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Covid-19

In data 27 Maggio 2020 l’Onorevole Carmela Grippa, deputata del Movimento 5 Stelle, ha inoltrato alla Commissione Trasporti un’interrogazione circa la proroga del controllo tecnico periodico dei veicoli. L’istanza è promossa da Associazione ICC (Associazione Ispettori Centri di Controllo), ma sono state coinvolte altre organizzazioni a prova del malcontento generale causato dai provvedimenti governativi relativi all’emergenza Covid-19. Sabato 16 Maggio 2020 si è tenuta una riunione virtuale fra i rappresentanti di AICC, Confarca (Confederazione autoscuole riunite e consulenti automobilistici), Unione Partite IVA ed il  comitato “Liberiamo l’Italia” al fine di coordinare le richieste da esporre all’Amministrazione rappresentata  dall’Ing. Alessandro Calchetti, Direttore Generale della Motorizzazione Civile. La rimodulazione della proroga delle scadenze ad Ottobre va oltre le competenze dell’ente ministeriale in quanto disciplinata da una disposizione del Parlamento (Legge. n. 27 del 24 Aprile 2020), unico organo istituzionale con l’autorità di proporre l’emendamento richiesto a gran voce da tutto il settore.

On. Grippa: “[..] Quali iniziative intende adottare il Governo, al fine di armonizzare la portata delle disposizioni in materia di revisione, prevedendo una soluzione graduale della proroga della scadenza delle stesse prima del mese di Ottobre? É necessario favorire la progressiva ripresa delle operazioni nel rispetto dei protocolli di sicurezza, evitando in tal modo un numero insostenibile di pratiche da gestire, nonchè possibili sanzioni ai conducenti a causa di una diversa interpretazione della normativa vigente. ” (Approfondimento multe illegittime durante il periodo Covid-19)

Sottosegretario del Governo: “In tema di proroga delle revisioni periodiche dei veicoli a motore, la competente Direzione Generale per la Motorizzazione del Mit (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) comunica che per le revisioni dei mezzi con massa complessiva inferiore alle 3,5 Tonnellate, le officine autorizzate stanno effettuando già dall’inizio di Maggio circa 70.000 revisioni giornaliere. Trattasi di dato estremamente significativo se rapportato al numero di revisioni svolte giornalmente dalle officine prima del periodo emergenziale che era di circa 60.000 al giorno. In altro termini, i cittadini stanno adempiendo all’obbligo di revisione periodica anche se la data di scadenza è prorogata e gli uffici preposti stanno accelerando nell’attività di evasione delle revisioni scadute prima dell’emergenza Covid-19. Nel mese di Maggio sono riprese anche le operazioni di revisione dei cosiddetti “mezzi pesanti” svolte esclusivamente dagli uffici della Motorizzazione Civile, con priorità nei veicoli che devono effettuare trasporti all’estero. A tale riguardo, si evidenzia che l’articolo 209 comma 1 del Decreto Legge 34 del 2020 ha istituito presso il Mit un fondo con una dotazione di 7 milioni di Euro per l’anno 2020 e 1,4 milioni per ciascuno degli anni 2021, 2022, per far fronte all’attuali situazione sanitaria e garantire la continuità dei servizi erogati dagli uffici della Motorizzazione Civile, salvaguardano al contempo la salute dei dipendenti e dell’utenza attraverso l’utilizzo di appositi dispositivi di protezione e l’adozione di nuovi modelli organizzativi e gestionali. Quanto all’eventuale riduzione temporale della proroga concessa, si rappresenta che l’attuale previsione risulta assolutamente coerente con quella di carattere generale relativa alle proroghe di tutte le autorizzazioni contenuta nell’articolo n. 103 comma 2 del Decreto Legge 18 del 2020. Per altro, si comunica che la Commissione Europea ha predisposto uno schema di regolamento, attualmente in fase di approvazione, che prevede la proroga di sette mesi per la scadenza dei documenti di guida e per le revisioni (approfondimento). Di tal che, l’ordinamento italiano risulta sostanzialmente già allineato con la disciplina comunitaria.”

