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Novembre 2020

Per gli operatori

Prot.n. 21/2020
Alla cortese attenzione del
Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
On. Giancarlo Cancelleri

Egregio Signor Ministro,

Il Controllo Tecnico Periodico dei Veicoli rappresenta un presidio fondamentale per la Sicurezza Stradale e la tutela dell’impatto del traffico dei veicoli su Salute e Ambiente.

Con tali finalità per ultima la Direttiva 45/2014 (dopo svariate altre a partire dalla 77/143/CEE) ha fissato una serie di principi base assolutamente non trattabili per l’effettuazione di tale attività.

Uno dei principi di cui essa è largamente permeata e che ne rappresenta, quindi, la ratio legis, è quello della Terzietà ed Indipendenza dell’Ispettore ovvero di quella figura che si assume la responsabilità e l’onere, sulla base di una formazione specifica, di dare l’idoneità alla circolazione dei veicoli.

Principi, stabiliti per legge, che tuttavia talune componenti del mondo del “Sistema Revisioni” faticano evidentemente a comprendere nonostante l’estrema chiarezza con cui esse sono espresse nella Direttiva Comunitaria, ovvero nella norma di riferimento, che pure dovrebbe ben conoscere chi si arroga la rappresentanza unica di un settore.

Nondimeno la rappresentazione di una realtà priva di problemi strutturali o, al massimo, con problemi afferenti a poche mele marce, è una narrazione irricevibile per quanto infondata e, soprattutto, dannosa per chi voglia un sistema davvero migliore: non si pulisce scopando la polvere sotto al tappeto!

Piuttosto in quel modo si contribuisce ad incancrenirli. Per risolvere i problemi occorre 1) riconoscere che esistano e 2) capirne la genesi e le cause.
Ed è sotto gli occhi di tutti che il sistema sconti problemi dovuti a:

1) Mancanza di terzietà ed indipendenza;

2) Affollamento di imprese;

3) Mancanza di supervisione da parte della MCTC.

Se si vuole, allora, una narrazione delle cose aderente alla realtà, informata ed approfondita, si deve fare riferimento alla quotidianità ed alle evidenze oggettive riscontrabili per chiunque voglia informarsi.

A tale proposito, in allegato alla presente, potrete leggere una sintesi/analisi, frutto di chi la revisione la vive sul campo da oltre 23 anni e per questo può raccontarne genesi, sviluppo e discrasie.

Tuttavia, l’evidente fibrillazione del Sistema e di tutti i suoi attori e legittimi portatori di interessi, come sono anche i centri di controllo che hanno effettuato ingenti investimenti altrimenti deputati allo Stato, pone l’esigenza dell’avvio di un tavolo di lavoro che è tanto più urgente quanto più la crisi della Motorizzazione si aggrava. Per quanto noi stessi abbiamo sottolineato come il modello della Legge 870/86 rappresentasse un meccanismo virtuoso per la terzietà e l’indipendenza dell’Ispettore, riteniamo estemporanee e di breve respiro le soluzioni messe in campo da questa amministrazione.

Così, piuttosto che accelerare l’accesso all’abilitazione degli Ispettori per il Modulo C, si è preferito privilegiare dipendenti MCTC in pensione: una soluzione che, in un paese che ha una disoccupazione giovanile elevatissima, rappresenta uno schiaffo a giovani preparati e seri che potrebbero sviluppare una professionalità in questo settore.

Per tutto quanto sopra, ribadiamo, è urgente l’avvio di un tavolo di discussione al quale come associazione degli Ispettori non faremo mancare il nostro apporto costruttivo e nel pieno rispetto di tutti, anche di attori del sistema che non manifestano simmetrico atteggiamento.

Analisi di AICC

Il 29 Dicembre 1976 l’allora presidente del Consiglio Europeo Tjerk Westerterp firmava la direttiva 77/143/CEE. Era il primo passo, una pietra miliare nella motorizzazione europea, verso l’obiettivo
dell’armonizzazione dei Controlli Tecnici sui veicoli sia in termini di periodicità sia in termini di elementi da controllare. L’obiettivo era quello di rendere le strade europee più sicure attraverso i controlli periodici obbligatori del parco circolante. Con la legge delega 190/91, successivamente, il Parlamento italiano delegava al governo l’aggiornamento delle norme per la revisione periodica dei veicoli. Nel 1992 con il Codice della Strada D Lgs. 185/92 all’articolo 80 si individuavano le nuove cadenze imposte dall’Europa. Ad accompagnare e completare questo iter di armonizzazione, intervenivano negli anni diverse direttive europee, talune recepite direttamente come Decreti Ministeriali, tal altre recepite indirettamente in impianti normativi più complessi

