Monthly Archives

Giugno 2019

Per gli operatori

Terza tappa del tour di Associazione ICC per la campagna di tesseramento 2019: il 29 Giugno toccherà agli ispettori addetti alla revisione ministeriale di Piemonte e Liguria. Il meeting si terrà alle ore 15:00 presso i locali della Pizzeria Stella di San Salvatore Monferrato (AL) in via Prevignano 7, nei pressi di piazza Carmagnola. Gran parte dell’evento sarà dedicato alla formazione con l’autore Massimo Cassano, già protagonista delle fortunate giornate studio organizzate dall’associazione a Concorezzo (MB) e Vasto (CH). Al termine del corso “Dinamica e collaudo del veicolo” verrà rilasciato a tutti i presenti un attestato di partecipazione, un riconoscimento per tutti coloro che renderanno possibile questa importante giornata. Ospiti d’eccellenza l’On. Paolo Niccolò Romano, membro della IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati ed Andrea Da Lisca, ex direttore di Dekra Revisioni Italia e fondatore di Osservatorio Revisione Veicoli. Tra gli invitati alcuni direttori dei dipartimenti della Motorizzazione Civile del Piemonte ed altre figure istituzionali di rilievo.

Responsabile dell’evento: David Brescianini – AICC Area Manager di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta – cell: 3482516974

MAGGIORI INFORMAZIONI

Associazione ICCNasce nel 2016 per promuovere e valorizzare a tutti i livelli la figura dell’addetto alla revisione ministeriale dei veicoli, un ruolo da sempre sottovalutato nonostante l’importanza della mansione finalizzata alla salvaguardia della sicurezza stradale. L’associazione è riconosciuta dal MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) e partecipando attivamente ai tavoli di consultazione rappresenta gli interessi della categoria e sottoponendo alle Autorità le problematiche quotidiane derivanti dall’esercizio della funzione. Più formazione, più informazione e quindi più consapevolezza è il nostro obbiettivo affinchè tutti gli ispettori siano sempre pronti a superare nuove sfide con professionalità.

 

Per.Ind. Massimo CassanoPerito industriale capotecnico, dagli anni Ottanta si occupa di autoriparazione nell’attività di famiglia “Cassano Pneumatici” dove si specializza nello studio della dinamica applicata agli autoveicoli. Nel 2008 sceglie di condividere la propria esperienza scrivendo il manuale “Pneumatici e assetto ruote”, un volume che segna l’inizio di una lunga attività editoriale mai conclusa. In dieci anni l’autore può vantare centinaia di contributi all’interno di note riviste di settore ed oltre venti pubblicazioni tecniche tutt’ora utilizzate come base per corsi di formazione professionale e lezioni universitarie. Ferrari, Maserati, Lamborghini e Pirelli sono solo alcune delle prestigiose aziende con le quali ha collaborato.

 

On. Paolo Niccolò RomanoDopo essere stato candidato alle regionali piemontesi del 2010 ed alle comunali di Asti del 2012 diviene deputato nel 2013 come membro della IX commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni. Ha partecipato alla stesura del Programma di Governo 2018 del Movimento 5 Stelle nel settore telecomunicazioni, in particolare per quanto riguarda il piano delle frequenze e dello sviluppo della infrastruttura di rete in fibra e del 5G. In questi cinque anni si è occupato di questioni sia nazionali che locali con una particolare attenzione al trasporto ferroviario (riapertura di alcune tratte locali) ed a quello aereo (caso Alitalia).