On. Grippa: [..]Le imprese lamentano l’interruzione del servizio durante i primi due mesi di emergenza Covid-19 nonostante il codice ATECO delle stesse rientrasse fra le attività consentite dal Governo. Cosa succederà a lungo termine? Vi sarà uno tsunami di revisionistimati circa 5-6 milioni di veicoli da sottoporre a controllo tecnico entro Ottobreche comporterà un disallineamento con effetto domino nei futuri “anni pari”: a Marzo e Aprile 2022, 2024, 2026 e così via i centri di revisione lavoreranno poco o nulla. Il problema principale però è correlato alla sicurezza stradale in quanto circolano su strada veicoli non revisionati e di conseguenza potenzialmente pericolosi. Inoltre, non si è tenuto conto delle attrezzature con obbligo di taratura annuale in dotazione ai centri di revisione, operazione impossibile durante la prima fase dell’emergenza Covid-19. Molte imprese non hanno regolarizzato questo onere, pertanto risultano bloccate dalla Motorizzazione Civile. Si richiede un diverso scaglionamento delle tarature dalla linea di revisione per i mesi a seguire al fine di consentire l’operatività alle imprese già duramente penalizzate dalla proroga della revisione ministeriale.

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Durante questa emergenza Covid-19 ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori nel settore revisioni. Chi riteneva i centri di controllo regolarmente operativi, chi viceversa e chi invece non si è mai espresso in merito. Nulla di male, se fosse un semplice dibattito da bar, ma si tratta della posizione ufficiale delle autorità competenti in materia, ovvero Province e Città metropolitane. Unica certezza fra le tante interpretazioni i decreti del governo, ma l’argomento revisione ministeriale dei veicoli non è mai stato trattato a fondo su scala nazionale. Fatta eccezione per il “Cura Italia” D.L. 18/2020 (link) nel quale vengono prorogate le scadenze fino a Luglio 2020 al 31 Ottobre, tutte le considerazioni in materia hanno come base un’elaborazione delle norme generali contestualizzate al settore revisioni. I centri di controllo non sono mai stati chiusi formalmente dal governo in quanto i codici ATECO delle imprese (45.2/45.4 e derivati e/o 71.20.21) rientrano nell’elenco delle attività consentite dall’allegato I del DPCM 22 Marzo 2020 (link), ma per gli automobilisti era impossibile raggiungere le imprese a causa delle restrizioni relative alla circolazione sul territorio. Con DPCM 9 Marzo 2020 vengono vietati dal Governo tutti gli spostamenti che non rientrano fra le esigenze lavorative, sanitarie o di necessità generale. Dal 22 Marzo 2020, ai sensi dell’ordinanza congiunta Ministero della Salute/Ministero dell’Interno (link), il caso di necessità viene sostituito dall’assoluta urgenza, una misura chiaramente più restrittiva della precedente. Di conseguenza, l’atto di recarsi al centro di controllo per regolarizzare la revisione del veicolo, considerando la proroga a Ottobre, comporta una violazione delle succitate norme governative di contenimento. Numerosi automobilisti sono stati sanzionati a questo proposito con un’ammenda a partire da 400€ con maggiorazione di un terzo in quanto la violazione è commessa mediante l’utilizzo di veicolo (D.L  25/03/2020 n.19). Se un cittadino deve commettere reato per usufruire di un servizio, con un minimo di buonsenso tale servizio è da ritenersi sospeso nonostante “non sia scritto da nessuna parte“. A complicare ulteriormente il quadro la condivisione dei codici ATECO – e spesso delle strutture – fra centri di controllo e autofficine, attività considerate essenziali dal governo in questa fase di criticità. Lecito il dubbio: – Se l’automobilista può recarsi in officina per una riparazione di emergenza, per quale motivo il veicolo non può essere revisionato trovandosi già in sede? – Naturalmente il vero problema non è tanto il caso specifico in se, ma l’abuso di questo pretesto per giustificare ogni revisione ministeriale: è concorrenza sleale fra imprese. I centri di controllo con autofficina sarebbero legittimati ad operare nel caso in cui il veicolo dovesse trovarsi in sede per altre operazioni, quelli cosiddetti puri no. Per rimediare a questa situazione caotica ed iniqua, alcune amministrazioni hanno disposto la sospensione dell’attività dei centri di controllo autorizzati, prima fra tutte la Città Metropolitana di Bologna in data 19 Marzo 2020 (link). Seguono a ruota Pisa (link), Lecco (link), Rovigo (link), Bari (link), Lodi (link), Taranto (link), Potenza (link) ed altre, ma la maggioranza delle province non si esprime in merito. Questo silenzio viene interpretato erroneamente come tacito consenso della direzione di numerosi centri di controllo, ma alcune amministrazioni considerano comunque sospeso il servizio revisioni, come dichiarato in risposte private a quesiti specifici (immagine di sinistra). Curioso il caso della provincia del Sud Sardegna. I centri di controllo sono ritenuti operativi sulla base del codice ATECO (link), ma alla richiesta in merito alla possibilità o meno per gli automobilisti di raggiungere le strutture rimpallano al Ministero dell’Interno (link). La provincia di Pescara dichiara non avere autorità sui centri di controllo (link), mentre la provincia di Brescia autorizza le revisioni di veicoli già in autofficina per altre riparazioni (link). Caos totale e norme disomogenee sul territorio, una costante del settore revisioni. Come non bastasse, il DPCM 10 Aprile 2020 (link) complica ulteriormente le cose dando spazio ad una nuova interpretazione da azzeccagarbugli delle norme di contenimento. In particolare, nell’art. 1 comma a) viene nuovamente consentita la circolazione per le cosiddette situazioni di necessità all’interno del comune di residenza. Alla luce delle ultime riaperture tra cui figurano librerie, cartolerie e negozi di abbigliamento per bambini, è ragionevole estendere la “situazione di necessità” al transito verso una qualsiasi delle attività autorizzate dal governo. In alternativa, le suddette attività sarebbero sì operative, ma risulterebbero irraggiungibili per i clienti. Se gli automobilisti fossero legittimati a recarsi liberamente presso i centri di controllo senza incorrere in sanzioni, l’attività degli stessi andrebbe nuovamente regolarizzata in tutta Italia, ma l’ultima parola spetta a Province e Città Metropolitane.