Direttiva 94/23

“Considerando che l’attuazione di  una politica comune dei trasporti richiede, tra l’altro, che la circolazione di alcuni veicoli nel territorio comunitario si svolga nelle migliori condizione, che la circolazione di alcuni veicoli nel territorio comunitario si svolga nelle migliori condizioni, sia sul piano della sicurezza, sia su quello delle condizioni di concorrenza fra trasportatori dei diversi stati membri;

Considerando l’intensificarsi della circolazione stradale e l’aumento dei periodi e degli effetti nocivi che ne derivano pongono a tutti gli stati membri dei problemi di sicurezza di natura di gravità anaoghe;

Considerando che l’immobilizzazione di alcuni veicoli per effettuare i controlli periodici e le spese che ne derivano sono tali da ripercuotersi sulle condizioni di concorrenza nei trasporti su strada tra i diversi stati membri; che gli attuali sistemi di controllo differiscono da uno stato membro all’altro; 

Direttiva 96/96 ->  DM 408/98
Direttive di adeguamento della 96/96
Direttiva 1999/52 ->  DM 197/2000
Direttiva 9/2001 -> DM 54/2002
Direttiva 11/2001 -> DM 207/2002
Direttiva 40/2009
Direttiva 45/14 DM -> 214/17; DM 211/18
Su quali fossero (e siano) le finalità del Controllo Tecnico Periodico ci sembra corretto far parlare la Direttiva 77/143/CEE (potete vedere qui sopra) che proprio nella sinteticità dei suoi considerando è efficace nel riassumere ciò che ancora oggi è l’essenza di questa operazione. Da allora sono cambiati i veicoli sotto la spinta di una evoluzione incessante ma non sono cambiati i principi e gli obiettivi dei controlli tecnici periodici per cui, al netto di tutti i cambiamenti, la domanda su cosa fare per il futuro passa necessariamente dal volgere uno sguardo all’indietro per non ripetere gli stessi errori fatti  dal 1997, anno in cui la Motorizzazione Civile italiana dava in “concessione” (in seguito autorizzazione) ai primi centri di revisione privati di compiere le operazioni di revisione ponendo fine al monopolio statale dell’attività.

La nascita del Sistema dei Centri di Controllo

Eravamo agli albori e la DG MCTC dell’epoca era preoccupata che i numeri del 4-2-2, nuovo regime di cadenza delle revisioni a cui ci costringeva l’Europa dopo decenni di 10-5-5, potessero trovare un numero sufficiente di officine per essere evasi e fu così la stessa DG a spingere all’apertura verso i privati, peraltro già riconosciuta nell’articolo 80 del CdS di cinque anni prima.

Da un contesto che vedeva come unico player la Motorizzazione ed attori officine di preparazione alla revisione ed agenzie di pratiche automobilistiche, si passava ad uno scenario completamente diverso.

Gli attori di questa trasformazione furono, dunque, in primo luogo le Officine di Riparazione (con requisiti che riguardavano i locali, le iscrizioni camerali alle categorie di gommista, carrozziere, elettrauto e meccanico motorista, la capacità finanziaria e le apparecchiature), soggetto principale che riceveva l’investitura della concessione dalla MCTC.
Dentro di esse una figura necessaria: il Responsabile Tecnico, perché doveva pur esserci un soggetto che si prendesse la responsabilità di questa operazione. Attorno ad esse quelli che oggi chiamiamo CAT (Centri di Assistenza Tecnica) ovvero i fornitori di apparecchiature che coincidono spesso con i “taratori”. Le officine che poi ottennero la concessione possiamo classificarle grossomodo come segue:

1) Officine propriamente dette che effettuano realmente la riparazione in almeno una delle quattro categorie (oggi tre essendo il meccatronico la sintesi di elettrauto e meccanico motorista). Infatti, la norma obbliga ad avere le categorie ma non ad esercitarle né ad avere le attrezzature minime. Pertanto vi sono officine solo (p.es.) gommiste ed altre che esercitano tutte le attività (p.es. concessionarie). In questo caso ci troviamo di fronte ad officine che effettuano in commistione di interessi sia riparazioni che revisioni;
2) Consorzi ovvero raggruppamenti di officine di autoriparazione che “coprono” le categorie necessarie. Tuttavia il soggetto giuridico Consorzio che da quel raggruppamento origine, effettua esclusivamente revisioni e non riparazioni;
3) Centri “puri” ovvero officine dotate di tutte le categorie che non ne esercitavano nessuna ed eseguivano esclusivamente revisioni senza autoriparazioni.

