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Gennaio 2018

Per gli operatori

Il tema retribuzione per ogni lavoratore o datore di lavoro è sempre una nota dolente perchè, parliamoci chiaro, il primo motivo per cui ci alza dal letto alle sette del mattino è per portare a casa la pagnotta. Se hai deciso di leggere con ansia questo articolo, le possibilità sono due:

  • Sei un responsabile tecnico insoddisfatto dell’inquadramento e speri di trovare le risposte per vincere l’eterna battaglia sindacale
  • Sei un datore di lavoro che vuole vederci chiaro su queste nuove associazioni sindacali di responsabili tecnici. Insomma, fino a che punto vogliono arrivare questi?

Mi dispiace, ma vi deluderò entrambi.

Il motivo per cui scrivo questo articolo molto personale è la volontà di porre fine ai contrasti controproducenti fra le due parti proponendo la mia esperienza lavorativa. Volete sapere la verità? Non ho mai sopportato l’idea di avere la stessa retribuzione di un gommista o di un meccanico in quanto ho sempre ritenuto la mia professione come qualcosa che va oltre il semplice “operaio dipendente”. Passione? Diciamo di sì, ma diciamo anche che un semplice operaio o impiegato non ha le responsabilità penali che ha un responsabile tecnico. E le discussioni con i clienti? E i contrasti con il titolare? Potrei andare avanti ore, ma probabilmente non direi nulla di nuovo alla gran parte dei lettori di questo blog. La prima ragione che mi mi ha spinto circa tre anni fa a cercare seguito sui vari social network era l’esigenza di un confronto per capire se questo pensiero era una paranoia personale o un problema comune. Dopo svariati scambi di opinione ho tracciato il profilo del responsabile tecnico medio che, tra le tante peculiarità, è profondamente insoddisfatto della propria posizione lavorativa sottovalutata. Bene, con la squadra che avevo radunato finalmente potevo far valere le mie ragioni (e quelle di tutti) a livello nazionale e di rimbalzo nella realtà in cui operavo, ma le cose sono andate diversamente. Contro ogni aspettativa, i risultati sono arrivati molto prima del previsto grazie al confronto con colleghi ed esperti del settore che mi ha fatto crescere professionalmente. Volevo cambiare il mondo, ma è stato sufficiente migliorare la qualità del mio lavoro. Nell’azienda in cui opero, col tempo, ho proposto diversi cambiamenti che passo dopo passo hanno valorizzato l’area revisioni che prima aveva un ruolo marginale rispetto all’officina. Quale miglior occasione se non  la revisione per sondare ed acquisire un nuovo cliente? Vale la pena perdere tempo con un “cliente” che storce il naso per la sostituzione di una lampadina? All’inizio è stata dura accettare il calo delle entrate dal settore revisioni, ma facendo i conti a fine anno l’introito generato dalle riparazioni era in netto aumento. Parte della vecchia clientela è stata rimpiazzata dalla nuova più attenta alla qualità e più disponibile ad accettare eventuali riparazioni, il tutto grazie alla riorganizzazione delle linee di revisione ed il conseguente miglioramento del servizio. Che dire, senza troppe contrapposizioni ho ottenuto più di quanto volevo all’inizio in termini di considerazione e di inquadramento. Siete facilmente sostituibili all’interno dell’azienda per cui lavorate? Se sì il problema principale è vostro, non sicuramente del titolare. Dimostrare il proprio impegno, il proprio valore, la propria professionalità va oltre il semplice rispetto delle normative. In una piccola impresa è inammissibile pensare che lo stipendio sia provvidenziale e bisogna sempre fare il possibile per guadarselo, naturalmente senza commettere illeciti. Ribadendo la bilateralità del concetto grossolano espresso nella prima riga, le ragioni per cui un dipendente può chiedere un miglioramento della proprio posizione devono necessariamente essere legate ai meriti per un incremento di profitto. Ogni giorno mi trovo a confrontare il –Signore, così non gliela posso fare la revisione– dei colleghi inesperti con il mio –Signore, due gomme non sono a norma e di conseguenza pericolose. Per la sua sicurezza è bene sostituirle e, già che ci siamo, perchè non approfittare e sostituirne quattro ad un prezzo più vantaggioso?La comunicazione è fondamentale per la professione del responsabile tecnico e viste le abissali disparità di esperienza, come si può pretendere di equiparare livelli e retribuzioni?