 

 

Dott. Andrea Da Lisca: Laureato in Economia Aziendale con specializzazione in Marketing presso l’Università L. Bocconi di Milano, ha conseguito un MBA presso SDA Bocconi. Da 30 anni nell’Automotive, ha lavorato per aziende prestigiose quali Ford Italia, Ducati Motor e Ducati Motor Deutschland nella quale avvia la carriera dirigenziale. A marzo 2002 entra in DEKRA Revisioni Italia, di cui sarà Direttore Generale sino a febbraio 2015. In 13 anni trasforma un’azienda decotta in uno dei Brand più noti nel mondo delle revisioni veicoli e dell’automotive in generale. Una riorganizzazione gerarchica e strategica di DEKRA Italia voluta dalla Casa Madre di Stoccarda è il segnale che un ciclo professionale d’alto livello è finito per sempre e lo convince che è tempo di lasciare la società. A marzo 2015 fonda Osservatorio Revisione Veicoli, il primo centro studi statistici e analisi di mercato dedicato alla Revisione Veicoli in Italia. Senza falsa modestia si considera uno dei massimi esperti delle dinamiche del mercato revisioni; da quattro anni pubblica mensilmente i report QuattroDueDue [Solo i numeri che contano della Revisione Veicoli], quaderni di analisi statistica con dati consuntivi e previsionali, grafici e tabelle che spaziano dal livello nazionale a quello dei singoli comuni. Blogger politicamente scorretto, dalle pagine di ORV denuncia da sempre senza peli sulla lingua il marcio che appesta il mercato, puntando il dito accusatore contro operatori, utenti, associazioni di categoria e istituzioni.

Confessioni di un RT

Ciao a tutti, mi chiamo Andrea, ho 25 anni e vivo in provincia di Verona, ma ho origini emiliane. La mia “carriera”, se così possiamo definirla, nel mondo delle revisioni è iniziata nel 2015 quando fui assunto come operaio generico presso un noto centro nella città di Reggio Emilia. Premetto che fortunatamente non sono un responsabile tecnico (o ispettore, come dir si voglia), e dico fortunatamente perché non invidio coloro che grazie ad un misero corso di 32 ore fanno il mio stesso lavoro con responsabilità penali. Sono un cosiddetto “operatore di linea”, figura professionale creata ad hoc per consentire agli imprenditori di sottopagare colui che materialmente svolge la revisione ministeriale.  Paradossalmente la mia posizione non aveva nulla da invidiare a quella dell’ispettore ministeriale regolarmente abilitato: la differenza di stipendio era minima (nell’ordine di 80€/mese netti), ma nessuno mi obbligava a prendere responsabilità sulla revisione di veicoli irregolari. Al pari dei dentisti senza laurea, vivevo con l’ansia di essere colto in fragrante dalla Motorizzazione Civile mentre operavo senza supervisione dell’ispettore responsabile, il pretesto per giustificare la mia assurda figura professionale. Non ero un semplice aiutante come volevano far credere: svolgevo l’intero ciclo della revisione ministeriale in completa autonomia, ma la firma – e quindi la responsabilità – era di un collega spesso assente durante il controllo ai veicoli. Dopo una settimana di lavoro avevo già compreso l’andazzo che mi ricordava molto l’esperienza alla scuola guida: durante la teoria due mani sul volante, indicatore di direzione all’uscita della rotatoria, limite di velocità di 50km/h nel centro abitato, poi nella pratica sappiamo tutti come va. Una cosa non comprendevo e non comprendo tutt’ora: per quale motivo i miei colleghi ispettori operavano con leggerezza rischiando conseguenze penali? Si sa, il titolare è l’unico ad avere vantaggi se il tecnico opera in maniera frivola guadagnando la simpatia e quindi la fiducia dei clienti (è assurdo, lo so, ma funziona così), ma a loro cosa veniva in tasca? Nessuno sapeva rispondere alla mia domanda, ma la passione per questo lavoro mi ha spinto ad ottenere il diploma che mi avrebbe permesso di partecipare al corso di abilitazione per la qualifica di responsabile tecnico. Pazzia? Molti direbbero di sì, ma ero stanco di operate abusivamente maturando un’esperienza che non avrei potuto riutilizzare nel settore. Il desiderio di mettermi in gioco e la determinazione mi hanno dato la forza per studiare nel poco tempo libero che avevo a disposizione conseguendo in breve la maturità di perito industriale, ma ormai era Luglio del 2018: corsi bloccati per effetto della direttiva europea. Mentirei se dicessi che inizialmente ero contrario al blocco della formazione, ma ho dovuto fare i conti con la mia coscienza mettendo da parte gli interessi personali per una buona causa. E vero, mi costerà una fortuna abilitarmi al ruolo, ma sono certo che nelle 300 ore di corso troverò spunti per migliorare ed operare con maggior consapevolezza. Per concludere, un consiglio rivolto a tutti i colleghi nella mia situazione: non abbiate paura delle responsabilità e seguite le vostre passioni, investite su voi stessi!