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L’immagine di copertina potrebbe diventare l’emblema di questo periodo caotico: automobilista multato per violazione dell’art. 80 C.d.S. (revisione scaduta a Gennaio 2020) in data 21 Marzo 2020 e contravvenzione annullata l’indomani ai sensi dell’art. 92 D.L. 18/2020, ovvero il “Cura Italia” del 17 Marzo 2020. Diversamente, nell’immagine di destra, un altro automobilista viene sanzionato in una circostanza analoga, ma la multa rimane. La natura dell’equivoco è molto semplice: il sopracitato decreto prevede una proroga dei termini delle revisioni ministeriali con scadenza fino a Luglio 2020 al 31 Ottobre 2020, ma non vengono menzionati i veicoli con revisione scaduta in precedenza. È lecito porsi qualche domanda, ma prima di tutto occorre un’analisi a 360° con un minimo di logica e tanto buonsenso. Si parta dal testo della norma, riportato di seguito nell’immagine sottostante.

“In considerazione dello stato di emergenza nazionale”: l’inizio del comma dovrebbe far riflettere sui tempi critici in cui è stata partorita la disposizione, una misura di emergenza per contenere il contagio da Covid-19. La ratio-legis dell’intero decreto è evidente: minimizzare gli spostamenti per evitare contatti fra persone. Alla luce di ciò, è ragionevole pensare che la proroga sia valida per tutte le scadenze della revisione ministeriale, anche quelle antecedenti al 17 Marzo 2020, data di pubblicazione del “Cura Italia”. Nonostante i decreti legge non abbiano carattere di retroattività, se la proroga fosse stata relativa alle sole scadenze di Marzo, Aprile, Maggio, Giugno e Luglio, sarebbe stato specificato. In aggiunta, in data 23 Marzo 2020, il Ministero dei Trasporti si esprime in materia con la circolare n.0001735 rivolta a tutte le Motorizzazioni, alla province, al Ministero dell’Interno e alla Polizia Stradale (link). Si riporta di seguito parte del testo.

