire). Prima di addentrarci nella questione però, è utile spendere un paio di paroline su cosa sono le direttive comunitarie e sul perchè vengono promulgate, tanto per evitare i soliti avvocati da social network.

Marcatura UNECE (E3) su fanale posteriore Fiat 500
Uno dei principi fondanti dell’Unione Europea è la libera circolazione di persone e merci – quindi veicoli – che per essere attuata concretamente presuppone un processo di uniformazione delle omologazioni di veicoli, dei controlli tecnici, delle norme sulla circolazione stradale e via dicendo. Questo iter ha già raggiunto uno stadio avanzato, basti pensare che già negli anni anni 70 le auto erano equipaggiate con dispositivi approvati dall’UE oppure dall’UNECE, la Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite. Quanto al termine “direttiva”, abusato e snaturato, attenzione a non farsi ingannare dal significato secondo il vocabolario italiano: direttiva, seguito dall’aggettivo europea, non significa certo “linea guida dall’Europa”. E’ una fonte di diritto, è legge, che però acquisisce valore giuridico dopo il recepimento mediante atti nazionali, un passaggio obbligatorio per ogni Stato membro entro un termine prefissato. Il meccanismo è questo, da sempre, ma ciò che si è evoluto negli anni è l’entità e la portata delle norme. E’ ragionevole: se in principio era sufficiente fissare qualche semplice regola comune, come ad esempio frequenza ed oggetto dei controlli, con la progressiva armonizzazione si punta sempre più in alto, aggiungendo obbiettivi più specifici ed ambiziosi. Per avere una proporzione, la prima direttiva volta ad uniformare il controllo tecnico fra stati membri (77/143CEE del 29 Dicembre 1976) contava 5 pagine, la 96/96CE del 20 Dicembre 1996 19 mentre la 2014/45UE del 3 Aprile 2014 78. Le pagine introduttive, quelle dei cosiddetti “considerando”, non hanno valenza giuridica in quanto giustificano la norma definendone gli obbiettivi a breve – lungo termine. Obbiettivi che fanno paura, soprattutto agli imprenditori che hanno la sfortuna (o fortuna?) di aver fatto impresa in uno Stato che non si è mai curato minimamente del resto dell’Unione.
Nel 1976 si parlava di “attuare una politica comune di trasporti”, “di migliorare le condizioni dei veicoli circolanti in territorio UE”, “di armonizzare scadenze e metodi di controllo”…tutte finalità dai termini indefiniti e dalla sostanza quasi utopica. Il grande sogno dell’UE: a chi non piacerebbe un’Europa senza frontiere, di pace e prosperità? Bello, davvero bello, finchè i nodi non arrivano al pettine. E arrivano senz’altro quando unisci sotto un’unica bandiera paesi con differenze abissali dal punto di vista culturale. Eccoci arrivata agli albori della 96/96CE, quando l’Italia truffò l’Unione Europea grazie alla spinta delle lobby degli autoriparatori e dei rispettivi amici in politica. – No, non è complottismo, è andata esattamente così. –
“Il controllo tecnico previsto dalla presente direttiva deve essere effettuato dallo Stato a da organismi a vocazione pubblica incaricati di tale compito oppure da organismi o impianti da esso designati, di natura eventualmente privata, debitamente autorizzati e che agiscono sotto la sua diretta sorveglianza. Quando impianti designati quali centri di controllo tecnico dei veicoli operano anche come officine per la riparazione dei veicoli, gli Stati membri si adoperano in modo particolare affinché siano garantite l’obiettività e l’elevata qualità di tali controlli.” [Direttiva 96/96CE – Art.2]
Il legislatore fu abile nello sventare agilmente ogni possibilità di rendere il controllo tecnico qualcosa di socialmente utile, redditizio per le casse dello Stato e soprattutto efficiente, nell’interesse di tutta la comunità. Potenziare il servizio pubblico oppure regalare un business agli amici privati? Non c’è nemmeno da pensare: la B senza ombra di dubbio, nel modo più spudorato. Un’opzione sì contemplata dall’UE, ma con riserva: masochismo puro, soprattutto per la stabilità delle imprese nel tempo. La strada della privatizzazione era infatti subordinata alla vigilanza pubblica, in particolar modo se l’attività fosse associata all’officina, un requisito che l’ordinamento italiano fissa per l’apertura del centro revisioni. Una scelta poco lungimirante, nel perfetto stile nazionale, della serie – finche si può mangiare mangiamo, poi si vedrà -. Ampiamente prevedibile, prima o poi, un ulteriore inasprimento delle regole fissate dall’Unione Europea, un rischio concreto se si considera il modello scelto in partenza, già di per se borderline. E il conto da pagare arriva sempre: ecco la direttiva 2014/45UE che al considerando n.34 reca testuali parole:
“È opportuno che gli ispettori, durante l’effettuazione dei controlli, agiscano in modo indipendente e che il loro giudizio non sia condizionato da conflitti di interesse, compresi quelli di natura economico o personale. È opportuno che il compenso degli ispettori non sia direttamente collegato ai risultati dei controlli tecnici. Gli Stati membri dovrebbero poter prescrivere requisiti in materia di separazione delle attività o autorizzare un organismo privato a effettuare i controlli tecnici e le riparazioni di veicoli, anche sullo stesso veicolo, qualora l’organo di controllo abbia accertato positivamente che resta mantenuto un elevato livello di obiettività.”
Blackout generale. Chiunque si è reso conto dell’inattuabilità del principio di terzietà nel sistema revisioni nazionale, ma ancora una volta si ragiona all’italiana. Il “considerando”, come premesso, non ha valenza giuridica e questo escamotage viene cavalcato per mantenere lo status-quo, ma per quanto ancora si potrà fare finta di niente? Dopo la mobilitazione iniziale la questione è infatti finita nell’oblio, complice un decreto di recepimento nazionale insipido e la totale mancanza di decreti attuativi. Ancora una volta, in perfetto stile italiano, nessuno vuole assumersi la responsabilità della distruzione del sistema revisioni che ad oggi conta più di 9000 imprese. Siamo nel 2021 e nulla è cambiato, ma in ambiente UE si parla ancora una volta di indipendenza. In data 27 Aprile 2021 il Parlamento Europeo ha infatti approvato, quasi all’unisono, la risoluzione che ha come oggetto “l’attuazione degli aspetti di sicurezza stradale del pacchetto controlli tecnici”(link) . Di seguito il punto 19:
“19. ribadisce la necessità di adottare misure volte a garantire l’indipendenza degli ispettori e degli organismi di controllo dal settore del commercio, della manutenzione e della riparazione dei veicoli, al fine di evitare conflitti di interesse finanziari, anche per quanto riguarda il controllo delle emissioni, fornendo nel contempo maggiori garanzie in termini di responsabilità civile per tutte le parti;”
La risoluzione UE non ha valenza giuridica, ma si può considerare una manifestazione di intento per i futuri regolamenti e direttive. Una sorta di punto della situazione tra le fila del parlamento europeo, una fra le più importanti istituzioni a livello comunitario. Rimane da capire per quanto ancora il Ministero dei Trasporti, che cambia continuamente nome ma non sostanza, voglia fare orecchie da mercante, disinteressandosi di 9000 imprese, di oltre 20000 ispettori e, soprattutto, della sicurezza stradale collettiva. Il conto, prima o poi, lo pagheremo tutti: più passa il tempo, più sarà salato.

Marcatura UNECE (E3) su fanale posteriore Fiat 500
“Il controllo tecnico previsto dalla presente direttiva deve essere effettuato dallo Stato a da organismi a vocazione pubblica incaricati di tale compito oppure da organismi o impianti da esso designati, di natura eventualmente privata, debitamente autorizzati e che agiscono sotto la sua diretta sorveglianza. Quando impianti designati quali centri di controllo tecnico dei veicoli operano anche come officine per la riparazione dei veicoli, gli Stati membri si adoperano in modo particolare affinché siano garantite l’obiettività e l’elevata qualità di tali controlli.” [Direttiva 96/96CE – Art.2]

“È opportuno che gli ispettori, durante l’effettuazione dei controlli, agiscano in modo indipendente e che il loro giudizio non sia condizionato da conflitti di interesse, compresi quelli di natura economico o personale. È opportuno che il compenso degli ispettori non sia direttamente collegato ai risultati dei controlli tecnici. Gli Stati membri dovrebbero poter prescrivere requisiti in materia di separazione delle attività o autorizzare un organismo privato a effettuare i controlli tecnici e le riparazioni di veicoli, anche sullo stesso veicolo, qualora l’organo di controllo abbia accertato positivamente che resta mantenuto un elevato livello di obiettività.”
