Nei giorni scorsi il Codacons ha presentato un esposto a Mit ed Antitrust per ottenere una diversificazione della tariffa della revisione ministeriale (articolo 1) (articolo 2) (articolo 3) (articolo 4). Finalmente anche una nota associazione dei consumatori ha puntato i riflettori sul nostro settore sostenendo una causa che gli operatori portano avanti da anni senza successo. Le tariffe vanno riviste, è vero, ma per eccesso, non sicuramente per difetto.
Non è un caso se CNA Autoriparazione dopo anni di lavoro al pari delle altre associazioni di categoria Anara e Casartigiani nel 2016 ha lanciato una petizione (immagine di destra) per ottenere un incremento della tariffa ferma dal 2008. Anche tra gli obbiettivi a breve termine della nascente associazione Asso.Car figura l’adeguamento della tariffa (Modifica Art.80 Comma 12 inserendo ISTAT ogni 2 anni) e a tal proposito è bene fare una distinzione netta fra aumento ed adeguamento ISTAT. -La revisione di un ciclomotore non può costare come quella di un SUV- sostiene il Codacons, ma va ricordato che nel 2008 con 5€ si faceva il pieno alla Vespa (con tanto di scontrino di rimborso), mentre ora con la stessa cifra si raggiungono a malapena i 2/3 del serbatoio. Lo stesso anno con poco più di 55.000€ si poteva acquistare il SUV per eccellenza Porsche Cayenne mentre ora per la versione base non ne bastano 80.000. La revisione ministeriale allora costava 64,70€, oggi costa 3€ in più a causa di un aumento dei diritti alla Motorizzazione Civile e alla maggiorazione dell’IVA. Scorporando le voci della tariffa (foto in basso)
si può notare che il compenso vero e proprio che incassano i centri di revisione privati è rimasto invariato a 45€, un’assurdità considerando che nel frattempo ogni bene ed ogni servizio hanno incrementato il proprio costo. L’ISTAT (istituto Nazionale di Statistica) monitora ed elabora questi aumenti mettendo a disposizione Rivaluta (link), un utile strumento che permette in pochi passaggi di calcolare la rivalutazione dei prezzi nel tempo. Il compenso corretto che dovrebbe spettare ai centri di revisione oggi è di circa 53€, non un vero e proprio aumento, bensì un semplice adeguamento alle condizioni del mercato attuale su base ISTAT che farebbe crescere il costo totale del servizio a 75€. Una volta sistemata la “questione tariffa“, si può tranquillamente discutere riguardo la diversificazione della stessa, ma con quali basi si sostiene che la revisione di un ciclomotore non può costare come quella di un SUV? La revisione ministeriale non è una tassa! La revisione ministeriale è un controllo finalizzato alla salvaguardia della sicurezza stradale e per gli operatori del settore è un lavoro come un altro che richiede tempo, attrezzatura e competenza. Il controllo di un ciclomotore o di un motociclo richiede forse meno tempo o attrezzatura rispetto a quello di un autoveicolo? Assolutamente no. Il concetto potrebbe essere valido per i veicoli elettrici ai quali non viene effettuato il test delle emissioni ed il controllo delle rumorosità, ma sono casi limite da analizzare con esperti del settore. Si potrebbe valutare una diversificazione dei controlli a seconda della categoria di veicolo, ma in linea di massima la manovra andrebbe a penalizzare i proprietari meno abbienti dei veicoli più datati che richiedono un controllo più accurato. Per concludere, considerando che circa 1/3 del costo della revisione va direttamente allo Stato (IVA 9,90€+Diritti MCTC 10,20€+Versamento postale 1,78€), sarebbe opportuno per agevolare i redditi più bassi uno sgravio fiscale sull’operazione, ma giù le mani dalla tariffa!


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