Ancora nessuna menzione per i veicoli con revisione già scaduta, ma vengono esplicitamente autorizzati a circolare quelli a cui è stato assegnato l’esito “ripetere” al controllo ministeriale, previo il ripristino alle condizioni di sicurezza. Chi ha le competenze per verificarlo su strada? Nessuno. Di fatto viene legittimata la circolazione di veicoli con difettosità comprovate facendo riferimento alla responsabilità dell’automobilista, un pericolo per la sicurezza stradale, ma un pericolo secondario in confronto al contagio da Covid-19. A questo punto, è ancor più logico considerare la proroga valida per tutte le scadenze in quanto, come specificato, “la disposizione ha carattere generale e non ammette eccezioni”. In questi giorni è stato più volte menzionato il caso del fantomatico veicolo degli anni 80 mai revisionato che scorrazza a tutta velocità mettendo a repentaglio la sicurezza stradale, ma forse sfugge un piccolo particolare. La circolazione oggi è vietata, per tutti. Gli unici spostamenti consentiti sono quelli di “assoluta urgenza” ai sensi della nuova ordinanza del Ministero della Salute/Ministero dell’Interno (link), quelli giustificati da esigenze lavorative o di salute, pena multe salatissime o addirittura carcere. Prevedere ogni possibile circostanze è un dovere della legge, ma di questi tempi è assai improbabile che un qualsiasi cittadino rispolveri la vecchia moto per andare a farsi un giro in barba alle restrizioni previste dal governo. Per le stesse ragioni sopra elencate, unitamente alla proroga prevista dall’art.92 del “Cura Italia”, l’atto della revisione ministeriale non rientra più tra le valide giustificazioni che autorizzano alla circolazione. L’operatività dei centri di controllo tecnicamente non è stata sospesa dall’ultimo decreto DPCM 22 Marzo 2020 (link articolo), ma le revisioni sono a tutti gli effetti bandite. I clienti commetterebbero reato recandosi al centro di controllo: ognuno tragga le proprie conclusioni considerando che consegnando la cosiddetta “prenotazione” si potrebbe essere considerati complici.

Interpretazione da parte dell’autorevole EGAF, casa editrice dei famosi “prontuari” in dotazione a Centri di Controllo e Forze dell’Ordine

Per concludere, due righe in merito all’apertura “da decreto” dei centri di controllo. L’unica ragione per cui le imprese sono operative coincide con l’origine di tutti i mali del settore revisioni, ovvero l’inquadramento come “autofficina”. Nonostante le normative europee prevederebbero il contrario, ad oggi in Italia il centro revisioni è a tutti gli effetti un’officina condividendo gli stessi codici ATECO che identificano le attività dal punto di vista contributivo. L’autoriparazione è stata giustamente ritenuta fondamentale dal Governo in questo periodo di emergenza, di conseguenza i relativi codici 45.2 e 45.4 sono stati inseriti nel famoso elenco allegato al DPCM 22 Marzo 2020 (link). I centri di controllo risultano quindi operativi, ma per un errore di classificazione. Ironia della sorte, anche il codice ATECO specifico dei centri di controllo è finito nel sopra citato elenco per caso. Alcune imprese hanno il codice 71.20.21 (Controllo di qualità e certificazione di prodotti, processi e sistemi) che rientra nel macrogruppo dei “71” (Attività degli studi di architettura, ingegneria ed altri studi tecnici) inizialmente non presente nella bozza del decreto. Sono stati aggiunti all’ultimo per consentire il proseguimento dei lavori nei grandi cantieri usufruendo dei sopra citati studi professionali relativi all’edilizia: ecco spiegata la “legittima” operatività dei centri di revisione.

-Ma si possono ancora fare le revisioni?- -Certamente! Nessun cliente ha l’esigenza di richiederle vista la proroga e rischia il carcere per raggiungere il centro, c’è la possibilità di contrarre il Covid-19 (o in alternativa di contagiare) e i centri di revisione sono finiti “per caso” nell’elenco delle attività autorizzate ad operare, però sì, se vuoi puoi farle!-

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Bare ammassate in provincia di Bergamo