“19. ribadisce la necessità di adottare misure volte a garantire l’indipendenza degli ispettori e degli organismi di controllo dal settore del commercio, della manutenzione e della riparazione dei veicoli, al fine di evitare conflitti di interesse finanziari, anche per quanto riguarda il controllo delle emissioni, fornendo nel contempo maggiori garanzie in termini di responsabilità civile per tutte le parti;”
Al primo del mese, com’è ormai consuetudine, la redazione di Revisioniautoblog ha giocato uno scherzetto pungente ai propri lettori e followers delle varie pagine social [Facebook] [LinkedIn] [Instagram] [YouTube]. Il pesce d’aprile (link) è riuscito talmente bene che abbiamo ricevuto chiamate, mail e messaggi privati da parte di numerosissimi appartenenti al settore revisioni, dal semplice ispettore al titolare di centro di controllo, dal programmatore della software house al tecnico-rivenditore di attrezzatura. Insomma, se la sono bevuta in molti, complice senz’altro l’autorevolezza di questo blog, ma anche il contenuto dell’articolo che in fin dei conti non era nulla di così trascendentale. Avessimo parlato di incremento della tariffa a 100€, oppure di revisione su base volontaria, di “autocertificazione di buona manutenzione del veicolo” e così via avrebbero tutti gridato alla fake news, o almeno si spera, ma quando il tema è l’indipendenza degli ispettori c’è sempre molta attenzione e di conseguenza preoccupazione o speranza a seconda delle propria posizione. Ciò che fino a qualche anno fa sembrava frutto di menti perverse progressiste oggi è attualità e lo si nota dallo stampo dei commenti, dalle discussioni e delle prese di posizione da parte di personaggi, anche autorevoli, notoriamente avversi a questo cambiamento. Infatti, se prima l’intero argomento veniva liquidato con una fragorosa risata di scherno, ora si corre ai ripari: “tanto ci sarà la proroga!” scrive fra i commenti il popolo di Facebook, mentre coloro che hanno la facoltà di dialogare con il Ministero mettono in atto strategie difensive per un recepimento indolore, ormai tardivo, del principio di terzietà. Già, recepimento, perchè ancora una volta vale la pena ricordare non si tratta di idee malsane di qualche pazzo visionario, bensì di norme già approvate dagli organi di legislazione comunitari che necessitano solamente di essere introdotte nel diritto nazionale, un passaggio obbligatorio che rientra nella natura della direttiva UE. Lo spirito di queste fonti di diritto è appunto quello di consentire a tutti gli stati membri, considerandone la disparità, di raggiungere l’obbiettivo prefissato in modo progressivo, evitando danni e criticità alle categorie interessate. Micro realtà disomogenee implicano tempi di adeguamento e sforzi differenti ed è per questo che nazioni all’avanguardia in materia di controllo tecnico dei veicoli come la Germania possono tranquillamente tirare un respiro di sollievo in quanto già parzialmente conformi alle nuove disposizioni. Poi arriva l’Italia che vanta la peggior Motorizzazione d’Europa (l’applicazione della recente proroga è l’ennesima dimostrazione), un sistema revisioni che fa acqua da tutte le parti (a questo proposito non serve argomentare) e a distanza di 7 anni dall’emissione della direttiva 2014/45Ue fa orecchie da mercante, come se il problema non la riguardasse. Essì, oramai è un problema, in quanto attività regolarmente operative e legittimate dallo Stato si vedranno abbassare la serranda da un giorno all’altro. Fantascienza? Catastrofismo? Quanti centri di revisione attualmente sono inattivi perchè sprovvisti dell’ispettore, la prima grande novità introdotta dalla direttiva comunitaria? Ma è colpa dei burocrati europei o del sistema nazionale che non è stato in grado di organizzarsi per tempo pubblicando all’ultimo giorno utile un copia-incolla disastroso della 2014/45Ue? D’altronde c’erano priorità quali l’abolizione del padale pressometrico, il sostituto errettì e via dicendo…