Si trattava, dunque, di realtà già così abbastanza disomogenee. Ma anche all’interno di queste classificazioni possiamo operare altre distinzioni, per esempio, di dimensione andando dalla piccola officina alla grande concessionaria o grosso centro con più linee che, ovviamente, da un punto di vista della organizzazione avevano strutture molto differenti sia in termini di apparecchiature che di personale.

Questa varietà di realtà rifletteva (e riflette) una notevole diversità anche dal punto di vista dei conti economici e, come appena detto, di struttura organizzativa e, conseguentemente, del soggetto che andava ad interpretare la funzione di Responsabile Tecnico che allora, per come fu concepito il sistema, era un “requisito” e non, come ricorda la 45/14, il “dominus” della procedura di Controllo.

  Essendo esclusivamente un requisito, ovvero un elemento di una struttura che riceveva l’investitura di concessione/autorizzazione, il Responsabile Tecnico fu visto all’inizio come un soggetto specifico a cui, pur non avendo richiesto abilitazioni specifiche, si affidava un ruolo di responsabilità. Un ruolo che nelle piccole officine fu (ed è) spesso e volentieri interpretato dallo stesso titolare dell’officina anche sostanzialmente (effettuando l’operazione) oltre che formalmente. Comunque, a fine 1999 con un numero complessivo di revisioni effettuate di poco oltre 10 milioni, i centri erano circa 3950 con 9,50 auto per centro come media giornaliera e 2650 come media annua (Dati tratti da documenti elaborati da AIRA CNA sulla base di dati forniti dal Ministero dei Trasporti).

Il progressivo disinteresse della Motorizzazione per il Sistema dei Centri di Controllo

Sotto la pressione del Ministero, come detto preoccupato di rispondere alle necessità della nuova cadenza, gli uffici provinciali elargivano fin troppo facilmente concessioni (anche a strutture fatiscenti e di dubbia regolarità) ma qualcuno si rendeva già conto della difficoltà di gestione di questi nuovi soggetti che si stavano creando e, soprattutto, si chiedeva come rendere più efficace anche il loro ruolo istituzionale di controllori rendendosi conto delle possibilità di elusione, se non malaffare, collegate a questa attività.

Il passaggio, poi, alle province della competenza sul rilascio delle autorizzazioni, pur con il correttivo della sorveglianza tecnica in capo alla MCTC, segnava un punto di svolta negativo con i Centri di Revisione che venivano a trovarsi in una specie di “Mondo di Mezzo” dove spesso e volentieri non si sapeva chi doveva controllare cosa tanto più che aggravata da una sostanziale incompetenza in materia delle province: in un paese dove la presa delle responsabilità è spesso esercizio di gioco al rimbalzo questa rappresenta una condizione ideale per gente senza scrupoli e furbi di ogni risma.

Si era a cavallo di un millennio e l’Italia non aveva ancora conosciuto l’Euro quando, e per porre rimedio ad un malcostume ormai tangibile, si partorì il primo protocollo MCTC NET che necessitò di alcuni anni (Marzo 2004) per vedere le prime applicazioni di apparecchiature in rete con grande difficoltà dei Centri di Controllo che dopo aver dovuto acquistare le apparecchiature per l’apertura si ritrovarono a dover acquistare gli aggiornamenti (che in molti casi non furono possibili e si dovette procedere alla rottamazione del vecchio strumento p.es. molti fonometri Bruel & Kjaer prima versione).

Tuttavia MCTC NET 1 (e poi 2) da punti di partenza per un controllo più efficace sono diventati, man mano che la decimazione del personale si tramutava in lassismo verso tutti quegli adempimenti che soverchiavano le forze degli uffici provinciali, i binari morti sui quali si è adagiata la sorveglianza dell’organismo pubblico.

La progressiva perdita di autorevolezza dei Centri di Controllo e la degenerazione.

Al momento del passaggio epocale dalla Motorizzazione alle Officine Private (e dal 10-5-5 al 4-2-2) gli automobilisti erano abituati ad avere un rapporto indiretto con gli esaminatori del proprio veicolo. Spesso erano agenzie pratiche auto oppure officine meccaniche che preparavano l’auto alla revisione, ad occuparsi di fare da “intermediario” mentre la quota degli automobilisti che si preoccupava di recarsi in prima persona a fare la revisione (presso gli uffici provinciali piuttosto che alle sedute esterne ex legge 870) era più bassa.