Da giorni le principali testate giornalistiche divulgano articoli relativi alla proroga della revisione ministeriale, ma la poca chiarezza delle informazioni ci ha spinto a desistere nel fare altrettanto fino all’ultimo. Il problema non era tanto la veridicità della fonte, bensì i contenuti che, a dirla tutta, non stavano – e non stanno – ne in cielo, ne in terra. Avevamo chiesto allo Stato di salvaguardare la nostra salute con l’hashtag #fatecichiudere, ma probabilmente qualcuno ha frainteso.-#Fatecichiudere i cancelli per 15 giorni, non le attività per sempre!”- è ciò che sostengono la maggior parte degli addetti ai lavori, ma attenzione, con uno sguardo critico la realtà potrebbe essere peggio di quanto sembra. Già, perchè se sei di Isernia (provincia con 0 contagi da Covid-19) e consideri il Coronavirus come il mostro lontano di cui parla la televisione la pensi in un modo, se sei di Bergamo (immagine di destra) e da una settimane stai vivendo un incubo in un altro. È abbastanza logico che la politica sia più vicina al punto di vista dei secondi considerato l’elevato numero di trasgressori alle norme contenute nei DPCM emanati i giorni scorsi, ma naturalmente tu non ci arrivi: sei un italiano medio e non vedi oltre al tuo orticello. Vorrei proprio vedere se anteporresti il tuo interesse alla salute dal bel mezzo di un focolaio di Covid-19. Finchè si tratta di salute pubblica chissenefrega, ma se fosse la tua salute – o di un famigliare – a rischio?-. “Tanto è dall’altra parte del mondo” pensavamo tutti quando i TG diffondevano i filmati da Wuhan. E il video-sfottò dei francesi nei nostri confronti? Che strano, ora non ridono più. Dopo questa breve morale, entriamo nel merito della questione: l’indignazione di parte degli addetti ai lavori è senz’altro comprensibile, ma fino ad un certo punto. Il comma 3 dell’art.89 della bozza del decreto “Cura Italia” recava testuali parole in materia di “trasporto stradale e trasporto di pubblico di persone”: “In considerazione dello stato di emergenza nazionale di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, è autorizzata fino al 31 ottobre 2020 la circolazione dei veicoli da sottoporre entro il 31 luglio 2020 alle attività di visita e prova di cui agli articoli 75 e 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 ovvero alle attività di revisione di cui all’articolo 80 del medesimo decreto legislativo.” Il provvedimento poteva calzare perfettamente al settore pubblico in quanto la Motorizzazione Civile da giorni aveva comunicato tramite circolare l’interruzione del servizio. Diversamente, numerosi esponenti del governo hanno dichiarato che la macchina-Stato non poteva arrestarsi, quindi le autofficine – e i centri di controllo di conseguenza – avrebbero dovuto garantire assistenza ai veicoli, una necessità primaria per i cittadini. Il paradosso è evidente: che senso avrebbe non imporre la chiusura dei centri di revisione privati, ma di fatto disincentivare le revisioni per cinque mesi? Questo interrogativo lasciava dedurre che la versione ufficiale del decreto sarebbe stata gestita meglio, ma al comma 4 dell’art. 92 del cosiddetto “Cura Italia” (link) pubblicato il 17 Marzo 2020 viene riproposto senza modifiche il testo sopra citato. Le revisione ministeriali con scadenza fino a Luglio 2020 dovranno essere regolarizzate entro il 31 Ottobre 2020 comprese quelle già scadute (a quanto pare): lo Stato limita gli spostamenti degli automobilisti, ma non si prende la responsabilità delle chiusura forzata della attività. Un atto vile, ma mai quanto l’atteggiamento di numerosi titolari di centri di revisione che in queste ore hanno dimostrato il peggio nei vari gruppi Facebook del settore. La morale è la seguente: Chissenefrega se la sanità è al collasso ed il contagio da Covid-19 non si arresta! Io devo lavorare! -Anzi, far lavorare i miei dipendenti per l’esattezza-. E voi vi aspettereste che un individuo che non ha a cuore la salute pubblica si preoccupa della sicurezza dei veicoli? Seguono a ruota i rappresentanti della associazioni di categoria che di questi tempi spuntano come funghi: dai profili social privati scrivono #iorestoacasa e #andràtuttobene, però contattano il Ministero per mandarvi a lavorare. Nel frattempo, dalla pagina Facebook del Mit arrivano parole di conforto (immagine di sinistra): il decreto legge entro 60 giorni dovrà essere convertito in legge dal Parlamento ed è ragionevole pensare ad una rimodulazione in caso di miglioramento della situazione in Italia. Ce lo auguriamo tutti, ma non dimentichiamo le priorità! La salute è sempre al primo posto!