Per gli operatori

In data 17 Aprile 2019, dopo una lunga bagarre alla conferenza Stato-regioni, è stato pubblicato il testo unico contenente i criteri per la nuova formazione degli ispettori addetti alla revisione ministeriale (testo integrale). Il documento ha generato qualche malumore tra le fila di coloro che hanno sempre considerato il sistema revisioni come una mangiatoria per lucrare all’inverosimile, ma fortunatamente la gran parte del settore ha accolto positivamente questa provvidenziale novità attesa da cinque lunghissimi anni. Per comprendere a fondo le ragioni del braccio di ferro di queste ultime settimane, è opportuno tornare al lontano 1992, anno in cui è stata disciplinata per la prima volta la figura del responsabile del centro revisioni. L’art. 240 del regolamento di attuazione del Codice della Strada (testo integraleprescrive i seguenti requisiti per il cosiddetto responsabile tecnico:

“a) avere raggiunto la maggiore età;
b) non essere e non essere stato sottoposto a misure restrittive di sicurezza personale o a misure di prevenzione;
c) non essere e non essere stato interdetto o inabilitato o dichiarato fallito ovvero non avere in corso procedimento per dichiarazione di fallimento;
d) essere cittadino italiano o di altro stato membro della Comunità Europea, ovvero di uno Stato anche non appartenente alla Comunità Europea, con cui sia operante specifica condizione di reciprocità;
e) non avere riportato condanne per delitti, anche colposi e non essere stato ammesso a godere dei benefici previsti dall’articolo 444 del codice di procedura penale e non essere sottoposto a procedimenti penali;
f) essere fisicamente idoneo all’esercizio dell’attività in base a certificazione rilasciata dal competente organo sanitario del Comune di esercizio dell’attività;
g) aver conseguito un diploma di perito industriale, di geometra o un diploma di maturità scientifica ovvero un diploma di laurea in ingegneria [..]”

Per farla breve, un qualsiasi cittadino per bene in possesso di diploma ad indirizzo tecnico poteva accedere alla professione ricoprendo il ruolo richiesto dalla normativa. Molti meccanici titolari di centri di revisione furono esclusi dalla qualifica per mancanza del titolo di studio, ma mantennero comunque il controllo sulle operazioni grazie al comma 2 del medesimo articolo:

Il responsabile tecnico deve inoltre essere dipendente dell’impresa che ha richiesto la concessione e deve svolgere la propria attività in maniera continuativa presso l’officina per la quale e’ stata rilasciata la concessione stessa. Il responsabile tecnico non può operare in più di un’officina che effettui il servizio di revisione.”

Difficile immaginare un lavoratore subordinato con pieno potere decisionale e totale libertà d’azione, ma non è questo il nocciolo della questione, almeno per ora. Siamo ad inizio millennio, i centri di revisione rappresentavano una realtà con tutti i requisiti per funzionare correttamente: mercato in espansione e regime di quasi monopolio – almeno a livello locale -, gli affari non potevano che andare a gonfie vele. Nonostante ciò arrivarono le prime revoche per coloro che miravano unicamente ad incrementare il fatturato in barba alla alla legge: il fenomeno delle revisioni facili esisteva sin dal principio ed andava disincentivato immediatamente. Urgeva innanzitutto più chiarezza: quali erano i compiti del misterioso “responsabile tecnico”? Con il D.p.r 360 del 5 Giugno 2001 (testo integraleviene integrato il già citato articolo 240 del regolamento di attuazione del Codice della Strada con due capisaldi oggi nell’occhio del ciclone – formazione e responsabilità:

“[..] b) dopo la lettera g) del comma 1, e’ aggiunta la seguente: “h) aver superato un apposito corso di formazione organizzato secondo le modalità stabilite dal Dipartimento dei trasporti terrestri.[..];

c) il comma 2 e’ sostituito dal seguente: “2. Il responsabile tecnico deve inoltre svolgere la propria attività in maniera continuativa presso la sede operativa dell’impresa o presso il consorzio cui e’ stata rilasciata la concessione stessa. Il responsabile tecnico non può operare presso più di una sede operativa di impresa o presso più di un consorzio che effettui il servizio di revisione ed e’ tenuto a presenziare e certificare personalmente tutte le fasi delle operazioni di revisione che si riferiscono alla sua responsabilità.”

Ora è tutto più chiaro: il responsabile tecnico non era un semplice requisito obbligatorio per l’avvio di un centro revisioni, ma era l’operatore che materialmente eseguiva le revisioni ministeriali sotto la propria responsabilità. Un ruolo così importante non poteva che essere affidato esclusivamente a personale qualificato che avesse superato il corso di formazione definito dal successivo accordo Stato-regioni del 12 Giugno 2003 (testo integrale). La durata obbligatoria delle lezioni era di 30 ore per l’abilitazione al controllo di tutti i veicoli di massa inferiore a 35 q.li – 24 per i soli motoveicoli -, ma in fin dei conti si trattava di un aggiornamento mirato alla professionalizzazione di  coloro che operavano già da tempo nel settore. Nonostante ciò, non era assolutamente scontato ottenere l’idoneità all’esercizio del ruolo: i corsi erano organizzati in stretta collaborazione con la Motorizzazione Civile che non aveva nessun interessa a “svendere” le licenze. Non esisteva nemmeno troppa concorrenza fra enti di formazione in quanto gli evidenti limiti del mercato scoraggiavano gli imprenditori a caccia di rendite sicure, ma le previsioni si sbagliavano. Negli anni successivi le richieste di iscrizione per i corsi superarono di gran lunga le aspettative contro ogni logica legata al buonsenso: è l’inizio del business della formazione, la principale rovina del settore. Sicuramente il fenomeno è correlato alla proliferazione incontrollata dei centri di revisione illustrata nel grafico sottostante (fonte Osservatorio Revisione Veicoli), ma i conti comunque non tornavano; le abilitazioni erano nettamente superiori al fabbisogno effettivo.  

LE CAUSE

Il primo modulo obbligatorio del corso di formazione trattava la disciplina giuridica nel servizio revisioni con particolare attenzione alle responsabilità civili e penali derivanti dall’esercizio della funzione. Quanti ex-meccanici, ex-gommisti o ex-carrozzieri ingolositi dalla nuova professione avevano messo in conto il rischio di finire in tribunale macchiando indelebilmente la fedina penale? Sia chiaro, non occorreva essere truffatori o delinquenti: era sufficiente un piccolo errore di distrazione per compromettere una vita di lavoro onesto. Ne valeva veramente la pena? Esercitare la funzione di responsabile tecnico del centro revisioni era (ed è tutt’ora) un po’ come giocare a mosca cieca in autostrada. La normativa di riferimento è sempre poco chiara e difficilmente reperibile: l’unica soluzione per rimanere sempre aggiornati è la sottoscrizione di abbonamenti con fornitori di servizi automotive o associazioni di categoria. Se vuoi lavorare correttamente devi pure pagare, ma forse è il minore dei mali. L’automobilista medio è disposto a tutto pur di ottenere l’attestazione di “revisione regolare” per il veicolo di proprietà senza spendere soldi in riparazioni, ma fa parte del gioco: se l’uomo non fosse negligente, probabilmente non esisterebbe l’obbligo del controllo ministeriale periodico. L’unico problema insormontabile, ingiustificabile ed inaccettabile è la tendenza ad assecondare le folli richieste dei clienti da parte dei titolari dei centri di revisione. Il mercato delle revisione in pochi anni era cambiato e gli effetti devastanti della concorrenza minavano i bilanci delle imprese:  prima c’era spazio per tutti, ora non più. Chi voleva mantenere la professione doveva obbligatoriamente scendere a compromessi con il datore di lavoro sobbarcandosi le responsabilità dell’accordo invisibile che egli aveva stretto con i propri clienti, ovvero chiudere un occhio su eventuali difetti dei veicoli. Molti scelsero coscienziosamente di abbandonare il ruolo a favore di mansioni meno rischiose e meglio retribuite, ma la cosa non segnò minimamente il settore: morto un papa se ne faceva un altro. La continua richiesta di responsabili tecnici di ricambio è stata per anni la fortuna degli enti di formazione che erogavano corsi no-stop utilizzando strategia di marketing degne dei più fantomatici venditori di fumo che infestano il web. “Soddifatti o rimborsati”, “99% di promossi”, “promo”… ma di cosa stiamo parlando?