Duole prendere atto dei risvolti negativi che il scellerato iter di recepimento direttiva europea sta causando all’intero comparto revisioni, ma, si ribadisce, è solamente un problema di mala-gestione. Tutto il settore paga e pagherà le conseguenze della strategia fallimentare impiegata fino ad ora dai – passatemi il termine – negazionisti della terzietà, coloro che pensano di risolvere il “problema” ignorandolo. Peccato si tratti banalmente di ignoranti, con riferimento al significato etimologico del vocabolo, ovvero persone che ignorano, in questo caso, la storia e l’evoluzione della normativa automotive nazionale ed internazionale. Se nel primo Codice della Strada dell’età contemporanea, il Regio Decreto 8 Dicembre 1933 n.1740, tutte le norme riguardavano esclusivamente l’Italia per ovvie ragioni storico-politiche (N.d.r. era firmato Benito Mussolini!), già dal D.P.R. 393/59 del 1959 viene introdotto qualche riferimento alla regolamentazione comunitaria, come ad esempio il “proiettore europeo unificato” (Art. 196 D.P.R. 420/59), l’anabbagliante con fascio asimmetrico che attualmente equipaggia tutti i veicoli in circolazione. La vera rivoluzione è tuttavia rappresentata dell’emanazione della direttiva europea quadro relative all’omologazione degli autoveicoli, la 70/156CEE, dei motoveicoli, la 92/61CEE, e tutte quelle che disciplinano l’approvazione delle varie unità tecniche indipendenti (dispositivi di illuminazione e segnalazione visiva, freni, serbatoi, emissioni inquinanti ecc). Nel “nuovo” Codice della Strada infatti, D.Lgs n.285 del 1992, tutti gli ambiti già regolamentati dalla normativa comunitaria vengono rimandati ad essa in virtù del superiore grado nella gerarchia delle fonti di diritto. “Qualora le norme di cui al comma 3-bis si riferiscano a sistemi, componenti ed entita’ tecniche oggetto di direttive comunitarie, ovvero di regolamenti emanati dall’Ufficio europeo per le Nazioni Unite recepite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le prescrizioni di approvazione nazionale e di installazione sono conformi a quanto previsto dalle predette direttive o regolamenti.” (Art. 75 D.Lgs 285/92, comma 3-ter). Nel prossimo Codice della Strada è dunque lecito aspettarsi in materia di revisione dei veicoli un’attuazione integrale della disciplina comunitaria, oggi contenuta nella direttiva 2014/45Ue, un domani in qualche regolamento Ue, una fonte di diretto ancora più blindata della “semplice” direttiva. Che ne sarà di tutto coloro che considerano una mail da parte dell’impiegato della Motorizzazione più autorevole della Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea “perkè siamo in Italia e non in Europaaa111!!111”?
Chi non partecipa al cambiamento lo subirà, è inevitabile.
Curiosità – La durata media dei vari Codici della Strada è di circa 30 anni, un intervallo di tempo nel quale sono oggetto di numerosi emendamenti in base al progresso tecnico dei veicoli e all’evoluzione dei comportamenti dell’uomo. Quando l’entità delle modifiche risulta sconvolgere completamente il testo originale, di prassi si provvede ad una nuova stesura integrale del documento. L’attuale Codice della Strada D.Lgs 285/92 spegne quest’anno la ventinovesima candelina: nasce in un periodo nel quale non esistevano nemmeno i catalizzatori per i motori a benzina mentre oggi si parla di elettrificazione totale e di guida autonoma. Chi ha orecchie per intendere intenda.


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