Il rapporto del cittadino con la revisione era di timore reverenziale e, benché non mancassero problemi (revisioni su libretto come accertato dalle autorità giudiziarie già negli anni ‘80) ed il controllo strumentale fosse praticamente sconosciuto, il “rispetto” induceva a preparare il veicolo prima di andare a controllo. Questa buona abitudine e questo rispetto furono mantenuti per i primi tempi di questo passaggio dalla Motorizzazione alle officine così persistevano come quelle figure di intermediari (autoriparatori e agenzie) che si preoccupavano di condurre il veicolo a revisione.

In questo secondo caso la promiscuità che si creava e la mancanza di terzietà di chi effettuava il controllo induceva sicuramente a condizioni ambientali non idonee con pressioni e vere e proprie contrattazioni di natura commerciale da parte di chi possedeva pacchetti di veicoli.

La prima inchiesta in assoluto che raccontava questa “privatizzazione” di un servizio pubblico in salsa italiana, metteva già in risalto episodi che testimoniavano la tendenza di base degli automobilisti di considerare la revisione un adempimento da “aggirare” piuttosto che da affrontare con lo spirito di chi è consapevole che una corretta manutenzione incide sulla sicurezza stradale. Come dimenticare, infatti, il famoso cartello fotografato in quell’articolo a firma Maurizio Caprino del 1998 su Quattroruote: “Fittasi Gomme per Revisioni”?
La precipitosità con la quale ci si era affrettati a rilasciare le concessioni, aveva fatto perdere di vista tanti aspetti importanti sebbene questi fossero ben presenti ai dirigenti degli uffici provinciali in periferia. Fenomeni, già presenti anteriormente alla privatizzazione, di revisioni con la sola carta di circolazione, che erano destinati adesso ad amplificarsi con la nascita di veri e propri “etichettifici” a cui bastava uno sbiadito fax in bianco e nero (sembra la preistoria della comunicazione via telefono) per poter avviare un’operazione virtuale che si concludeva con la stampa di un bollino in arrivo da un CED al quale internet era ancora sconosciuto ed al quale ci si collegava via ISDN.

E del resto la crescente concorrenza e la commistione fiscale di determinate attività, generava il fenomeno degli sconti sulla revisione: la scienza economica insegna che è il “mercato” a fissare il prezzo con la dinamica regolata dall’andamento dell’offerta/domanda.

Va da sé che per offrire un basso prezzo garantendosi un margine sufficiente occorra tagliare i costi. In questo contesto è difficile che a non averne conseguenze sia la qualità del servizio che viene offerto, tanto più se la qualità scadente diventa un fattore competitivo importante.

Sconti ed omaggi che, poi, nascondono, non di rado, un riutilizzo di incassi a nero dal momento che la fatturazione viene fatta per la tariffa in vigore. Chi ha intesse a fatturare € 66,88 e prendere € 20 in meno e perché? Forse la criminalità per “lavare” il nero?

Gli anni passano ma i problemi sono gli stessi: non pecore nere ma problemi sistematici

Accade così che, tralasciando tutte quelle che ci sono state durante questi 20 anni, un’inchiesta di inizio anni 2000 ed una di 20 anni dopo si assomiglino in tutto e per tutto a testimonianza di una fenomenologia identica. Inchieste che disegnano una realtà ormai ineludibile.

Nonostante MCTC NET 2, telecamera e strumentazioni in rete, i modi di aggirare i controlli e non effettuare tutto ciò che richiede il controllo tecnico periodico sono troppi. Al netto degli errori in buona fede sempre possibili, è evidente che il sistema presenta delle vulnerabilità tanto più evidenti se manca anche il controllo e la supervisione su degli indizi che suggeriscono almeno la presenza di malfunzionamenti se non di dolo.

Ma qualsiasi sia il sistema di controllo automatico tali problemi non si risolverebbero con l’implementazione di un MCTC NET 3. La domanda è: si può imporre la professionalità per legge? La tentazione della rimozione e di raccontare realtà diverse è il motivo principale dell’incancrenimento dei problemi: il medico migliore non è quello che ci dice che tutto va bene quanto piuttosto quello che diagnostica la malattia e ci prescrive una cura adeguata ed efficace.