LE CONSEGUENZE

Pur non avendo potere decisionale, i primi responsabili tecnici potevano vantare una solida esperienza in autofficina che li rendeva quantomeno consapevoli del proprio operato, ma chi sono i loro successori? Il responsabile tecnico 2.0 ha la stessa funzione del parafulmine durante il temporale, è un semplice pretesto per consentire al centro revisioni di lavorare in apparente ottemperanza alle normative vigenti scaricando sul malcapitato ogni eventuale conseguenza legale. Inutile dire che il neodiplomato era la miglior risorsa per questa mansione: giovane, incosciente e low-cost, ma soprattutto facilmente manipolabile. In quattro giorni con circa 500€ si poteva ottenere la valida alternativa al responsabile tecnico assunto da diversi anni che magari cominciava ad avanzava qualche pretesa di troppo sulla base del’esperienza maturata. Meglio stendere un velo pietoso sulla qualità dei controlli: l’addetto alle revisioni non imparava a controllare il veicolo, bensì eseguiva una serie di operazioni per produrre nel più breve tempo possibile l’etichetta attestante la revisione regolare. Degno di nota anche il responsabile tecnico 3.0, il prestanome a tutti gli effetti: mogli, figli e parenti del titolare del centro revisioni assunti unicamente per far figurare agli atti la presenza dell’addetto ai controlli. E la sicurezza stradale? In italia la revisione ministeriale non ha nulla a che vedere con la sicurezza stradale.

SUBENTRA L’EUROPA – FINE DELLA PACCHIA

In data 3 Aprile 2014 viene emessa dal Parlamento europeo la direttiva 2014/45ue (testo integrale), oltre 70 pagine di capitolato relativo ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore. Il principale obbiettivo della normativa è quello di azzerare le vittime della circolazione stradale innalzando gli standard qualitativi della revisione ministeriale partendo dell’operatore che materialmente esegue i controlli. Il responsabile tecnico diventa ispettore ai sensi del nuovo regolamento, ma non ha nulla a che vedere con la precedente figura professionale. Se per alcuni nazioni non è stato un problema il recepimento delle disposizioni europee, per l’Italia la situazione era tragica: solo nel preambolo della direttiva erano presenti elementi a sufficienza per distruggere l’intero sistema revisioni nazionale.

“[..](33) Gli standard elevati dei controlli tecnici richiedono che il personale che effettua i controlli possieda un livello elevato di capacità e di competenze. È opportuno quindi introdurre un sistema di formazione che comprenda una formazione iniziale e corsi periodici di aggiornamento o un esame appropriato. Dovrebbe essere definito un periodo transitorio per consentire il passaggio senza difficoltà del personale attuale addetto ai controlli a un regime di formazione periodico o di esame. Al fine di assicurare standard elevati in materia di formazione, competenze e controllo, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di prescrivere competenze supplementari e corrispondenti requisiti in materia di formazione.

