
Bare ammassate in provincia di Bergamo
Da giorni le principali testate giornalistiche divulgano articoli relativi alla proroga della revisione ministeriale, ma la poca chiarezza delle informazioni ci ha spinto a desistere nel fare altrettanto fino all’ultimo. Il problema non era tanto la veridicità della fonte, bensì i contenuti che, a dirla tutta, non stavano – e non stanno – ne in cielo, ne in terra. Avevamo chiesto allo Stato di salvaguardare la nostra salute con l’hashtag #fatecichiudere, ma probabilmente qualcuno ha frainteso.-#Fatecichiudere i cancelli per 15 giorni, non le attività per sempre!”- è ciò che sostengono la maggior parte degli addetti ai lavori, ma attenzione, con uno sguardo critico la realtà potrebbe essere peggio di quanto sembra. Già, perchè se sei di Isernia (provincia con 0 contagi da Covid-19) e consideri il Coronavirus come il mostro lontano di cui parla la televisione la pensi in un modo, se sei di Bergamo (immagine di destra) e da una settimane stai vivendo un incubo in un altro. È abbastanza logico che la politica sia più vicina al punto di vista dei secondi considerato l’elevato numero di trasgressori alle norme contenute nei DPCM emanati i giorni scorsi, ma naturalmente tu non ci arrivi: sei un italiano medio e non vedi oltre al tuo orticello. Vorrei proprio vedere se anteporresti il tuo interesse alla salute dal bel mezzo di un focolaio di Covid-19. Finchè si tratta di salute pubblica chissenefrega, ma se fosse la tua salute – o di un famigliare – a rischio?-. “Tanto è dall’altra parte del mondo” pensavamo tutti quando i TG diffondevano i filmati da Wuhan. E il video-sfottò dei francesi nei nostri confronti? Che strano, ora non ridono più. Dopo questa breve morale, entriamo nel merito della questione: l’indignazione di parte degli addetti ai lavori è senz’altro comprensibile, ma fino ad un certo punto. Il comma 3 dell’art.89 della bozza del decreto “Cura Italia” recava testuali parole in materia di “trasporto stradale e trasporto di pubblico di persone”: “In considerazione dello stato di emergenza nazionale di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, è autorizzata fino al 31 ottobre 2020 la circolazione dei veicoli da sottoporre entro il 31 luglio 2020 alle attività di visita e prova di cui agli articoli 75 e 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 ovvero alle attività di revisione di cui all’articolo 80 del medesimo decreto legislativo.”
Il provvedimento poteva calzare perfettamente al settore pubblico in quanto la Motorizzazione Civile da giorni aveva comunicato tramite circolare l’interruzione del servizio. Diversamente, numerosi esponenti del governo hanno dichiarato che la macchina-Stato non poteva arrestarsi, quindi le autofficine – e i centri di controllo di conseguenza – avrebbero dovuto garantire assistenza ai veicoli, una necessità primaria per i cittadini. Il paradosso è evidente: che senso avrebbe non imporre la chiusura dei centri di revisione privati, ma di fatto disincentivare le revisioni per cinque mesi? Questo interrogativo lasciava dedurre che la versione ufficiale del decreto sarebbe stata gestita meglio, ma al comma 4 dell’art. 92 del cosiddetto “Cura Italia” (link) pubblicato il 17 Marzo 2020 viene riproposto senza modifiche il testo sopra citato. Le revisione ministeriali con scadenza fino a Luglio 2020 dovranno essere regolarizzate entro il 31 Ottobre 2020 comprese quelle già scadute (a quanto pare): lo Stato limita gli spostamenti degli automobilisti, ma non si prende la responsabilità delle chiusura forzata della attività. Un atto vile, ma mai quanto l’atteggiamento di numerosi titolari di centri di revisione che in queste ore hanno dimostrato il peggio nei vari gruppi Facebook del settore. La morale è la seguente: Chissenefrega se la sanità è al collasso ed il contagio da Covid-19 non si arresta! Io devo lavorare! -Anzi, far lavorare i miei dipendenti per l’esattezza-. E voi vi aspettereste che un individuo che non ha a cuore la salute pubblica si preoccupa della sicurezza dei veicoli? Seguono a ruota i rappresentanti della associazioni di categoria che di questi tempi spuntano come funghi: dai profili social privati scrivono #iorestoacasa e #andràtuttobene, però contattano il Ministero per mandarvi a lavorare. Nel frattempo, dalla pagina Facebook del Mit arrivano parole di conforto (immagine di sinistra): il decreto legge entro 60 giorni dovrà essere convertito in legge dal Parlamento ed è ragionevole pensare ad una rimodulazione in caso di miglioramento della situazione in Italia. Ce lo auguriamo tutti, ma non dimentichiamo le priorità! La salute è sempre al primo posto!

Bare ammassate in provincia di Bergamo

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