A sentire l’ormai insopportabile litania di taluni, il problema sarebbero isolate “pecore nere”, un capro espiatorio astratto contro cui vomitare la più ipocrita delle intransigenze per continuare a lucrare uno squallido business o a praticare la più dannosa delle inconsapevolezze badando al proprio orticello.
Il Sistema Revisioni è stato concepito male e (anche) di questo si deve assumere la responsabilità chi ha contribuito a crearlo, spingendo su aperture indiscriminate e senza capire allora che la mancanza di quella terzietà, che oggi ci viene richiesta dalla Direttiva 45/14, avrebbe creato la squallida realtà attuale. Continuare a parlare da ormai 20 anni di “episodi”, di “mele marce” e di “pecore nere” oltre che ipocrita e falso è semplicemente ridicolo e privo di qualsivoglia approccio oggettivo alla realtà: chi lo fa, spingendo alla rimozione dei problemi, vuole procrastinare questo stato di cose difendendo l’indifendibile senza risolvere ma, anzi, aggravando le problematiche.

Si tratta in realtà di problemi sistemici e strutturali:
1) La mancanza di sorveglianza sui centri è un dato di fatto. La Sorveglianza informatica postulata dai sistemi MCTC NET è una chimera. L’illusione per cui con telecamere e sistemi informatici si poteva tracciare ogni cosa che accade su una linea revisione è in primis falsa, in quanto esistono sistemi per eluderla, ed in secondo luogo inutile se i dati che vengono raccolti non sono controllati ed analizzati.
2) La mancanza di terzietà, palese e sfacciata in tanti casi, genera poi dinamiche distorte. All’invito delle norme europee al non innescarsi di rapporti di “dipendenza” (non intesa come rapporto di lavoro ma proprio come dipendenza funzionale) la realtà espone situazioni in cui l’Ispettore di fatto non decide l’esito della revisione, soggiogato dalla necessità: bere (accettare la decisione altrui) o affogare (licenziamento e mobbing). Che terzietà può esserci in situazioni del genere? E che oggettività ed imparzialità può esserci in ciò?;
3) Eccessiva Frammentazione e alto numero di centri: l’effetto distorsivo di una concorrenza in un contesto anarchico e senza controlli lo si vede negli assurdi sconti e nell’elusione messa in atto da chi può contare su una commistione di attività collegate al centro revisioni.

Appare chiaro, ovviamente, che a cause sistemiche possono solo corrispondere soluzioni sistemiche. Pensare che i problemi di un Sistema (Esecutivo/Amministrativo) possano essere risolti da un altro Sistema (Giudiziario) appartiene ad un approccio tipicamente italiano e storicamente fallimentare: avere paglia e fuoco l’uno accanto all’altro e dire che la soluzione è chiamare i pompieri significa non aver capito il problema e di conseguenza neanche la soluzione.
L’aspetto coercitivo/educativo ed un controllo efficace da parte dell’istituendo Organismo di Supervisione sono indubbiamente parte di una soluzione sistemica a patto che esso esista e funzioni in tal senso.

Senza alcuna retorica dell’intransigenza e della mascella quadrata, basterebbero un serio controllo periodico e puntuale sui centri ed un sistema sanzionatorio come quelli già previsti dalla normativa, per mutare la sostanziale atmosfera di anarchia ormai dilagante: la principale causa di problemi è la mancanza di terzietà e
controlli.
Andando oltre e pensando di immaginare delle soluzioni ai problemi, così come focalizzati nelle loro cause principali, pensiamo che un “modello” pregevole e funzionale potrebbe essere rappresentato dal meccanismo della Legge 870 ex art. 19 allargato ad Ispettori extra Amministrazione MCTC.

Facciamo un breve excursus storico e formuliamo una tesi che per la gran parte degli operatori del settore è un dato di fatto: “Quando le revisioni le faceva la Motorizzazione le Officine Meccaniche lavoravano di più alla preparazione del veicolo alla revisione”.
E’ una verità insindacabile. Eppure i controlli della Motorizzazione avvenivano con il “Lancia e Frena” e duravano pochi minuti rispetto all’attuale revisione. Cosa accadeva per rendere tanto più efficace la revisione effettuata dalla MCTC? E’ vero che i veicoli andavano a revisione dopo dieci anni e necessitavano spesso di una profonda manutenzione, ma ciò giustifica il netto cambio di passo rispetto ad oggi?

La nostra risposta è no. C’era un elemento decisivo: La Terzietà.