(34)È opportuno che gli ispettori, durante l’effettuazione dei controlli, agiscano in modo indipendente e che il loro giudizio non sia condizionato da conflitti di interesse, compresi quelli di natura economico o personale. È opportuno che il compenso degli ispettori non sia direttamente collegato ai risultati dei controlli tecnici. Gli Stati membri dovrebbero poter prescrivere requisiti in materia di separazione delle attività o autorizzare un organismo privato a effettuare i controlli tecnici e le riparazioni di veicoli, anche sullo stesso veicolo, qualora l’organo di controllo abbia accertato positivamente che resta mantenuto un elevato livello di obiettività.[..]”

Com’è possibile tutto ciò in un paese dove l’ispettore viene assunto direttamente dal centro revisioni che il più delle volte coincide con l’autofficina che esegue i lavori da certificare? “Livello elevato di capacità e di competenze” per 32 ore di corso obbligatorie? Andiamo oltre. Entro il 20 Maggio 2017 gli stati membri dovevano pubblicare le disposizioni legislative necessarie al recepimento della direttiva sopra citata e l’Italia emette ad un giorno dal termine il Decreto Ministeriale 214 (testo integrale). I requisiti minimi relativi alla competenza e formazione degli ispettori vengono definiti nell’allegato IV (testo integrale) del presente decreto, ma si arriva alla scadenza per l’applicazione delle nuove disposizioni con un nulla di fatto per quanto riguarda i nuovi corsi di formazione. In data 18 Maggio 2018 viene emesso il decreto dirigenziale n.211 (testo integrale) che mediante l’articolo 7 blocca definitamente i corsi per la qualifica di responsabile tecnico fuori norma:

“I responsabili tecnici già autorizzati o abilitati alla data del 20 maggio 2018 continuano ad operare come previsto dall’art. 13 comma 2 del D.M.
A partire dal 20 maggio 2018 gli ispettori dei centri di controllo privati dovranno soddisfare i requisiti minimi di cui all’art. 13 del D.M.
In attuazione del sopracitato articolo è in corso di definizione il previsto provvedimento del Ministero, da adottarsi nel rispetto delle competenze tra enti amministrativi e tenuto conto delle disposizioni da impartire ai sensi dell’art. 14 del D.M.
I candidati che hanno partecipato ai corsi secondo le modalità previgenti e che si concluderanno entro il 20 maggio 2018, dovranno effettuare l’esame entro il 31 agosto 2018.”

Il 20 Maggio 2018 segna la fine del business della formazione e l’inizio della rivalsa dei responsabili tecnici ormai ispettori, ma è subito #allarmesicurezzastradale*. Le associazioni di categoria delle autofficine/centri di revisione iniziano a diffondere massivamente allarmismi sulla presunta necessità di figure professionali regolarmente abilitate attribuendo responsabilità catastrofiche alle direttive europee, ma questa fandonia non attacca. Ci provano anche con l’ausilio della politica promuovendo all’interno del Decreto milleproroghe D.L. n.91 del 25 Luglio 2018 (testo integrale) un’integrazione all’articolo 13 del Decreto ministeriale n.214 per posticipare l’entrata in vigore delle disposizioni europee, ma il direttore generale della Motorizzazione Civile non si esprime: i corsi rimangono bloccati. Non rimaneva altro che attendere l’emissione del testo unico contente i criteri per la formazione dei futuri ispettori frutto della collaborazione tra le varie associazioni di categoria ed il Ministero dei Trasporti, e questo è quanto: 296 ore di corso per i diplomati + 3 anni di tirocinio e 176 ore per gli ingegneri + 6 mesi di tirocinio (testo integrale). –Follia! Ricorso al TAR! – D’ora in poi come faranno i titolari dei centri di revisione a sostituire con semplicità l’ispettore dipendente che gli è costato 5000€ di formazione? E se il corso fosse autofinanziato dalla risorsa accetterebbe di lavorare per uno stipendio da miseria ed un inquadramento da comune operaio? Come potranno gli enti di formazione lucrare sulla sventurata condizione del responsabile tecnico? RICORSO AL TAR!

*#allarmesicurezzastradale – riferimento ironico all’hashtag utilizzato dalle associazioni di categoria della autofficina per le campagne di (dis)informazione.