Probabilmente la prima categoria di lettori è rimasta un po’ delusa da questo monologo, ma ci tengo subito a recuperare. La ragione per cui non esiste un livello adeguato nel contratto con cui la maggior parte dei responsabili tecnico è assunta (CCNL Metalmeccanico Artigiano o CCNL del Commercio) è molto semplice: non esiste un contatto commisurato alla mansione. Uno degli impegni dell’Associazione ICC (associazione di categoria, non sindacato) è quello di garantire a tutti i lavoratori il riconoscimento dell’alto grado di preparazione, dei fattori di rischio, della qualifica di incaricato di pubblico servizio e così via. La garanzia del raggiungimento di questo obbiettivo è la previsione da parte di un regolamento europeo (Direttiva 2014/45 eu) della nuova figura professionale dell’Ispettore che andrà a sostituire quella del responsabile tecnico. “Gli standard elevati dei controlli tecnici richiedono che il personale che effettua i controlli possieda un livello elevato di capacità e di competenze.[…] é opportuno che gli ispettori, durante l’effettuazione dei controlli, agiscano in modo indipendente e che il loro giudizio non sia condizionato da conflitti d’interesse, compresi quelli di natura economica o personale […].  Oltre ai  buoni propositi, una condanna concreta va a tutti coloro che umiliano la professione inquadrando il responsabile tecnico come apprendista. Riprendendo quanto scritto da Andrea Da Lisca nella lettera aperta all’Associazione ICC , può essere classificato “apprendista” uno che per lo Stato è un esperto che lui stesso Stato ha abilitato? La risposta è abbastanza ovvia e per l’ennesima volta è in accordo con quanto prescritto dalla normative europea. È evidente che l’apprendistato è un percorso doveroso per ogni lavoratore, ma non è ammissibile che il tirocinante abbia le stesse facoltà del professionista in quanto un banale errore di inesperienza potrebbe avere conseguenze molto gravi. Caro lettore della seconda categoria, ti hanno tranquillizzato queste parole? L’interesse di ogni imprenditore è quello di avere dei collaboratori preparati e questa è l’occasione per fare il salto di qualità che permetterà una volta per tutte di uscire dal caos di questi ultimi vent’anni.

TecnicaPer gli operatoriPer gli utenti

La scelta di pneumatici corretti non è cosa da poco viste le numerose sigle che compongono la  misura, pertanto è consigliabile rivolgersi sempre ad un professionista per avere la certezza di essere a norma di legge. Il rischio concreto del fai-da-te è di incappare nell’errore di inesperienza che costa caro nel caso di controlli da parte della Forze dell’Ordine (art. 78 con ammenda di 422 a 1695€ + revisione straordinaria presso la Motorizzazione Civile) e di revisione ministeriale da ripetere (clicca qui per leggere “Pneumatici diversi e doppia spesa”). Di seguito propongo una semplice guida per utenti e professionisti che ha come riferimento la direttiva europea n.458/2011 relativa ai requisiti dell’omologazione dei pneumatici sui veicoli a motore (clicca qui per la versione integrale).

Le uniche misure di pneumatici consentite per un veicolo sono quelle trascritte sul libretto di circolazione, in particolar modo a pag.3 per le c.d.c.* rilasciate dopo il 2000 (immagine a sinistra), a pag.2/4 per le c.d.c. rilasciate prima del 2000 (immagine centrale) e a pag.3. per le c.d.c. antecedenti gli anni 80 (immagine di destra).

*carta di circolazione

 

 

Nelle carte di circolazione dei veicoli d’epoca o dei ciclomotori può capitare che le misure delle gomme non vengono riportate. L’unico documento con validità equiparabile al libretto di circolazione è il certificato di omologazione che può essere richiesto al produttore del veicolo. L’immagine di seguito rappresenta il certificato relativo alla Fiat 500F con omologazione “OM10965” che, come contrassegnato dal punto interrogativo sulla carta di circolazione soprastante, non indicava prescrizioni sugli pneumatici.

Tutti gli pneumatici normalmente montati sul veicolo devono avere la stessa struttura, mentre quelli montati su uno stesso asse devono essere dello stesso tipo. Il Regolamento n. 30 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) (clicca qui per la versione integrale tradotta) definisce in modo chiaro il termine “struttura” ed il termine “tipo”.