In questo meccanismo c’è un organismo terzo (da noi l’Ufficio Provinciale MCTC o, altrove, i Servizi tecnici indipendenti accreditati ISO 17020 come i TUV o DEKRA in Germania o APPLUS IDIADA in Spagna) che investe un ispettore di un mandato indipendente e competente.
E’, dunque, l’organismo accreditato o l’ufficio MCTC che decide ed organizza tali mandati, con criteri da assicurare che si eviti quella promiscuità che è all’origine di arbitrarietà e poca obiettività.

A nostro avviso va “potenziata” la legge 870 con uno sviluppo futuro sulla falsariga di quello che è avvenuto con ASL ed ISPESL dove Organismi accreditati ISO 17020 che utilizzano professionisti indipendenti, terzi e competenti, forniscono servizi come la verifica della Messa a Terra degli impianti elettrici piuttosto che di verifica degli apparecchi di sollevamento (gru, piattaforme aeree) o a pressione (Serbatoi). Non è accettabile, invece, che si autorizzi l’officina di una ditta di autotrasporti che poi, in maniera più o meno elusiva della terzietà, verifica i propri stessi mezzi.
Parimenti, l’attività di ispettore dovrebbe essere scevra da qualsiasi conflitto di interesse per cui non è accettabile che un titolare di Centro di Controllo, di officina riparazione o di Agenzia Pratiche
automobilistiche, possa svolgere questa attività.

Decisivo, in questo percorso, è anche il processo di selezione degli Ispettori e la verifica periodica dei requisiti di competenza ed indipendenza.

E’ questo il Sistema Revisione che immaginiamo, fatto di professionalità, passione per la tecnica ed il testing dei veicoli, consapevolezza dell’importanza dei controlli per la comunità civile e un parco circolante più sicuro e pulito.

Associazione ICC

Il Presidente

Gianluca Massa

Per gli operatoriPer gli utentiCovid-19

Come è ormai noto, per effetto del DPCM 3 Novembre 2020 (link), ad ogni regione è assegnato un colore fra giallo, arancione e rosso a seconda del livello di criticità locale causato dell’epidemia Covid-19. Le aree a “rischio moderato” contrassegnate in giallo, ovvero Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Province di Trento e Bolzano, Sardegna, Toscana, Umbria e Veneto, sono soggette esclusivamente alle misure anti-contagio di carattere generale sancite all’Art. 1 del decreto. Senza entrare troppo nello specifico, non vige alcuna prescrizione per le attività nell’ambito dell’autoriparazione, se non l’obbligo di adeguamento al protocollo di sicurezza negli ambienti di lavoro siglato in data 24 Aprile 2020 da sindacati, associazioni di categoria e Ministeri competenti (allegato 12 del DPCM). Tale regime si applica in tutta Italia, senza distinzioni territoriali: centri di controllo ed autofficine quindi aperti, ma attenzione alle restrizioni relative agli spostamenti dei cittadini. Dunque, la domanda corretta da porsi è la seguente: posso raggiungere il centro di controllo senza violare la legge?  Nelle zone gialle la risposta è senz’altro sì, in quanto l’unica limitazione alla circolazione operante è il coprifuoco dalle ore 22:00 alle ore 5:00, fascia oraria nella quale è sottintesa la chiusura spontanea dei centri di controllo. Nelle regioni contrassegnate in arancione invece, ovvero quelle “caratterizzata da uno scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto”, la risposta è più articolata. Innanzitutto, al comma 4 dell’Art. 2, lettera b), viene inequivocabilmente prescritto il divieto di spostamento al di fuori del comune di residenza, salvo che per “comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili nel comune”. Pertanto, a prescindere dal dubbio amletico ridondante dal Marzo 2020, ovvero se lo svolgimento della revisione ministeriale sia o meno una necessità, il transito verso il centro di controllo è autorizzato in quanto tali attività risultano non sospese dalle norme governative. Vi è tuttavia una limitazione: nelle zone arancioni, Sicilia e Puglia per il momento, vanno scelti obbligatoriamente i centri di controllo siti del proprio comune di residenza. Se non dovessero esisterne, è ritenuto lecito andare fuori paese, ma il transito deve essere giustificato con l’apposita autocertificazione da compilare in caso di fermo da parte delle Forze dell’Ordine. Ben più complessa la situazione in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia e Calabria, regioni contrassegnate in rosso e definite come “aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto”. A questo proposito, pare sia indispensabile la risoluzione del dubbio amletico in quanto gli spostamenti, anche all’interno del comune di residenza, sono ammessi esclusivamente “se motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero per motivi di salute” (Art. 3, comma 4 lettera a). Si può quindi considerare necessaria la revisione del proprio veicolo? Nel precedente lockdown generale di Marzo si era ritenuto di no in quanto, per effetto del Decreto Cura Italia (link), tutte le revisioni, anche quelle già scadute prima dell’entrata in vigore delle disposizioni, erano prorogate ad Ottobre 2020. Pertanto, in assenza di scadenza imminente, la revisione ministeriale non poteva essere considerata una necessità, o addirittura un'”assoluta urgenza” come imposto dal Governo ad Aprile con l’aggravarsi della curva epidemiologica. Oggi però la situazione è ben differente. Nonostante la proroga nazionale e comunitaria consultabili cliccando qui, nel mese di Novembre sono in scadenza, oppure sono già scadute, le revisioni periodiche di alcune categorie di veicoli, nello specifico quelle che andavano regolarizzata entro Aprile 2020 per gli autoveicoli o entro Luglio 2020 per i motocicli. In linea teorica vale questa regola, ma è bene considerare le informazione contrastanti relativamente al tema proroghe, un ambito spesso misconosciuto anche dalle stesse Forze dell’Ordine. Si può quindi ritenere una necessità lo spostamento finalizzato alla regolarizzazione della revisione in scadenza, anche al di fuori del proprio comune di residenza qualora lo stesso sia privo di centri di controllo, ma non è chiaro se vanno considerati i termini prorogati o quelli regolari. Per concludere, si ricorda che il livello di rischio delle regioni può variare in base al miglioramento o all’aggravarsi della curva epidemiologica.

