È vero, questa ci era sfuggita. Se tutti gli emendamenti relativi al codice della strada sono raggruppati nell’art. 49 e 49 bis del DL Semplificazione 76/2020 (ora Legge n.120 del 11 Settembre 2020)(articolo approfondimento), una piccola, grande novità positiva per il comparto revisioni si trova altrove. L’art.29, fra le disposizioni “per favorire l’accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici” ed i “permessi di circolazione dei titolari di contrassegni”, contiene semplificazioni in materia di esportazione di veicoli. Nello specifico, si fa riferimento all’obbligo di revisione regolare non antecedente ai sei mesi dalla data di richiesta di cancellazione dagli archivi nazionali del PRA (link comunicato Mit/ACI), un provvedimento al di fuori di ogni logica (articolo approfondimento). Inutile specificarlo, ma all’origine della norma c’è un conflitto d’interessi di natura economica che vedeva, e vede tutt’ora, contrapposti i demolitori italiani e la filiera delle compravendita di veicoli. In sintesi, la ratio della disposizione era quella di agevolare le demolizioni in Italia disincentivando l’export, scelta prediletta dagli automobilisti in quanto maggiormente redditizia. Infatti, in Italia sono a carico dell’automobilista gli oneri della demolizione, termine improprio per definire lo smontaggio del veicolo finalizzato alla rivendita dei componenti usati, un business non indifferente per i cosiddetti “sfasciacarrozze”. Purtroppo per loro, questa gigantesca farsa non ha condotto al risultato prefissato, ma è servita a dimostrare, per l’ennesima volta, l’inadeguatezza del sistema revisioni italiano. I veicoli destinati all’esportazione, in un modo o nell’altro, superavano sempre e comunque la revisione ministeriale, anche in caso di gravi irregolarità. È il caso di auto fuse, incidentate o in generale non marcianti condotte direttamente ai centri di controllo sulla bisarca. Revisione fittizia regolare, preparazione dei documenti e di nuovo carico sulla bisarca in direzione UE, principalmente Europa dell’Est. Di conseguenza, la principale obbiezione dei commercianti di auto non è tanto l’impossibilità di continuare ad esportare veicoli, bensì l’esborso di 66,88€ extra (tariffa della revisione ministeriale) per ogni compravendita. Dopo mesi di lobbying, alla fine ce l’hanno fatta: il comma 2 bis del sopra citato comma reca testuali parole: “All’articolo 103, comma 1, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il secondo periodo e’ sostituito dal seguente: «La cancellazione e’ disposta a condizione che il veicolo sia in regola con gli obblighi di revisione o sia stato sottoposto, nell’anno in cui ricorre l’obbligo della revisione, a visita e prova per l’accertamento dell’idoneità alla circolazione ai sensi dell’articolo 75, e che non sia pendente un provvedimento di revisione singola ai sensi dell’articolo 80, comma 7». “
In sostanza, vigerà sempre l’obbligo di revisione regolare, ma è sufficiente che sia in corso di validità secondo i naturali termini. Per i veicoli già scaduti che presentano gravi irregolarità nessun problema: il centro revisioni compiacente è dietro l’angolo, sempre.

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