  • 2.3.«struttura» di un pneumatico: caratteristiche tecniche della carcassa del pneumatico; si distinguono in particolare le seguenti strutture:[…] diagonale, radiale, runflat, reinforced, extra load ecc…
  • 2.1.«tipo di pneumatico»: categoria di pneumatici che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda, in particolare, i seguenti elementi:il produttorela designazione della misura del pneumaticola categoria di impiego [normale (stradale), oppure da neve, oppure per uso temporaneo], la struttura (diagonale, diagonale cinturata, radiale, per marcia a piatto), il simbolo della categoria di velocità, l’indice di capacità di carico, la sezione trasversale.

L’interpretazione letterale della normativa sembrerebbe non porre vincoli per misure di pneumatico omologate e differenti sugli assi, ma tale possibilità è ammessa solo per in veicoli che sulla carta di circolazione riportano la dicitura “asse 1-asse 2“,”1-2“,”ant-post“, “a-p” e così via. Nel caso in cui le misure differite fossero più d’una (immagine a destra), gli accoppiamenti devono rimanere come previsto in origine. Un falso mito da sfatare per questa categoria di veicoli è la possibilità di installare all’asse posteriore pneumatici equivalenti all’anteriore, salvo diversa specificazione. Considerando sempre l’immagine di destra, l’unica misura omologata indistintamente sui due assi è la 225/45R18 91Y perchè trascritta sia spaiata che accoppiata, ovvero preceduta dal prefisso A3 (anteriore relativa alla terza coppia). L’immagine sottostante, estrapolata direttamente dal regolamento, chiarisce in modo univoco la definizione di sezione trasversale (cross-section) indicando il tipo di battistrada come fattore fondamentale. Di conseguenza, si può dedurre che due pneumatici dello stesso tipo, di fatto, sono indentici in ogni caratteristica.

Lo schema può essere utilizzato anche per spiegare brevemente il significato degli elementi che compongono la designazione della misura del pneumatico (misura) prendendo come esempio 205/55R16 91H:

  • 205  “Larghezza nominale di sezione. Deve essere espressa in mm […]”
  • 55    “Rapporto nominale di aspetto […] (rapporto tra l’altezza di sezione in mm e la larghezza nominale di sezione in mm, moltiplicato per cento).”
  • R       Indicazione sulla struttura della carcassa (in questo caso radiale)
  • 16     “Numero convenzionale che indica il diametro nominale di calettamento del cerchio […]”

La designazione della misura del pneumatico è sempre seguita da una sigla alfanumerica che identifica l’indice di capacità di carico e la categoria di velocità:

  • 91     Indice di capacità di carico: “numero associato alla massa di riferimento che un pneumatico può portare quando è utilizzato rispettando le prescrizioni di impiego specificate dal produttore.”
  • H      Categoria di velocità: “velocità massima che il pneumatico può sopportare, espressa dal simbolo della categoria di velocità.”

A differenza della designazione della misura del pneumatico che deve corrispondere esattamente a quanto prescritto dalla c.d.c., i codici sopra citati possono appartenere ad una categoria uguale o superiore. Gli indici di capacità di carico hanno una classificazione numerica crescente, mentre per quanto riguarda le categoria di velocità l’ordinamento esatto è descritto dalla tabella a destra. Gli indici di capacita di carico dei pneumatici per il trasporto leggero (suffisso C” dopo la designazione della misura del pneumatico) solitamente sono due per ogni misura in quanto indicano il carico che il pneumatico può trasportare in funzionamento singolo o gemellato. L’unico caso in cui le categorie di velocità possono essere ridotte fino ad un minimo di “Q” (160Km/h) è per gli pneumatici idonei alla marcia su neve nel periodo invernale. La circolare n.104/95 del Ministero dei Trasporti (clicca qui per la versione integrale) prescrive per i casi in cui la velocità massima di costruzione del veicolo fosse superiore alla categoria di velocità declassata l’esposizione in abitacolo di una targhetta monitoria con il nuovo limite. Il regolamento 117 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) (clicca qui per la versione integrale tradotta) definisce le due categorie di pneumatici idonei alla marcia su neve in base ai simboli identificativi:

  • 4.2.6. il termine «M+S» oppure «M.S» oppure «M&S» se lo pneumatico è destinato a garantire prestazioni migliori di quelle di uno pneumatico normale in presenza di fango o neve fresca o in via di scioglimento. Questa categoria di pneumatici risponde ad una normativa anni 70 che fa riferimento unicamente alla conformazione del battistrada concepito in modo da favorire l’espulsione di neve, acqua o fango tramite scanalature con una larghezza trasversale minima.
  • 4.2.7. il simbolo «alpino» (3 peaks mountain snowflake) […] se lo pneumatico è classificato nella categoria di impiego «da neve». La normativa sopra citata indica tutti i requisiti che deve avere un pneumatico per rientrare in tale categoria tra cui il superamento di test in condizioni di gelo critiche e le specifiche sulla conformazione del battistrada con lamelle antiscivolo obbligatorie.

In Italia pare che questo regolamento Europeo non sia ancora stato recepito e per pneumatici idonei alla marcia su neve si considerano indistintamente anche quelli contrassegnati solo con dicitura M+S. Tali pneumatici, come precisato nella circolare del Ministero dei Trasporti prot. 1049 del 17 Gennaio 2014, sono consentiti anche al di fuori dal periodo in cui vige l’obbligo (15 Novembre-15 Aprile con un mese di tolleranza per l’adeguamento), a patto che il codice di velocità non sia declassato rispetto alla c.d.c. Nella definizione di tipo di pneumatico precedentemente affrontata è evidente come la categoria di impiego (normale, da neve, temporanea) debba necessariamente corrispondere sullo stesso asse, ma può differire da un asse all’altro. La circolare del Ministero dei Trasporti Prot. RU \ 1580 del 16.01.2013 tuttavia raccomanda l’installazione del pneumatico termico su tutti gli assi per motivi di sicurezza anche se, vista l’equivalenza ai dispositivi antisdrucciolevoli (catene da neve), potrebbero interessare solo gli assi di trazione. Nel caso in cui la carta di circolazione presentasse indicazioni sui pneumatici M+S (immagine a destra), tali informazioni sono da considerarsi vincolanti per quanto riguarda la categorie d’impiego, ma non per quanto riguarda la categoria di velocità nel periodo “invernale”.  La circolare del Ministero dei Trasporti Prot. MOT3/335M361 del 30/09/2004 (clicca qui per la versione integrale) inoltre precisa che tutte le misure indicate sulla carta di circolazione senza specificazioni sulla categoria d’impiego possono essere installate in configurazione M+S.

Le uniche variazioni ammesse rispetto a quanto prescritto dalla carta di circolazione riguardano le misure di pneumatico obsolete e di conseguenza non reperibili in commercio. Di norma, quando non viene indicato il rapporto nominale di aspetto del pneumatico (altezza), il valore corrisponde ad 80 nel caso di pneumatici di impiego normale e 75 nel caso di pneumatici per il trasporto leggero. La tabella CUNA NC 053-05 (clicca qui per la versione integrale) indica le equivalenze ammesse senza modifiche alla carta di circolazione.

Per gli operatori


In data 8 Gennaio 2018 l’Associazione ICC ha ricevuto una lettera pubblica da parte di Andrea Da Lisca, fondatore di Osservatorio Revisione Veicoli. Per chi ancora non conoscesse il mittente, è bene sapere che a lui dobbiamo parte del successo dell’associazione perchè ci ha supportato fin dal principio, ma forse non è abbastanza.

Andrea Da Lisca

In un certo senso Andrea è stato la scintilla della rivoluzione chiamata AICC per mezzo del blog che gestisce, incoraggiando in più occasioni tutti gli operatori desiderosi di cambiamento a mettersi in contatto. La presa di coscienza generale del fatto che le irregolarità lavorative erano condivise in tutto il territorio ha contribuito a vincere definitivamente l’individualismo tipico di questo settore per il raggiungimento di obbiettivi comuni. Quanti colleghi si sono sentiti chiamati in causa quando il responsabile tecnico veniva paragonato ad una “scimmietta ammaestrata“? Quanti hanno avuto il desiderio di “rivoluzione“? Quanti hanno riconosciuto i conflitti d’interesse? Il frutto dello scambio di esperienze fra colleghi è lo statuto dell’associazione che, come riportato di seguito (art.2), definisce in modo univoco i principi fondamentali e gli obbiettivi da perseguire:

“L’Associazione si propone di:
– Promuovere e valorizzare a tutti i livelli, la qualifica e la professione dell’Ispettore Dei Centri di Controllo (a seguire ICC);
– Tutelare e rappresentare in ogni sede, nei limiti dello statuto, gli interessi degli ICC Associati. Avviare iniziative per la tutela degli associati nell’espletamento del servizio di ICC presso centro revisioni veicoli autorizzati ai sensi dell’ex art. 80 CdS;
– Costituire un riferimento per il settore privato e pubblico, a livello centrale e periferico, sia in Italia che all’Estero, nell’ambito degli aspetti tecnici, gestionali, amministrativi, progettuali, programmatici, organizzativi e legislativi;
– Collaborare con autorità, enti ed associazioni alla risoluzione dei problemi riguardanti l’esercizio delle attività di ICC presso centro revisioni veicoli autorizzati ai sensi dell’ex art. 80 CdS;
– Compiere ed incoraggiare studi e pubblicazioni inerenti le attività di revisione dei veicoli a motore e dei rimorchi, raccogliere dati e notizie anche in campo internazionale, che possano interessare l’attività dei Soci;
– Promuovere in modo permanente, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione e l’aggiornamento dei propri iscritti;
– Valorizzare le competenze degli ICC e garantire le regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti sulla concorrenza.
– Garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l’osservanza dei principi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all’effettivo raggiungimento delle finalità dell’associazione.”

Troppo generico? Forse sì, ma è doveroso prendere atto che questo è il nostro ordinamento e qualsiasi provvedimento futuro per definizione dovrà attenersi a quanto è depositato all’Agenzia delle Entrate. Potrebbe mai un’associazione nata per promuovere e valorizzare a tutti i livelli, la qualifica e la professione dell’Ispettore Dei Centri di Controllo sostenere l’inquadramento di un professionista come apprendista? A tal proposito, per replicare alla provocazione di Andrea e di coloro che chiedono ulteriori spiegazioni, rispondo con l’invito ad accendere il televisore o la radio a qualsiasi ora della giornata. Ci troviamo in aperta campagna elettorale ed ogni partito fa  gara a chi la spara più grossa con promesse mirabolanti per racimolare qualche voto. Abbiamo bisogno di tutto ciò? Se fossimo stati un’organizzazione a scopo di lucro probabilmente sì, ma è bene sapere che le entrate provenienti dalle quote annuali vengono utilizzate esclusivamente per mantenere in vita l’associazione. Per giunta, avendo costi di gestione moderati, non cerchiamo seguito a tutti i costi, bensì responsabili tecnici motivati che vedono in noi un supporto per vincere le battaglie che combattono ogni giorno da tempo.   La nostra premura per il momento è di non perdere la credibilità che con estrema fatica abbiamo guadagnato con tanti piccoli passi misurati e questo rimarrà il nostro modus operandi anche al tavolo tecnico. Ha ragione Andrea quando ci definisce “giovani e inesperti” ed è per questo motivo che non vogliamo promettere nulla se non l’impegno massimo per conseguire gli obbiettivi prefissati. L’unica certezza su cui non rischiamo di sbilanciarci è la nostra punta di diamante Gianluca Massa il quale, tolto l’onorevole titolo che lo accompagna da due anni, è un responsabile tecnico comune come tutti i soci. La garanzia della serietà con cui affronterà la questione è il rischio concreto a cui va incontro di pagare sulla pelle le conseguenze dirette di un cambiamento controproducente. Secondo voi, con un’occasione del genere, prenderà il traghetto per andare a Roma a tirarsi la zappa sui piedi? Personalmente due anni fa ho scelto di dare fiducia a questo collega, ora tocca a voi…

 

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Lo scorso Agosto un VW tipo 181, la cosiddetta “Pescaccia” perde una ruota che colpisce mortalmente un motociclista proveniente dal senso di marcia opposto. Il fatto di cronaca nera fece parecchio rumore tra i colleghi che si occupano di revisioni ministeriali perchè uno dei dettagli emersi era che il veicolo suddetto era stato da poco collaudato (clicca qui per la mia analisi da responsabile tecnico). Fatalità? È compito di chi indaga definirlo, ma un avvenimento recente accredita l’ipotesi del difetto di fabbrica. In data 7 Gennaio 2018 appare in un gruppo Facebook di appassionati di VW Maggiolino d’epoca il post di un membro che chiede come sia possibile che il proprio veicolo abbia perso la ruota anteriore:

“Come é possibile che il bullone centrale del mozzo che blocca la ruota si rompa tanto da farmi sfilare la ruota e cadere l’auto a terra… per fortuna non stavo sul raccordo e andavo piano.. Ci sono soluzioni x evitare che riaccada? A dire la verità mi sono messo una paura… in un’altra situazione ci saremmo fatti davvero male.”

Probabilmente il fortunato malcapitato non sa che alcuni mesi prima un uomo ci ha rimesso la vita per un avvenimento simile dato che il Vw Tipo 181 è costruito sulla base del Vw Maggiolino con il quale condivide la gran parte delle componenti. Notate qualche analogia nelle foto proposte di seguito?

 

La qualità delle immagini non permette un’analisi dettagliata, ma gli spaccati che ho ricavato da un manuale di ricambi dell’epoca (clicca qui per la versione integrale) mostrano le similitudini tra il sistema anteriore e quello posteriore. Dopo il recupero del veicolo il proprietario ha condiviso le immagini relative al componente responsabile del misfatto, ovvero il perno del mozzo tranciato all’altezza del dado sarramozzo.

Per avere informazioni precise a riguardo ho pensato ad un cliente abituè che vedo sempre con molto piacere perchè mi da la possibilità di revisionare qualche vecchio ferro restaurato ad hoc marchiato VW, accompagnando il tutto con curiosi aneddoti. Sapevate che il motore del Maggiolino veniva impiegato in aeronautica? E che il Maggiolino è l’auto più longeva di sempre? Potrei andata avanti ore, ma arriviamo al dunque. Giulio è il responsabile dell’officina annessa alla Bug&Bus Italia, realtà che si occupa di commercio di ricambi per Maggiolino e derivati da  oltre 30 anni .Non appena gli ho mostrato le foto che sono presenti nell’articolo ha esclamato: -in vent’anni di attività non ho mai visto una cosa del genere, pazzesco!– Questa risposta è una lancia spezzata a favore della rinomata qualità tedesca di questi veicoli perchè significa chiaramente che, se seguiti con la giusta manutenzione, sono pressochè indistruttibili. Purtroppo è diffusa la falsa credenza per cui per i mezzi d’epoca “basta una dieci, una tredici, martello e cacciavite“* e l’auto si smonta e si rimonta come fosse Lego. –È proprio questo il grave errore-, prosegue Giulio, –sottovalutare la meccanica e sopravvalutare le proprie capacità-. In un certo senso i mezzi d’epoca sono più complessi di quelli moderni perchè rispondono sensibilmente ai principi di meccanica pura ormai dimenticati tra cui la coppia di serraggio e la dilatazione termica dei metalli. Chiaramente non sto insinuando che l’autoriparazione di oggi sia basata sul plug&play, ma sicuramente gli interventi “di concetto” sono limitati a favore dei più comuni guasti elettronici. L’errato serraggio del dado serramozzo (19 nello spaccato in alto a sinistra) potrebbe essere responsabile del carico eccessivo che ha causato la rottura del perno fuso (immagina a sinistra) all’altezza del filetto, mentre per quanto riguarda il caso dell’incidente mortale è probabile la mancanza della coppiglia di sicurezza (3 nello spaccato in alto a destra) sul dado (2). Per quanto mi riguarda ho ricevuto le risposte che cercavo poichè, da profano, non ambisco a mettere mano su questi veicoli, ma so che affidandomi a chi è  specializzato posso stare tranquillo. La manutenzione eseguita da un esperto è fondamentale sui mezzi d’epoca; in fase di revisione ministeriale questo tipo di difetti è invisibile dato che non è previsto lo smontaggio di nessun componente.  Il fai-da-te in certi casi può costare caro, come può costare caro acquistare ricambi di dubbia provenienza e qualità da venditori improvvisati che di questa tempi spopolano nel web.

Pensaci, con la sicurezza non si scherza.

 

*riferimento gergale ad attrezzatura comune