Per gli operatoriPer gli utentiCovid-19

E’ vero, siamo in Italia, c’è il Coronavirus, si poteva sicuramente fare di meglio e blablabla… Tutto si può tollerare, meno l’ignoranza di coloro che dovrebbero far rispettare le legge, Forze dell’Ordine in primis, ma anche i vari addetti alla revisione ministeriale, dai titolari delle imprese agli ispettori. Comprensibile il disorientamento degli automobilisti che, proroga dopo proroga, si scontrano con un quadro normativo decisamente poco user friendly, ma i “professionisti” che giustificazione hanno? Sia chiaro, nessuno sconto di pena, naturalmente in senso lato, a coloro che hanno partorito questo scempio. Al tavolo degli imputati il Governo, responsabile dell’emanazione del DL “Cura Italia” che prevede la concentrazione di cinque mesi di revisioni in uno (Ottobre),  ma anche la Direzione Generale della Motorizzazione Civile che ha spinto per l’adozione della proroga facoltativa europea ai sensi del Regolamento 698/2020. Duplice condanna al primo imputato il quale, non contento, ha emanato nei primi di Settembre l’ennesimo Decreto Legge, il cosiddetto DL Semplificazione che, paradossalmente, ha complicato la vita a tutti, cittadini ed operatori. Come non bastasse, qualsiasi informazione è stata centellinata, o addirittura, memori delle prodezze del social media manager del Ministero dei Trasporti, divulgata con errori. La cronostoria della vicende sopracitate è disponibile nel nostro precedente articolo, consultabile cliccando qui. Ora torniamo alla pagina Facebook del Mit, la massima fonte di diritto nazionale: ma veramente siamo ridotti così? Esistono davvero pubblici ufficiali, sia membri delle Forze dell’Ordine che ispettori addetti alla revisione ministeriale, che fondano il proprio operato sui contenuti di un social network? Per non parlare di coloro che si fidano esclusivamente di Revisioniautoblog, o di Quattroruote, o di AlVolante. Per quanto possa far piacere la credibilità faticosamente guadagnata in tre anni di informazioni tempestive, precise e puntuali, tocca rimproverare gli incompetenti incapaci di consultare una semplice norma, l’abc di qualsivoglia lavoro statale o su concessione statale. Sarebbe come per un fabbro non saper saldare ad elettrodo, per uno chef non essere in grado di cucinare una pasta in bianco, o per un gommista non riuscire a stallonare una copertura su cerchio da 13 pollici. Tutti in attesa delle circolari esplicative che illustrano le norme con tanto di disegnini e tabelline a prova di bambino, altrimenti, il paese si ferma. Anche in questo caso, però, si riesce comunque a cadere in fallo danneggiando i cittadini con informazioni sbagliate o contravvenzioni illegittime. E poi, come non citare  coloro che posizionano in cima alla gerarchia delle fonti di diritto il cuggino vigile (o viceversa “quello delle revisioni”), l’impiegato/a della Motorizzazione Civile, ma anche, perchè no, un Direttore Generale ai Trasporti, come se questi avesse la facoltà di legiferare in barba al Parlamento nazionale ed europeo. E’ mai possibile che un pubblico ufficiale non sappia che un Regolamento Europeo sia direttamente applicabile in tutti gli Stati Membri senza atti di recepimento? E non serve aver studiato giurisprudenza: è sufficiente consultare una qualsiasi pagina web accreditata, ce ne sono a decine. E le norme introvabili o incomprensibili dove le mattiamo? Primi risultati di Google, direttamente alle pagine web della Gazzetta Ufficiale, nazionale ed europea:

Ad ogni modo, sperando di fare cosa gradita per gli amanti della pappa pronta, si riporta integralmente la didascalia alla tabella nell’immagine di copertina, post pubblicato sulla pagina Facebook del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 24 Ottobre 2020:

Revisione scaduta? Ecco le proroghe per le diverse categorie di veicoli immatricolati in Italia previste dalle ultime norme nazionali e dell’Unione europea in questo periodo di emergenza sanitaria.
I veicoli di categoria M (es. auto, autobus, autocaravan), N (es. camion, autoarticolati) e O3-O4 (rimorchi di massa maggiore di 3,5 t.) con revisione scaduta o che scadrà:
– prima di febbraio 2020 possono circolare fino al 31 ottobre 2020 (solo in Italia)
– a febbraio 2020 possono circolare fino al 31 ottobre 2020 (in Italia), fino al 30 settembre 2020 (nei paesi UE)
– a marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto 2020 possono circolare fino a 7 mesi dopo la scadenza normale (in Italia e nei paesi UE)
– a settembre 2020 possono circolare fino al 31 dicembre 2020 (solo in Italia)
– a ottobre, novembre, dicembre 2020 possono circolare fino al 28 febbraio 2021 (solo in Italia)
I veicoli di categoria L (es. moto, ciclomotori, minicar) e O1-O2 (rimorchi di massa inferiore a 3,5 t.) con revisione scaduta o che scadrà:
– prima di febbraio, a febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, luglio 2020 possono circolare fino al 31 ottobre 2020 (solo in Italia)
– ad agosto e a settembre 2020 possono circolare fino al 31 dicembre 2020 (solo in Italia)
– a ottobre, novembre, dicembre 2020 possono circolare fino al 28 febbraio 2021 (solo in Italia).

Questo è il riepilogo delle proroghe in vigore coordinando le disposizioni
– del Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito con Legge 1 settembre 2020, n. 120 – articolo 49, comma 5-septies (https://www.gazzettaufficiale.it/…/2020/09/14/20A04921/sg)
– del Regolamento UE 2020/698 – articolo 5 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32020R0698&from=EN)

Il Ministero dell’interno, per l’applicazione delle proroghe, ha dato le indicazioni operative agli organi di polizia stradale (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Vigli urbani) con l’allegato 7 della Circolare 22 ottobre 2020 prot. 300/A/7923/20/101/3/3/9 (http://www.mit.gov.it/…/circolare-ministero-interno…).

N.B. Le norme sopra citate sono sufficienti per vincere qualsiasi ricorso da Prefetto o Giudice di Pace in caso di multa illegittima. Diffidate dei centri di controllo che, alla vostra richiesta mirata, vi illustrano un quadro normativo diverso da quello appena descritto: poca competenza o volontà di guadagnare a tutti i costi. Passate oltre.

EDIT: Tornando in tema “disegnini e tabelline”, ci giungono segnalazioni da tutta Italia in merito alla mala interpretazione delle proroghe da parte di  numerosi esponenti delle Forze dell’Ordine. Infatti, pare che il layout del prospetto abbia tratto in inganno parecchi operatori convincendoli che i vari termini del rinvio fossero relativi esclusivamente alla categoria di veicoli graficamente corrispondente nella parte sinistra della tabella. Nell’immagine di seguito riportata, si evince come, ad esempio, la proroga ai sensi del regolamento europea 698/2020 parrebbe applicabile limitatamente ai veicoli di categoria N, quando in realtà coinvolge tutti gli autoveicoli. Duole doverlo precisare, ma pare si estremamente necessario: la tabelle è divisa in 2 macro-gruppi: il primo comprende le categorie M,N, O3 e O4 mentre il secondo L, O1 e O2, come prescritto dalla normativa vigente.

Nel frattempo, piovono multe…